Il calcio italiano tra diritti tv e scommesse

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Siamo arrivati alla conclusione della fiction sui diritti televisivi: la Lega Serie A ha ceduto i diritti televisivi per i prossimi 5 anni a DAZN e Sky, abbandonando l’ipotesi di un canale autonomo della Lega che gestisse in proprio la trasmissione delle partite. Una ipotesi fortemente caldeggiata da De Laurentis e che, in un primo momento, era stata appoggiata anche da Joe Barone e dalla Fiorentina. Alla fine hanno votato a favore del canale autonomo della Lega solo Cagliari e Salernitana e lo stesso Napoli si è astenuto (uscendo dall’assemblea, in evidente contrasto con la maggioranza).

Indubbiamente gestire un canale televisivo in proprio non è cosa semplice, occorrono competenze e capacità organizzative che non si improvvisano, occorrono professionalità e figure tecniche al momento difficilmente individuabili: ma il discorso era stato avviato già due anni fa, quando i primi scricchiolii del mercato avevano messo in dubbio la continua crescita delle sorti progressive del calcio, e si erano lanciati i primi segnali di allarme, che nessuno ha voluto o potuto raccogliere.

La Fiorentina avrà sicuramente fatto la sua scelta ponderando bene i pro e i contro che noi, spettatori esterni, possiamo solo intravedere. L’unica certezza è che i giganti della comunicazione DAZN e Sky si sono aggiudicati l’esclusiva su tutte le partite (DAZN) con una offerta inferiore a quella del triennio precedente e attualmente in corso, mentre Sky ha offerto qualcosa di più per avere le solite 3 partite in co-esclusiva, ma di peso maggiore e in orari televisivi migliori. La somma delle due offerte è di circa 900 milioni l’anno, 30 milioni in meno in meno della gara precedente, con la speranza di arrivare ad 1 miliardo con una serie di rivendite nella quale anche Mediaset e Amazon avranno qualcosa da dire.

Il calcio italiano ne esce bastonato, con un prodotto non accattivante e sempre più deprezzato. Le major televisive continueranno fino al 2029 a trasmettere immagini sempre più scadenti (ci si arresta sempre più spesso ad inquadrature sugli spalti, nei punti di maggiore affluenza, di bambini e tifosi con le mani nei capelli o in festa, con riduzione progressiva dei review sui fatti salienti della partita); un tempo c’era la moviola che scandagliava il fallo concesso o non concesso in ogni sua evidenza, adesso con il VAR (operazione tecnologica che avalla sempre le scelte della terna arbitrale oppure non fa vedere alcuna immagine che le possa contrastare) tutto va bene madama la marchesa. Senza contare i commenti insipidi e insignificanti che accompagnano le partite.

Il paragone con le altre big del calcio europeo è impietoso: la Premier continua a macinare profitti (è oltre il doppio dei proventi televisivi incassati dalla Serie A, e solo su una parte delle partite giocate perché in Inghilterra non vengono trasmesse tutte), la Liga è in crescita, ma sempre lontana dalla Premier, e solo la Francia fa peggio dell’Italia

Del resto in Italia sono molteplici le cause di questo impoverimento: dalla distribuzione interna dei diritti televisivi che premia le più quotate a danno delle nuove arrivate, ingessando i profitti e stabilendo gerarchie difficilmente modificabili, alle politiche suicide sul rinnovamento degli stadi (che in Italia sono i più vecchi e scomodi d’Europa).

Si aggiunga il recente capitolo sulle scommesse illegali che ha coinvolto, per ora, 3 giocatori importanti del calcio italiano: Fagioli, Tonali e Zaniolo. Tre ragazzotti viziati che qualcuno vuole farci passare come malati affetti da ludopatia nei cui confronti si è alzato l’argine moralista dei benpensanti che, però, sul giochino delle scommesse lucrano fior di milioni. Si dirà che queste sono scommesse illegali e che, a parte la stupidità dei soggetti coinvolti, non sembrano al momento aver modificato l’esito delle partite, truccandole come erano riusciti a fare nel caso di Calciopoli. Certo è che l’ipocrisia imperversa sovrana: nessuno si è accorto di nulla, nessuno sapeva nulla e non resta che puntare il dito sul singolo, proteggendolo poi con meccanismi di riduzione della pena.

E se qui si proteggono i calciatori pentiti e si coccolano per riportarli sulla giusta strada, assegnando ad entrambi una squalifica contenuta – 7 mesi a Fagioli e 8 mesi a Tonali – e una pena alternativa per accertarne il recupero – 5 e 8 mesi rispettivamente), la Juventus continuerà a pagare lo stipendio a Fagioli – 1 milione netto – anche durante i mesi di squalifica mentre a Newcastle (dove si scommette anche su quanti capelli perde Kean colpendo il pallone di testa) osannano Tonali e interromperanno il versamento del suo stipendio – 8 milioni netti – minacciando cause milionarie nei confronti del Milan qualora arrivasse una squalifica che impedisca al calciatore di giocare.

A tutto questo si aggiungano i debiti vertiginosi della grande maggioranza delle squadre di serie A (non della Fiorentina, i cui bilanci virtuosi sono una gradita eccezione), gli equilibrismi finanziari che hanno contraddistinto le passate stagioni con plusvalenze farlocche che hanno inguaiato solo la Juventus ma che hanno visto protagoniste tante altre squadre, giocatori dopati, naturalmente a loro insaputa (Pogba e il Papu Gomez), e via continuando.

La sensazione è che manchi una guida e una strategia e che si navighi a vista in acque sempre più turbolente: e in questo caso ci sono solo due alternative. O bere o affogare

Redazione Alé Fiorentina

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