Finisce così: in un Franchi delle grandi occasioni, una stravecchia signora si arrende all’esuberanza della Fiorentina, che agguanta un’Europa quasi cestinata dopo aver sovvenzionato con punti e gioie le provinciali e, invece, meritatissima sul campo. E si sa, l’Europa ha un profumo tutto suo in riva d’Arno e ci riporta indietro alle avite glorie e soprattutto a – quelle sì – notti magiche, indelebili nel cuore di ognuno di noi.
Finisce così un ciclo di ripiegamento – la Fiorentina ci ricade spesso nella sua storia – e finisce un’astinenza quinquennale. Non sono stati anni affatto facili, conditi da ogni tipo di vicissitudine societaria, con il comunicato contro Pioli che vorrebbe essere il fondo del barile ma poi si ripensa allo 0-0 per la salvezza, allo Iachini-bis. A quasi due anni dal suo sbarco in Peretola, è il primo traguardo pienamente sportivo di Commisso presidente.
Ad avviare la gara nei binari giusti ci pensa un giocatore ancora un po’ incerto, sostanzioso a centrocampo ma anche discontinuo. Curiosamente, segna proprio Duncan che aveva aperto, in modo pittoresco, le marcature con il Milan in casa dei rossoneri. Era il 20 novembre 2021. Battendo una candidata per lo scudetto, la Fiorentina prende coscienza del proprio valore e proprio Duncan chiude il cerchio con i bianconeri.
Certo, nella festa collettiva, rimangono in filigrana qualche rimpianto e alcune perplessità. Visto il rendimento delle concorrenti, la Fiorentina avrebbe potuto accedere a un’altra Europa. Ci sono state delle pause (male che ha afflitto tutte le altre concorrenti), lunghe e dannatamente inspiegabili, e meritano una riflessione attenta, visto anche l’impegno supplementare di coppa. Italiano – merito a chi lo ha scelto – ha saputo puntare convintamente su un’idea di calcio che ha reso, riportando la Fiorentina a una sua dimensione calcistica e perché no mentale. Con fatica e merito e identità. In fin dei conti, gli dèi del calcio premiano il bel gioco e ripudiano l’anticaglia di Allegri.
I primi due anni del nostro Rocco presidente, con l’attenuante della pandemia, sono stati deludenti in campo (come spiegato su Alé Fiorentina in precedenza, grande impegno per le infrastrutture, di pari passo al cambio di strategia comunicativa), adesso le scelte hanno premiato ma bisogna avere anche l’umiltà di ragionare serenamente sugli errori. C’è stato un anno per capire cosa migliorare, chi valorizzare, chi no.
Attenzione: non è un preliminare di Conference a cambiare il giudizio ragionato su di una stagione. Sarebbe stato meno positivo, ma comunque positivo: cambio di marcia con le grandi, molti giocatori pienamente recuperati mentre altri iniziano a ingranare, un allenatore rivelazione che ha saputo dar continuità al suo recente passato e trasmettere la sua visione – visti i precedenti non era scontato – e, con il gioco e la coralità, sopperire a tutto (carenze, infortuni, cessione Vlahovic a gennaio). E sì, caro Dusan, meno segni e più sei un passato sempre più trapassato e, lasciacelo dire, con quella casacca da panca che sembra un bizzarro pigiamone azteco un po’ di pena ce l’hai fatta.
Tornando al presente futuribile, da un’armata Brancaleone, devastata nel gioco e nell’orgoglio, umiliata dal gran rifiuto di Gattuso, dal pullman davanti la difesa, è rinata una Fiorentina fresca e competitiva, che ha espresso solo una parte del suo potenziale, dando continuità, può rendere ancor di più. Sarà questo un nuovo banco di prova, come il sapersi dosare e dotare di alternative.
E sbaglia chi denigra la Conference. È un passaggio nel percorso di crescita di tutti, a partire da Italiano. E poi, sarò malato ma vedo più Europa nel Feyenoord, espressione popolare di Rotterdam e del suo porto, al pari dell’euromediterraneo Marseilles fos, o nel Paok che conserva gelosamente l’aquila di Bisanzio, che, percorrendo il tragitto all’inverso ripara a Salonicco, patria di Ataturk e ultima patria degli esuli greci (pontioi) di Costantinopoli. Si arriva financo al contestato Nagorno con il Qarabağ Futbol Klubu. Ebbene sì: c’è una geopolitica del calcio e il gas azero via TAP ci permette ancora di star qui a parlar di pallone (presente anche l’Alashkert di Erevan). E poi ampia rappresentanza dei Balcani, dei baltici, della Scandinavia, fino al Makkabi Tel Aviv e Maccabi Haifa (altro porto!) senza dimenticare Cipro e Gibilterra. Ha una logica anche la partecipazione del tanto vilipeso Bodø, che faceva parte della rotta di Pomor per il commercio nordico del pesce e ci riporta a un’immagine di Europa iperborea. Dipende da quale idea di Europa si abbia e fin dove si espandano i suoi confini culturali e storici. Sicuramente Conference ed Europa League ci restituiscono un’idea di Europa dalle mille patrie, sfumature, divisioni, di cui Firenze, come Roma, fanno naturalmente parte. Insomma, c’è ancora un altro pallone.
Lorenzo Somigli