San Gennà, non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene

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Tutti contro Firenze, o Firenze contro tutti, che ci gasa ancor di più. Dopo l’aspra denuncia del certaldin furioso tutta l’Italia del calcio ha dato sfogo agli antichi dissapori con la città del giglio, rea di un tifo “antisportivo”.

Ma prima ci avevano pensato gli esemplari tifosi olandesi – forse in estasi la borsa del gas di Amsterdam – provenienti dal capoluogo della regione del Twente – pare il nome derivi dalla tribù dei Tubanti, riferisce Tacito nella Germania; lo riportiamo accussì, sine ira et studio.

Dunque, il filiforme allenatore twentiniano, Ron Jans, che non è il gestore di un fondaco al tempo della Lega Anseatica, dimentico dei copiosi bicchieri che il Biroaggiro non ha ri-crossato in curva, che s’impunta per n.1 fumogeni. Passiamo innanzi!

Messer Sergio Vessicchio – non il Verdicchio né il più simpatico Beppe Vessicchio – che, a Napoli, dicono essere “giornalista” ma all’Albo non risulta, rispunta fuori dal subitaneo oblio e parla, niente di meno, di Firenze come cloaca d’Italia.

Del resto, Firenze è nota per aver ospitato il celebre Gennaro, fiorentinizzabile in Giano o nel più retrò Gano, ma non è una questione di Napoli – che ha un tifo meraviglioso e vero – contro Firenze. Jamme!

E ancora, certe volte, in un momento di profonda incertezza sulle sorti della Fiorentina, certo tifo, che si direbbe violento, accelerò il passaggio di mano tra le proprietà, con un lancio di oggetti contro le vetrine della nota marca di scarpe.

Bisogna mettere un punto e smetterla di colpevolizzare, sempre, a prescindere il tifo, fiorentino e non solo. Perché tutto questo, oggi Spalletti domani chissà, è parte di una narrazione del calcio malato che non esiste ma che ci sta trasformando.

Il calcio è in trasformazione. Lo stadio, come buona parte dello spazio pubblico, è in fase di restringimento. Da sport di massa a sport di piccoli gruppi, segmentato, spezzettato. E la “vita di un tifoso” è sempre più sfasata, piena di vuoti e amnesie, senza ritmi.

Ma non finisce qui: code per controllo biglietti, controllo green pass, aree regimentate, come nei dintorni del Campo di Marte, come a tagliare fuori lo stadio dal suo tessuto urbano e sociale, telecamere ossessive per “identificare”.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: stadi vuoti, abbonamenti al palo ma non compensati da abbonamenti ai vari DAZN; il tutto mentre il Paese entra nella più grave recessione del Dopoguerra.

O si trova una contro-narrazione, e in questo il tifo organizzato è chiamato a uno sforzo, o il Franchi è destinato a essere solo un monumento della società che fu e il tifoso mero destinatario di trasmissioni e input – consumatore poverissimo di un prodotto altrettanto misero – senza esser parte di un fenomeno che è appunto collettivo e collettivizzante. Quella era e forse ancora in certe nostre risacche è la forza, l’essenza del calcio.

Lorenzo Somigli

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