Dentro le strategie della nuova comunicazione viola

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Su queste colonne, ben radicate nella storia e nella tradizione del tifo viola, quintessenza dell’esser fiorentini, stiamo cercando di capire dove andrà questo nostro pallone (e noi con lui). È un calcio straniante. Tra paperoni spendaccioni a stelle e strisce, inconoscibili fondi stranieri, Sala Var e il jet lag dell’odiosissimo Monday-night o di altre perversioni d’orologio come le 12.30 e le 16:30 si rischia di perdere una delle poche certezze del fine settimana e della vita.
In questo calcio confuso, mentre ci domandiamo se tutto ciò funzioni e renda, il nostro Rocco ha portato novità ma soprattutto concretezza, perché il centro sportivo è un investimento storico e coraggioso di questi tempi. Le infrastrutture prima e poi la comunicazione, un settore in cui è in corso un’opera di profondo restyling dopo anni di carenza. E su questo settore gli americani hanno sempre da insegnarci.
Nuovo sito: a mai più rivedersi Viola Channel! Nuovo modo di gestire i social: più veloci, più freschi e coinvolgenti, contenuti che seguono le tendenze dei tifosi come i tormentoni “sì sì grazie” e “mangia bene mio fratello” – la paternità è di Suffering Fiorentina, perché c’è un genius loci. Curiosità, la Fiorentina è presente anche su VK, il social russo “anti-Facebook” e in copertina c’è il Koko; il viola oltre la nuova cortina di ferro.
Non solo, sono entrate in società figure che hanno un rapporto diretto con il pubblico. Da buoni americani, ecco anche la mascotte, il leone, che non poteva chiamarsi che Lorenzo. Rimodulare un messaggio standard a seconda della specificità del pubblico: abc del marketing USA. A questo si è associata la scelta – forse irreversibile – di recidere il cordone ombelicale con la stampa fiorentina; non sta a noi giudicare, anche se ci vuole un bel coraggio a criticare Rocco.
ACF è adesso l’unica voce autorevole e attendibile, parla senza più mediazioni, coinvolge il suo pubblico attraverso le oramai molteplici ed efficaci propaggini. Prima Rocco parlava direttamente e sopperiva ai vuoti comunicativi. Oggi esiste una struttura rodata. Rocco parla meno non perché “sta male” o perché “è deluso” o “disaffezionato” ma perché è cresciuta la Fiorentina. Ed è un suo successo.
È il segno dei tempi. È l’americanizzazione dei consumi, dunque del calcio, che fino ad oggi era rimasto come gingillo/passatempo della piccola imprenditoria italiana e del suo capitalismo senza capitali. La tv, i social media, i modelli culturali, adesso il calcio. Il flash mob al Piazzale sapeva di musical. Nel lungo periodo, valuteremo la bontà (e il ritorno economico e di pubblico), oggi registriamo il cambiamento.
Di recente, si è aggiunto il nuovo logo, che merita una riflessione a parte. Negli ultimi anni una delle modifiche più vistose delle squadre di Serie A è stato il logo. Il logo, o meglio lo stemma, era un residuo di araldica e di identità non ancora sottomesso alle logiche del calcio-mercato. Simboli, croci stilizzate, scudi, un bestiario che va dalle aquile alle bisce. Il giglio. Quel sostrato mnemonico, municipale che alberga in noi.
Penso al 2005-2006, prima stagione pallonara di cui ho rimembranza. Quello dell’Inter aveva ripreso il monogramma originario dopo il biscione. Quello del Messina era ancora uno scudo pronto all’uso. L’aquila del Palermo, già in picchiata e pronta ad artigliare, faceva invidia a quella della Lazio. Il logo della Serie A era nostro, perché quel pallone era lo stesso a cui pensavamo durante le ore di lezione e cui tiravamo calcioni generosi. Da allora ci separa un mondo.
Non siamo certi se sia stata la scelta giusta, sicuramente è anch’essa in linea con in tempi. Un logo antico e vincente, sintetizzato e proiettato nella contemporaneità. Su una cosa siamo certi, Alé Fiorentina rimarrà, con il suo gusto retrò e innovativo allora e ancora oggi, senza sbrilluccichi e sofisticate ricerche di mercato, come baluardo della memoria, che si rinnova, con il digitale, mantenendo il cuore antico e ovviamente il suo logo. Alé!

Lorenzo Somigli

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