Kurt Hamrin, l’Uccellino dalle piume viola
Quando pensiamo a Hamrin, la commozione è ancora grande. La mente e il cuore tornano a quei giorni di febbraio: alla processione dei tifosi viola nella camera ardente allestita dalla Fiorentina allo stadio e ai funerali a San Miniato.
Molti lo avevano visto giocare, altri lo avevano conosciuto attraverso i racconti. Tutti lo consideravano un simbolo della maglia viola.
In occasione di quello che sarebbe stato il suo 90° compleanno, abbiamo voluto dedicare a Kurt un piccolo omaggio: un filmato amatoriale, realizzato con la nostra passione e l’aiuto di tanti che condividono con noi l’amore per la Fiorentina: Kurt Hamrin l’Uccellino dalle piume viola.
Il video sarà presentato sabato 16 novembre alle ore 10.30 a Villa Arrivabene, nella sede del Quartiere 2, per cui questo articolo, scritto per promuovere l’appuntamento, non farà spoiler, non racconterà quello che è stato realizzato, ma sarà un altro piccolo omaggio al grande campione.
Kurt ha indossato la maglia viola per nove anni, è stato capitano nelle ultime due stagioni ed è ancora! il maggior realizzatore della storia gigliata.
Fu acquistato dalla Fiorentina nell’estate del 1958, subito prima della Coppa del Mondo in Svezia che lo vide protagonista con la sua Nazionale arrivata seconda dopo il Brasile di Pelé.
Veniva da un campionato insoddisfacente nella Juventus e da uno, successivo, esaltante nel Padova, ma a Firenze lo aspettava un compito improbo.
Entrava nella Fiorentina più forte della storia, campione d’Italia nel 1955-56, finalista della Coppa dei Campioni l’anno successivo e seconda in campionato sia nel 1956-57 che nel 1957-58.
Se tutto questo non bastasse, avrebbe sostituito un giocatore fenomenale apprezzatissimo dal pubblico viola. Julinho, il campione che aveva trascinato la squadra viola allo scudetto, l’ala destra per definizione, capace di innescare e liberare i compagni d’attacco, ma anche di concludere direttamente a rete.
Bastarono poche partite, e l’impronta offensiva data alla squadra da Lajos Czeizler profondo conoscitore del calcio svedese che aveva portato in Italia ed allenato Gren – Nordhal – Liedholm (GreNoLi) al Milan, per capire l’improponibilità del paragone.
Giulio, come lo chiamavano i fiorentini, era un costruttore di gioco. Spesso partiva dalla nostra metà campo, prendendo il pallone dai piedi dei nostri difensori, preferibilmente Magnini che vigilava la stessa fascia destra. Conduceva il pallone e aspettava che gli avversari lo attaccassero e lui li dribblava, uno due tre, seminandoli come i birilli che si mettono sul campo per educare alla conduzione della palla. Contando sui movimenti di Montuori, si preparava a concludere l’azione, attirandosi un paio di uomini e passando la palla all’attaccante libero grazie alle giocate di Giulio. A quel punto il passaggio era una palla rasoterra, forte, per la stoccata del centravanti (Virgili) esaltato da quella costruzione di gioco.
Lo svedese era tutt’altro tipo di calciatore, ottimo nei dribbling sulla fascia, anche utilizzando i rimpalli sull’avversario e devastante in area di rigore dove l’astuzia da faina, il soprannome che Rocco gli aveva affibbiato al Padova, lo faceva arrivare prima di tutti per concludere a rete. Astuzia, rapidità, tecnica accompagnate da una glaciale freddezza davanti alla porta.
L’attacco atomico, di cui Hamrin fu il capocannoniere con 26 reti, conquistò il pubblico, ma non riuscì a vincere lo scudetto, a causa di due sciagurate partite perse in casa nel mese di aprile contro la Spal e il Milan. Il campionato si concluse, per il terzo anno consecutivo, al secondo posto. Kurt aveva dissipato ogni dubbio ed era diventato un nuovo idolo del Campo di Marte.
Altre 26 reti le segnò nel 1959-60, allenatore l’argentino Carniglia che veniva dalla panchina del Real Madrid, ma fu ancora secondo posto. Una posizione che i tifosi viola non sopportavano più e che produsse il cambio di guardia alla presidenza tra Befani e Longinotti. Un complicato passaggio di consegne che si concretizzò al termine della stagione 1960-61, quando la Fiorentina riscattava un pessimo settimo posto in campionato con la vittoria della prima edizione della Coppa delle Coppe e della Coppa Italia. Hamrin segnò 14 reti in campionato e 6 in Coppa delle Coppe, di cui fu capocannoniere.
La Fiorentina tornò a lottare per lo scudetto nel 1961-62, con Hidegkuti in panchina. Le speranze crollarono nel finale, a causa, principalmente, della mancanza di rincalzi adeguati. Il terzo posto ebbe il sapore cocente della delusione. Lo stesso sapore che lasciò, nel settembre 1962 all’inizio della stagione successiva, la sconfitta nella ripetizione della finale della Coppa delle Coppe subita dall’Atletico Madrid (3-0) – la partita dovette essere ripetuta poiché la finale di maggio, a Stoccarda, era finita in pareggio (1-1), ma incombeva la Coppa del Mondo in Cile e nel calendario non c’erano date utilizzabili per la ripetizione della finale.
Gli errori e le difficoltà economiche della presidenza Longinotti resero obbligatorio puntare sui giovani, con Beppe Chiappella in panchina. Kurt era sempre presente nei primi posti della classifica marcatori e numerosi furono i suoi acuti: a Bergamo, il 2 febbraio 1964, segnando cinque gol (la Fiorentina vinse 7-1) stabilì il record di reti segnate in serie A da un calciatore in trasferta.
Il nuovo presidente Baglini rese la linea verde strategica, chiamando Pandolfini a dirigere la società.
Hamrin, divenne la bandiera della Fiorentina, il “garante” della squadra ye-ye, che accompagnava con il suo carisma e la sua intelligenza e, con la cessione di Robotti a Brescia nell’estate del 1965, prese la fascia di capitano. È stato lui la chioccia che ha favorito la crescita dei giovani viola (Brizi, Ferrante, Bertini, Brugnera, Merlo, Chiarugi, Esposito…).
Nel 1965-66 gli ye ye, con le vittorie in Coppa Italia, che lo vide capocannoniere, e nella Mitropa Cup, cominciarono a diventare grandi e lui li trascinava, insegnandoli a soffrire.
Era la seconda volta che la Fiorentina faceva un’accoppiata di trofei nella storia e Hamrin era stato il protagonista di entrambe le volte.
Purtroppo, non c’è stata una terza volta.
Alla conclusione del campionato 1966-67 la cessione al Milan con l’arrivo di Amarildo a Firenze, ma di questo ne abbiamo già parlato su Alè Fiorentina https://alefiorentina.it/buon-compleanno-kurt/, lo costrinse ad una seconda emigrazione.
Il carisma del campione era affiancato da un immenso patrimonio tecnico: il dribbling, secco e naturale, con cui saltava gli avversari; la rapacità sotto porta, dovuta a riflessi straordinari e a una grande lettura delle situazioni di gioco, lo caratterizzò come uno dei maggiori opportunisti dell’area di rigore. Un repertorio straordinario per un attaccante che segnava di destro, di sinistro e, nonostante l’altezza, anche di testa.
Il grande rimpianto, condiviso con altri campioni a partire da Antognoni e Batistuta (che lo ha superato come miglior realizzatore in serie A, ma non come marcatore nelle partite ufficiali), è quello di non essere riuscito a vincere lo scudetto con la Fiorentina che, con lui, è arrivata due volte seconda ed una terza.
Come aveva promesso al momento della sua cessione al Milan, a fine carriera, Hamrin è tornato a vivere a Firenze, spiegando così il proprio rapporto con la Fiorentina: “la maglia viola è la prima cosa che ho in mente quando penso al calcio”.
GRAZIE KURT PER TUTTO QUELLO CHE HAI DATO A FIRENZE E ALLA FIORENTINA.
Massimo Cervelli & Marco Vichi