Requiem per la Coppa Italia

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La prima finale di questa stagione è svanita come neve al sole e l’eliminazione della squadra viola lascia tanti rimpianti.

Fatemi esordire affermando che il mancato accesso alla finale è tutta responsabilità nostra che, soprattutto nella partita di andata, non abbiamo capitalizzato le occasioni costruite (l’incontro di Firenze poteva finire 3 a 0 e nessuno avrebbe avuto da ridire); che ancora una volta, colpevolmente, abbiamo riempito l’area avversaria al 95’ lasciando sguarnita la difesa (ci era successo in tantissime altre occasioni, non ultima la partita di Praga), lasciando praterie agli attaccanti avversari che puntualmente, a differenza nostra, ne sanno approfittare; che non può essere una giustificazione affermare che siamo andati tutti avanti per provare a non giocare i supplementari per i quali non avevamo più energie: è una strategia suicida che, peraltro abbiamo statisticamente confermato ancora una volta (quando a poker ti getti in “piatto ricco mi ci ficco” e perdi 9 volte su 10 è il caso di smettere); che – e anche questa è una precisa indicazione del tecnico – non abbiamo ancora capito che quando una partita non riusciamo a vincerla, dobbiamo fare in modo di non perderla; che scontiamo errori individuali di una leggerezza disarmante (e mi riferisco non solo al rosso di Milenkovic – giocatore probabilmente a fine ciclo con la maglia viola, vittima di una involuzione imbarazzante – frutto di un colpevole ritardo, ma alle disattenzioni di Mandragora, di Biraghi (ci ha messo lo zampino sia nel secondo che nel terzo gol della DEA) , di Dodò. Questo per chiarire che le mie recriminazioni successive non sono un colpo di spugna alle nostre responsabilità, ma un’ulteriore aggravante.

Infatti: le scelte arbitrali di La Penna, dei suoi collaboratori e del VAR sono totalmente errate.

Si concede all’Atalanta di giocare duro (De Roon, Hien, Kolasinac – solo per citare quelli che per primi mi vengono in mente) hanno picchiato come fabbri ferrai, senza alcuna sanzione arbitrale; si è invertito sistematicamente i falli laterali, le punizioni, si è fischiato a nostro favore solo quando avevamo un vantaggio sul campo e si è lasciato correre quando il vantaggio l’avevano gli altri. Su Scamacca manca un cartellino rosso per il pestone a Beltran nell’azione che ha portato al suo gol – bellissimo – poi annullato (senza contare che l’attaccante della DEA si era guadagnato il rosso – senza prenderlo però – già nella gara di andata per cui era recidivo). E se credete che il rosso, nel caso della partita di Bergamo, possa essere esagerato, manca comunque un giallo che avrebbe costretto il centravanti romano ad uscire dal terreno di gioco all’80’ per somma di ammonizioni.

Su Gonzalez manca un calcio di rigore per fallo del portiere Carnesecchi che si abbatte sulla caviglia di Nico nell’indifferenza dell’arbitro. Ma soprattutto il terzo gol dell’Atalanta, quello di Lookman, è palesemente in fuorigioco.

Tra l’altro, per una strana coincidenza, prima della rete di Lookman il guardalinee alza la bandierina gialla per segnalare l’irregolarità dell’azione. E’ una cosa che, da quando c’è il VAR, non succede quasi mai e conferma che il fuorigioco era così palese – l’abbiamo visto a velocità normale anche dalla TV – che il brav’ uomo ha ritenuto di non far perdere troppo tempo al VAR fermando immediatamente l’azione.

E invece no: contro ogni previsione, senza farci vedere alcuna immagine (e quelle presentate da Mediaset il giorno dopo suonano tanto di riparazione mal riuscita): siamo abituati ad immagini che evidenziano il fuorigioco per un polpastrello, per un ciuffo di capelli o per la punta di un piede, ma in questo caso – ribadisco, senza farci vedere nulla – il gol è stato convalidato, impedendo i tempi supplementari e chiudendo di fatto lì la partita.

Ora i soliti bene informati mi diranno che non so perdere, che è facile dare la colpa agli arbitri, che questo giustifica la pochezza della squadra: tutt’altro.

Aggiungo che in questa vicenda – l’ennesima – si è visto il silenzio assordante della Società che, come molte altre proprietà precedenti e come sostanzialmente avviene dalla scomparsa di Artemio Franchi, ha dimostrato ancora una volta l’irrilevanza del suo “peso politico”. Non siamo tutelati e nemmeno i nostri ci difendono. I nostri avversari quasi sempre (Torino, Roma, non solo Atalanta, picchiano duro e il primo giallo è sempre per noi) e non c’è traccia di richiami, di proteste, di sottolineature che riportino ad una maggiore attenzione nei confronti della Fiorentina.

E poi l’acquiescenza omertosa di tutti o quasi i mezzi di comunicazione, dei giornalisti e degli aspiranti tali che, non si capisce per quale motivo, non parlano nemmeno della cosa e si accodano al pensiero dominante e, in qualche caso, bollano il dissenso come frutto di una leggera vena di follia.

E’ così che si provoca lo scollamento dei tifosi, preoccupati dalla difficoltà della squadra e perseguitati dall’accanimento del sistema che, sua sponte, determina e decide chi o come promuovere.

Ci sono due modi per reagire a questa situazione: lo scoramento, la depressione, il sostanziale distacco da un calcio cui sentiamo di non appartenere più, ed una vigorosa voglia di riscatto che, sangue negli occhi e rabbia lucida nella testa, affronta i prossimi avversari fino a fine stagione con la consapevolezza che, per vincere, non basta segnare ma occorre stravincere, non lasciare spazio ad errori, non consentire a nessuno interpretazioni discutibili sul campo, vincere cioè dominando. E il calendario in Campionato potrebbe aiutarci in questa direzione.

In Europa certi arbitraggi scandalosi si vedono meno, ma noi non possiamo dimenticare Ovrebo e quel maledetto 17 Febbraio 2010: e quindi concentrazione e forza di volontà anche in Europa. Vogliamo un riscatto potente!

Se non ci riesce, siamo destinati all’irrilevanza.

Fabio Fallai – Viola Club Franco Nannotti

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