Anche a quasi quattrocento chilometri di distanza da Firenze, in una zona “dominata” da tifosi strisciati, pulsa un cuore viola. In Trentino–Alto Adige, più precisamente a Bolzano, vive una piccola comunità di tifosi legati assieme dall’amore per la nostra maglia. Quest’oggi, quindi, per la rubrica “Tutto lo Stadio” abbiamo intervistato Fabrizio Torazzi, segretario del Viola Club Bolzano.
Fabrizio, quando è nato il vostro Viola Club?
«L’idea di fondare il Viola Club Bolzano venne nel lontano 1981 ai titolari di una nota pasticceria del centro cittadino, entrambi giovani e di origine toscana che vollero portare i colori viola dove vivevano, in un luogo tanto lontano da Firenze, per creare un gruppo identitario e garantire ai tifosi della Fiorentina comunque esistenti sul territorio una propria voce e una rappresentanza sentita. Il progetto, suggellato da un notaio della città, coagulò attorno a sé persone provenienti dal capoluogo toscano, ma soprattutto gente altoatesina che aveva da anni quella precisa fede calcistica. Io entrai a far parte del sodalizio più tardi, soltanto alla vigilia del 1991, quando la Presidenza era passata di mano e altri si trovarono a gestire l’eredità originaria».
Quanti soci avete al momento? C’è un tifoso, tra voi, che vuoi citare in particolare?
«Al momento i soci sono esattamente trentasette, pur avendo avuto punte di oltre cinquanta iscritti. Alcuni si sono persi o non hanno inteso rinnovare la tessera, ma io confido ancora in futuro in un movimento di partecipazione più ampio. Ognuno è tifoso a modo proprio, però voglio citare il più bizzarro. Un caro amico che ha un’autentica venerazione per Kurt Hamrin, si fa chiamare Uccellino, gira per Bolzano spesso con la tuta della Fiorentina e di fronte agli istituti scolastici dove svolge la sua funzione di nonno vigile redarguisce con impeto i ragazzi che inneggiano alla Juventus e lo canzonano. Fenomenale!».
Quando è nata la tua passione per la Fiorentina? Qual è stata la prima partita che hai visto dal vivo?
«Sbarcai a Firenze la prima volta da ragazzo, in un tardo pomeriggio di un giorno di primavera. Nel tragitto in auto dalla stazione di Santa Maria Novella al quartiere di destinazione passammo per il centro urbano. Rimasi semplicemente folgorato dalla bellezza dei palazzi, delle strade, dei monumenti e da una luce crepuscolare che illuminava le pietre e ammantava tutto con grande dolcezza. All’epoca studiavo il Dolce Stil Novo, leggevo Dante e Boccaccio, esploravo il Rinascimento, amavo le discipline umanistiche, l’arte e l’architettura su tutto e lì mi ritrovavo. Era la primavera del 1969. La Fiorentina era in testa al campionato e vinse lo scudetto. Ancora oggi non so dire nel mio cuore quale dei due aspetti, entrambi fortemente emozionali, abbia prevalso.
Per quanto riguarda la prima partita, ebbi in regalo da mia madre il biglietto d’ingresso in Maratona Centrale per assistere alla prima di campionato della stagione 69/70 – quella disputata da Campioni d’Italia –, un Fiorentina-Verona terminata 1-0 con gol di Chiarugi, e al debutto in Coppa dei Campioni, Fiorentina-Öster Vaxjo 1-0 con gol di Maraschi. Fu quello il mio battesimo viola. Era il settembre del 1969».
Cosa significa tifare Fiorentina a Bolzano? Come sono suddivisi i tifosi nella vostra zona?
«I tifosi nella nostra zona sono suddivisi come dappertutto, purtroppo. Il processo di omologazione in atto non da oggi nella società fa si che il favore vada alle solite note. Tifare Fiorentina a Bolzano, e più in generale nella diaspora, per me significa appartenenza, orgoglio, voglia di distinguersi e tanto sacrificio. E qualche volta attiriamo anche l’invidia e l’ammirazione di qualcuno».
Ogni quanto riuscite a venire a Firenze?
«Ora molto meno. Per la difficoltà a riempire un pullman vista anche l’esiguità dei soci, per gli orari sempre più incerti delle partite di campionato, per il prevalere della televisione che sostituisce tutto e per una pigrizia diffusa tra le persone. Non resta che muoversi saltuariamente utilizzando l’automobile. In passato la situazione era rovesciata: la presenza era compatta e l’appuntamento era regolare ed avveniva mediamente due volte l’anno. Memorabili furono le partite contro le prime della classe: lo storico 1-0 alla Juve con Roberto Baggio che raccoglie la sciarpa, il 4-2 della tripletta di Giuseppe Rossi, il 3 a 7 con il Milan stellare, lo 0-0 dell’infortunio di Batistuta e con Edmundo che lasciò per il carnevale, il 3-1 sull’Inter di Simoni che passò in vantaggio nei primi minuti con un rigore trasformato da Djorkaeff… tanto per citarne alcune. Quelle però che conservo nel mio cuore in maniera struggente furono le sfide della risalita vissute con la sciarpa della Florentia Viola al collo. Poggibonsi, Gubbio, Albinoleffe, l’apoteosi con il Savona, assiepati, in trentamila. E per concludere lo spareggio epico con il Perugia».
Vi riunite per vedere la Fiorentina?
«Ci riunivamo in una saletta apposita messaci a disposizione dal titolare di un bar di quartiere. Un interista simpatico che una volta si aggregò al nostro gruppo per vedere un Fiorentina-Inter all’Artemio Franchi. Era l’epoca d’oro di Vittorio Cecchi Gori prima e dei fratelli Della Valle poi. Purtroppo oggi tutto ciò è molto difficile e a una mia richiesta recente di poter assistere a Lazio-Fiorentina mi è stato risposto che le trasmissioni calcistiche in un bar vengono messe a disposizione unicamente in occasione delle partite di Milan, Inter e Juventus. Devo dire per onestà che i nostri soci preferiscono comunque vedere le partite della Fiorentina a casa propria e condividerle via social, anche se io confido ancora nel fatto che un giorno non tanto lontano ci si possa nuovamente riunire per tifare assieme con immutato entusiasmo».
Ci sono aneddoti relativi al vostro Viola Club che ti va di raccontarci?
«Sorrido pensandoci perché sono davvero tanti gli aneddoti e molti sono seppelliti dal tempo. Ricordo gli incontri che avemmo con la squadra nei diversi ritiri estivi del Trentino-Alto Adige. Il primo fu nel 1991 al tempo di Lazaroni, Pioli, Jachini, Borgonovo, Dunga etc. al Seeleiten di Caldaro vicino Bolzano. Ricordo anche la serata rievocativa con Claudio Desolati davanti a un boccale di birra in un hotel dell’altipiano senza badare al trascorrere del tempo, la castagnata d’autunno con Aldo Firicano allora allenatore del Südtirol, la cena organizzata in onore di Giuseppe Volpecina, la brutale aggressione che subimmo in un autogrill di Barberino ad opera di bande di juventini munite di mazze e scese in Toscana per la partita, la comunicazione telefonica molto accesa che l’allora addetto stampa Silvia Berti ebbe con il nostro Presidente a proposito della mancata convocazione del nostro club relativamente al passaggio in città di Luca Toni e della conseguente lettera di protesta che facemmo pervenire alla Presidenza di Casette d’Ete. Tuttavia gli episodi che desidero raccontare sono altri e sostanzialmente due. Il primo riguarda la trasferta a Bormio di una nostra rappresentanza nel 1999 in occasione del ritiro estivo della Fiorentina. Di quella magnifica giornata di sole ricordo il breve incontro con Moreno Torricelli al Passo dello Stelvio che lui aveva raggiunto in bicicletta, la travolgente accoglienza di Giovanni Trapattoni nella hall dell’albergo dove alloggiava la squadra, il sorriso mite di Francesco Toldo, lo sguardo rassicurante del compianto Rigoletto Fantappié giunto lassù a seguito della squadra, le bizze di Gabriel Batistuta che si sottrasse ad ogni relazione possibile e negò a fine allenamento a due bambini frementi finanche la felicità di un autografo. Il secondo episodio riguarda la trasferta a Firenze in occasione della partita Fiorentina-Sampdoria (2-2) del campionato 1994-95 quella che assegnò a Batistuta il record delle 11 presenze consecutive sempre in rete. Ebbene, a Bolzano all’alba di quella giornata all’ora convenuta, sul pullman salirono due giovani fratelli sudtirolesi di lingua tedesca, contadini di professione, provenienti da una frazione sperduta di un paesino di una valle laterale del Meranese, ubicata in alta montagna oltre i 1.500 metri di quota. Vennero entrambi rigorosamente con la sciarpa della Fiorentina al collo. Non sapevano una parola d’italiano, ma erano decisi a sostenere la squadra e sedettero con grande compostezza. Noi trasecolammo. Dissero più tardi che si erano innamorati della Fiorentina attraverso la televisione vedendola giocare più volte nel tempo e da quel sentimento molto forte non si erano più distaccati. Fino al punto di prenotare una trasferta a Firenze pur di vedere dal vivo una partita della propria squadra del cuore».
Iniziative passate particolarmente interessanti? Avete qualche iniziativa per i prossimi mesi?
«La prima iniziativa in programma per il 2023 sarà il rinnovo del Consiglio Direttivo che avrà durata triennale. A seguire intendiamo organizzare momenti di socializzazione e di convivialità che abbiano come obiettivo specifico quello di rinsaldare la fede viola e il senso di amicizia che unisce le persone. Ciò senza trascurare l’importanza e il tentativo di allargare il numero degli iscritti e di assicurare, nel limite del possibile, le condizioni per una maggiore presenza del club nell’ambito della competizione sportiva del campionato di calcio.
In passato oltre agli interventi previsti da statuto e alle attività di carattere ordinario, alcune delle iniziative interessanti assunte dal Club furono indissolubilmente legate ai ritiri precampionato della squadra che ci hanno consentito nel corso di più stagioni di incontrare i giocatori e di intrattenere un dialogo franco con tecnici e rappresentanti della Società. Tuttavia devo rilevare che la presenza della Fiorentina nel ritiro di Moena già dagli ultimi periodi dell’era Della Valle fu sostenuta da un apparato organizzativo scarsamente comunicativo, poco rispettoso dei tempi e dei luoghi d’incontro, che concesse ai tifosi limitate possibilità di dialogo e soprattutto non diede ai Viola Club locali la considerazione e l’attenzione che questi meritavano».
Veniamo all’attualità: che giudizio ti sei fatto sulla Fiorentina di quest’anno? Cosa non funziona? Chi ti ha deluso di più?
«Mi hanno deluso l’incapacità del Presidente a comunicare, l’insufficiente competenza della direzione sportiva e la poco adeguata gestione del gruppo da parte dell’allenatore. Da queste tre condizioni di criticità deriva a mio parere il mancato funzionamento della Fiorentina di quest’anno unitamente al mio personale giudizio negativo».
Dove pensi possa arrivare la Fiorentina in Conference League?
«Ammetto che prima della partita disputata in Portogallo ero molto pessimista. Non so dove potremmo arrivare, ma esserci è già qualcosa. Confido molto nel superamento del turno in Coppa Italia e nell’approdo alla finale: abbiamo una grande occasione!».
Un saluto e un consiglio a tutti i tifosi viola che ci leggono?
«Un saluto e un abbraccio a tutti i fratelli viola, è doveroso e scontato. A tutti loro consiglio di continuare a sostenere la Fiorentina sempre e comunque, di contestare se necessario, ma con garbo. Non mi sono piaciute le esternazioni nei confronti di Joe Barone, né le aggressioni verbali a Spalletti durante la partita con il Napoli. Un atteggiamento garbato, dicevo, che a me permise una decina di anni addietro di assistere nel settore nerazzurro dello stadio Meazza di Milano a una partita della Fiorentina, incitando apertamente la squadra ed esibendo con orgoglio la sciarpa viola. Non accadde nulla. Alla fine della partita ci salutammo con alcuni tifosi avversari e lessi nel loro sguardo un segno istintivo di stima e di rispetto. E questo, al di là del risultato, era esattamente quello che volevo ottenere».