Storia dell’A.C. Fiorentina

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di LORENZO MAGINI – 7°puntata

tratto dall’originale stampato nel n° 6 di Alé Fiorentina del Marzo 1966

Un castello per lo stadio

Nell’assemblea della Fiorentina tenutasi al Palazzo di parte Guelfa il 19 luglio del 1928 Ridolfi aveva promesso agli sportivi fiorentini il nuovo stadio. Secondo i progetti di allora, questo avrebbe dovuto sorgere alle Cascine sul vecchio campo del Quercione. Bocciato quel progetto sia per motivi estetici sia per altri motivi, Ridolfi aveva messo gli occhi sul Campo di Marte, in quella zona cioè verso la quale tendeva a svilupparsi la città di allora e dove un’immensa area fabbricativa ben si prestava ad accogliere un’opera monumentale e grandiosa come quella che avrebbe progettato uno dei più grandi architetti del nostro secolo: Nervi.

Ridolfi sperava che questo suo progetto trovasse in tutta la cittadinanza e specialmente nelle sfere direttive un’accoglienza pari alla sua innata munificenza e generosità. Purtroppo questo non accadde e allora, piuttosto che rimangiarsi una parola data e una solenne promessa fatta, preferì sacrificare se stesso e continuare in quella strada di dedizione assoluta allo sport che ormai fin dal 1926 aveva intrapreso assumendosi la responsabilità della conduzione della A.S. Fiorentina.

Il titolo nobiliare di Luigi Ridolfi era quello dei marchesi Vay di Verrazzano e l’antico e suggestivo castello dello scopritore della baia di New York faceva parte, insieme all’immensa tenuta agricola, delle sue proprietà terriere situate nell’incantevole vallata del Greve. Senza batter ciglio queste proprietà furono vendute e col ricavato Ridolfi mise mano alla costruzione dello stadio.

Ottenuto il terreno dal comune, Ridolfi affidava il progetto di costruzione dello stadio a Nervi e nei primi mesi del 1930 venivano iniziati i lavori.

Il 16 giugno 1931 il podestà di Firenze, senatore Della Gherardesca, insieme a tutta la consulta municipale, si recavano al Campo di Marte per rendersi conto dello stato avanzato dei lavori. Inizialmente Ridolfi aveva stabilito di costruire la sola tribuna coperta e rimandare a tempi più propizi, e cioè al momento in cui le autorità avessero compreso la necessità dell’opera e disposto opportuni stanziamenti, la costruzione delle tribune scoperte (la attuale maratona) e delle curve. Il senatore Della Gherardesca nel vedere la monumentale opera che stava sorgendo, stabiliva ipso facto lo stanziamento di un milione (anno 1931!!!) per la costruzione immediata della tribuna scoperta in modo da permettere l’ingresso a migliaia di persone con biglietto a prezzo minimo. Immediatamente si metteva mano alle tribune fronteggianti quella coperta che già ormai sporgeva la sua armoniosa copertura verso il verde prato di gioco.

I lavori furono intensificati ad un ritmo sempre più veloce e frenetico: il campionato si serie A si avvicinava a grandi passi.

Un capolavoro d’armonia architettonica

Il 15 agosto la Nazione con la firma di Nuto Innocenti, così presentava la nuova opera che ormai si delineava nella sua meravigliosa bellezza e nella grandiosa imponenza:

E’ sorto lo Stadio Fiorentino: Come per incantesimo, in un rapido volgere dei giorni, il vecchio Campo di Marte ha cambiato faccia, ha perduto la riposante vastità del suo verde tappeto e ha fatto largo alle costruzioni del nuovo anfiteatro che si lanciano verso l’azzurro, agili come frecce e ricadono degradando sui ripiani, sulle massicciate sulla pista, formando un’armoniosa cintura. Tutto questo è il coronamento al trionfo dei calciatori fiorentini che, ormai passati nella massima categoria del campionato, trasferiranno nella imminente stagione la loro sede nel nuovo campo sportivo.

La vittoria, la grande vittoria inseguita per tanto tempo e finalmente raggiunta, doveva ben avere la sua casa, il suo tempio. E migliore e più suggestiva arena non sarebbe stato possibile costruire soprattutto per la festosa cornice delle colline fiorentine che si ergono a ridosso quasi a rammentare una tradizione che vide i primi stadi di Olimpia e di Tebe costruiti sui declivi dei monti.

La squadra viola scesa per la prima volta sul campo dello Stadio Comunale (10 settembre 1931) per l’allenamento contro la squadra del Montevarchi. Notare la gradinata ancora da finire.

Scrivendo l’altro giorno di uomini e di squadre ricordavamo la tenacia e la volontà con la quale erano state condotte alcune società fiorentine, le prime che vollero la divulgazione del gioco del calcio. Oggi che lo stadio è quasi un fatto compiuto ci viene da pensare ai modestissimi campi da gioco che videro i primi passi di tanti atleti, alle loro irrisorie dimensioni, alla completa mancanza di tribune e perfino di spogliatoi. La passione, quel fuoco che nella gioventù è capace di far superare ogni ostacolo e ogni convenienza, rimediava tutto e le battaglie erano palpitanti lo stesso, anche se gli spettatori brillavano per la loro assenza e il tifo germogliava in mezzo a qualche sparuto gruppo di appassionati.

Oggi lo sport ha raggiunto la sua meta. Migliaia e migliaia di persone vigilano ansiose in cerca di notizie, di bollettini, e sognano l’imminente riaccendersi delle ostilità calcistiche. L’entusiasmo non si contiene più nei recinti troppo brevi e troppo angusti: c’è bisogno di respiro, di vastità, di grandezza.

La località è stata uno dei punti più discussi. In un primo tempo non si voleva allontanare lo stadio dalle Cascine ove il modesto gioco del calcio ebbe le sue origini, ima il Campo di Marte offrì subito maggiori qualità pratiche che si possono riassumere nella rapidità delle comunicazioni, in una sufficientissima disposizione di terreno e in una non indispensabile ma pittorica posizione.

Scelto il punto prospiciente il Viale Manfredo Fanti, dinanzi al viale dei Mille, l’autorità militare, che per un vecchio concordato usufruiva del terreno comunale, concesse il “nulla osta” per la costruzione.

Lo stadio occupa 272 metri di lunghezza per 144 di larghezza sopra un’area di circa 50.000 m2, calcolando in questi anche gli spazi destinati agli accessi e ai diversi servizi. Lo sviluppo delle immense gradinate tutte costruite in cemento armato con speciali ossature metalliche, sarà di 17 km e potranno trovarvi posto, comodamente sedute oltre 35.000 persone. La sola tribuna centrale, completamente coperta, può contenere circa 5.000 persone: è lunga esattamente 110 metri ed è fornita di comodissimi mezzi di accesso. La gradinata conterà, per la tribuna coperta, 23 scalini mentre le tribune scoperte ne avranno 28. “Ove segnatamente si è soffermata l’attenzione dei tecnici è stato nel costruire la magnifica copertura della tribuna centrale, copertura che non porta alcun sostegno intermedio. Una volta completato di tutte le tribune, lo stadio diverrà il più grande d’Italia e uno dei più capaci del mondo.

Renzo Gazzari, il forte atleta dalmato proveniente dalle file della Triestina con il record di tre campionati giocati senza interruzione.

Particolarmente interessante, nei riguardi tecnici appare la sistemazione del piano campo. L’interno del recinto può permettere la rigatura di un terreno di gioco di m. 120 di lunghezza per m. 75 di larghezza. Dinanzi alla tribuna coperta saranno sistemate due pedane per il salto in lungo e il salto triplo, mentre nelle due curve saranno le sistemazioni per il salto in alto, con l’asta e le pedane per i lanci. La pista podistica, che chiude in uno scuro anello di carbone il verde del campo, ha uno sviluppo di 500 metri e mediante un raccordo si otterrà un rettilineo di 220 metri. Potranno così essere effettuate corse di velocità per i primi 200 metri piani, completamente in dirittura.

La cura maggiore è stata rivolta al “drenaggio” del terreno sì da permettere un permanente scolo delle acque, in modo da non formare mai strati fangosi alla superficie. Il campo, per tutto il verso della sua lunghezza è stato diviso in tre zone da tre drenaggi principali che raccolgono le acque dei drenaggi secondari. La profondità varia da 50 a 70 cm e questo strato di terreno è formato da un sottofondo di calcestruzzo a cunetta ricoperto con lastre di pietra e indi da ghiaia di fiume. Tutti drenaggi vengono riuniti in un condotto principale che percorre tutto il campo sotto il “parterre”: Altri strati di massicciata, di ghiaia e di scorie di carbone, oltre a permettere la filtrazione continua renderanno il terreno perfettamente elastico.

“…Attualmente i lavori procedono a ritmo accelerato onde permettere nel prossimo mese, se non l’inaugurazione ufficiale, sicuramente lo svolgimento di qualche partita: La tribuna centrale è completamente ultimata mentre quella opposta riservata ai posti popolari è già a buon unto. Entrando nei recinti si ha l’esatta impressione di tutta la vastità dell’opera intrapresa: centinaia di operai punteggiano le armature, simili a marinai su alberi di una nave. Giardinieri specializzati coltivano la chioma verde del terreno come pazientissimi coiffeurs, mentre carpentieri e verniciatori si incrociano sulle grandi scale metalliche piazzate nel grande cantiere.

Il Campo di Marte, il vecchio prato che da ragazzi ci sembrava immenso come un mare, s’è rimpicciolito nascondendosi quasi, dinanzi alle mura ciclopiche che anticipano l’ombra del tramonto. Una strana folla di curiosi fa capolino dagli spiragli delle armature ma non vede quanto vorrebbe vedere e allora domanda, interroga, smaniosa, impaziente.

I più piccini, trovato un quadrato di pulito, si rincorrono rotolandosi dietro a un pallone: aspettano che si aprano le porte”.

Le dimissioni di Ridolfi

Il 27 giugno Ridolfi aveva presentato nelle mani del Commissario Federale Pavolini le dimissioni sue e del consiglio dell’A.C. Fiorentina. Il motivo addotto: l’aver ormai portato a termine i due principali obiettivi prepostosi al momento della fusione delle forze calcistiche cittadine nel 1926 e cioè la promozione alla serie A e la costruzione dello stadio. Con questa sua presa di posizione Ridolfi voleva invece richiamare l’attenzione delle alte sfere fiorentine ad una più fattiva collaborazione in senso sia morale che materiale alle sorti della squadra e della società.

La più bella linea mediana che la Fiorentina abbia mai avuto. Il nazionale Pitto, l’esuberante Bigogno e Mariolino Pizziolo l’eroe di tante battaglie sul campo di Via Bellini.

Il posto conquistato dai “viola” – scriveva il 30 giugno la Nazione – crea una nuova situazione, implica un vasto piano finanziario che deve essere al più presto realizzato perché altrimenti a nulla varrebbe lo sforzo compiuto dagli atleti e dai loro dirigenti. Conquistata la posizione bisogna apprestare i mezzi necessari per mantenerla e superarla, bisogna fronteggiare le necessità contingenti; mettere insieme quella cifra che è indispensabile per il completo attrezzamento della squadra”. La mossa di Ridolfi otteneva l’effetto sperato. Per la Fiorentina si apriva una sottoscrizione popolare con quote di 2 lire cadauna e in breve tempo Enti pubblici e Istituzioni cittadine rispondevano all’appello rivolto da Ridolfi nell’assemblea dell’Ordine del Marzocco in cui il presidente dimissionario faceva capire che le sue dimissioni non dovevano ritenersi irrevocabili.

Infatti, di fronte alla pronta risposta dei fiorentini al suo appello, Ridolfi pur non recedendo dalle sue dimissioni accettava la carica di Commissario straordinario e si apprestava a rafforzare la squadra per il campionato di serie A con una serie di acquisti indovinati e con quello sensazionale dell’”artillero” Petrone.

Il nuovo allenatore

Feldmann che aveva portato la Fiorentina al traguardo più ambito si ritenne pago e soddisfatto dell’opera svolta e chiese di restar libero. Il 10 luglio al ristorante della “Rari Nantes”, Ridolfi, con la consueta signorilità, in occasione del banchetto offerto ai calciatori viola cui prendeva parte anche questa volta Vittorio Pozzo, rivolgeva all’allenatore che se n’andava commesse parole di sentito ringraziamento per l’opera svolta.

Come nuovo allenatore della Fiorentina per il campionato 1931-32 Ridolfi ingaggiava il dr. Felsner, che venuto in Italia nel 1920 aveva diretto la squadra del Bologna facendole vincere due campionati assoluti e conducendola altre quattro volte alle finali per il titolo: senza dubbio uno dei più grandi allenatori di scuola danubiana venuto in Italia. Cresciuto nelle file del Wiener di Vienna avendo dovuto interrompere la sua carriera per un incidente di gioco aveva cominciato giovanissimo la sua carriera di allenatore e come abbiamo detto era venuto in Italia nel 1920 dopo avere allenato diverse squadre straniere.

D’accordo con Ridolfi Felsner buttò giù il programma di potenziamento della nuova Fiorentina. Dei giocatori in forza nel campionato passato Felsner giudicò assolutamente necessari Pizziolo, Galluzzi, Ballanti, Vignolini, Magli, Neri, Baldinotti, Luchetti, Gregar, Rivolo e Chiecchi, diversi dei quali destinati al ruolo di riserva. L’intelaiatura della squadra era tutta da fare. Felsner però aveva idee ben chiare. Ed ecco passare nelle file viola Bigogno dal Legnano, Pitto, Busini dal Bologna, Bonesini dal Verona e Prendato dal Padova ed infine giungere dal lontano Uruguay insieme a Laino l’artillero Petrone che già nelle Olimpiadi di Amsterdam aveva sbalordito i tecnici italiani.

L’”artillero”

Quando a Firenze si seppe che Petrone avrebbe rivestito la maglia viola l’entusiasmo salì alle stelle. A cinque anni di distanza dalla sua fondazione la Fiorentina avrebbe schierato nella massima divisione uno dei giocatori più famosi del mondo! Il campanilismo fiorentino non poteva avere spinta più incisiva, e non deve meravigliare se intorno alla figura di questo giocatore i tifosi viola crearono quella atmosfera di entusiasmo che ancora oggi ha lasciato tracce profonde, sconfinando addirittura nella leggenda.

L’arrivo a Genova del Duilio che trasportava in Italia Petrone avveniva il 5 di agosto: con lui giungevano in Italia oltre a Laino, destinato anch’esso alla Fiorentina ma ben presto ritornato ai patri lidi, anche Monti e Maglio per la Juventus, Scaroni e De Maria dell’Etudiantes per l’Ambrosiana, Valente per il Napoli, Ratto, Serafini e De Maria del Corinthias per la Lazio.

A ricevere i due sudamericani della Fiorentina si recavano a Genova l’allenatore Felsner, diversi dirigenti della Fiorentina e un numeroso gruppo di tifosi che avevano voluto essere i primi a vedere il grande Petrone. Ma l’entusiasmo che accolse i due giocatori al loro arrivo a Firenze fu addirittura indescrivibile. Accompagnati in corteo fino all’albergo, sia Petrone che Laino dovettero più volte affacciarsi al balcone per rispondere alle insistenti ovazioni dei tifosi che non volevano decidersi ad andarsene a casa.

Petrone proveniva dalle file del Penarol di Montevideo, la gloriosa società uruguayana che tanti illustri campioni ha dato nella sua storia al calcio mondiale. Nato in Basilicata, Petrone era emigrato ancora bambino in America con la sua famiglia in cerca di fortuna. Nel Penarol aveva cominciato la sua carriera di giocatore disputando nella nazionale uruguayana oltre 60 incontri. Giocatore eccezionalmente dotato nel palleggio e nel dribbling Petrone è rimasto però ancora vivo nella memoria dei tifosi fiorentini per la formidabile potenza del tiro col quale talvolta da distanze ritenute impossibili fulminava i portieri avversari.

La guizzante ala destra Prendato, il campione olimpionico Petrone dal tiro fulmineo e potente e il raziocinante Galluzzi: tre punti di forza della linea di attacco viola.

Mario Pizziolo però, che di Petrone fu compagno di squadra non è della stessa idea: “Petrone ebbe senza dubbio una notevole potenza di tiro ma non fu questa la sua dote caratteristica. La caratteristica vera del suo tiro era la fulmineità con la quale tirava dalle posizioni più impossibili e nei momenti di azione di gioco in cui nessuno si sarebbe aspettato il tiro a rete, tantomeno i portieri! Un tiro violento da lontano previsto è quasi sempre parabile, il tiro imprevisto e imprevedibile, quasi mai”.

Gli altri acquisti viola.

Ma la Fiorentina del 31-32 non fu solo Petrone, anche se in lui si identificò. Altri punti di forza dovevano essere il livornese Pitto, “il grande sconciatore”, come lo aveva battezzato Giuseppe Centauro in un commento alla partita Italia-Cecoslovacchia del3 marzo 1929 riprendendo il vecchio termine del calcio in costume fiorentino; Bigogno, il forte centromediano legnanese che scendeva a Firenze nella piena vigoria del suo fisico eccezionale e dei suoi 22 anni; Pizziolo, che definitivamente passato a laterale doveva trovare in questo ruolo la sua più completa valorizzazione e la maglia azzurra; Galluzzi, non più giovanissimo ma ancora in possesso della sua innegabile classe ed esperienza; Prendato, la giovanissima ala destra del Padova, cannoniere del campionato di serie B 30-31; Busini la vecchia volpe padovana, ed infine ultimo ad arrivare ma sempre tra i primi nella lotta e nel merito per diversi campionati il “papero” Gazzari.

Preparazione accurata

Felsner che in una dichiarazione alla stampa aveva detto: “Una città come Firenze non può più discendere nella scala dei valori del campionato calcistico perché possiede elementi da essere sicura che saranno senz’altro la sua forza per l’avvenire”, iniziava immediatamente la preparazione per il campionato futuro.

Il primo allenamento della squadra viola si aveva sul campo del Littorio alle Due Strade, la prima partita di allenamento a Prato. Dopo i primi allenamenti Petrone cominciò a zoppicare. Cos’era successo? Semplicemente questo: abituato a giocare con le scarpe sudamericane molto più leggere e morbide delle nostre, quest’ultime gli avevano provocato delle dolorose sbucciature ai piedi. Siccome però in tutta Firenze non era riuscito a trovarne un paio di sua soddisfazione la Fiorentina dovette telegrafare a Montevideo e richiedere l’invio urgente di un considerevole numero di paia di scarpe per il suo asso! Per fortuna pochi giorni dopo Petrone potè trovare quanto desiderava a Bologna e continuare così la preparazione.

La prima partita precampionato a carattere ufficiale veniva disputata dalla Fiorentina a Padova per soddisfare gli impegni assunti con l’acquisto di Prendato. Pur incompleta ancora (mancavano fra gli altri Pitto e quel Laino che non disputerà nemmeno una partita in maglia viola) la Fiorentina riusciva a battere Amoretti soltanto una volta con Busini, dimostrando di aver bisogno di molto lavoro sia per raggiungere la condizione atletica che l’intesa fra i vari reparti. Dopo la partita di Padova Felsner per poter lavorare tranquillo portava i suoi ragazzi alla vicina località di Monte Ortone e la domenica successiva si recava con la squadra a Ferrara per incontrarvi la Spal che in una partita disturbata da un vento fortissimo riusciva a pareggiare le due reti viola messe a segno dal balillino Baldinotti.

Il tifo fiorentino frattanto veniva messo a rumore dalla notizia che il 13 settembre sarebbe stato inaugurato, sia pure in maniera non ufficiale (le inaugurazioni delle opere del Regime dovevano avvenire ufficialmente solo il 28 ottobre!!), con una partita contro l’Admira di Vienna in cui militavano ben 9 nazionali austriaci!

La squadra viola scesa in campo per la prima partita ufficiale della stagione 1931-32 contro l’Admira di Vienna in occasione dell’inaugurazione dello Stadio Comunale: da sinistra: Gregar (riserva), Petrone, Ballanti, Rivolo, Gazzari, Pizziolo, Prendato, Bigogno, Pitto, Busini III, Vignolini, Galluzzi, Baldinotti (riserva) e Bonesini (II tempo). Petrone e Ballanti stanno osservando l’aereo di Magrini mentre si appresta a lanciare in campo il pallone per la partita.

Il 10 settembre per la prima volta nella loro storia le maglie viola calcarono il verde prato dello stadio, quel prato che ancora oggi dopo 35 anni è senz’altro il più bel terreno di gioco d’Italia e senza dubbio (secondo il giudizio espresso da tanti campioni) uno dei più belli e perfetti del mondo.

Nello stesso giorno giungeva a Firenze Renzo Gazzari che Ridolfi, per ovviare la delusione che stava dando Laino era riuscito a soffiare in extremis ad Ambrosiana, Roma e Juventus che se lo disputavano. Gazzari era dalmato. Nato nell’isola di Lesina era cresciuto calcisticamente nell’Haiduk di Spalato suscitando ben presto commenti favorevolissimi perfino nella stampa specializzata austriaca a quei tempi considerata come la più qualificata. Passato alla Triestina nel 1928 giungeva a Firenze con un record raggiunto da ben pochi giocatori: era stato presente in tutte le partite di tutti e tre i campionati disputati in maglia rosso alabardata brillando di viva luce e rimanendo famoso per i suoi duelli con Orsi, nei quali la prestigiosa ala juventina “non era mai riuscita a spuntarla per la intelligente e puntigliosa marcatura dello “spalatino” che non cedeva sia nel gioco astuto che in quello di posizione”. Giunto a Firenze il mattino, Gazzari scendeva in campo nel pomeriggio formando coppia con Vignolini e disputava la partita di allenamento contro il Montevarchi nelle cui file militavano gli ex viola De Santis, Riviera e Balzarini.

Il risultato fu di 6 a 0 e Petrone siglava ben 4 gol mandando in visibilio il numeroso pubblico accorso a vedere all’opera i suoi beniamini.

La partita con l’Admira.

Il 13 settembre scendevano in campo per la prima partita internazionale disputata allo Stadio Comunale (allora intestato a Giovanni Berta) i bianchi dell’Admira di Vienna. Nelle loro file nomi gloriosi come Klima, il poderoso mediano destro della nazionale austriaca, come Janda, come Hammenberger.

Galluzzi e Rivolo nell’area dei bianchi mentre esce con sicurezza il portiere Zohrer.

La partita era stabilita per le 16,15 ma già alle 14 lo stadio (limitato, ben si ricordi, alla tribuna coperta e alla maratona cui mancava ancora l’aerea e svettante torre e le due curve) era pieno in ogni ordine di posti. L’entusiasmo di pochi, in pochi anni, aveva fatto proseliti a non finire.

Petrone siglava il gol della vittoria al 29’ della ripresa scaraventando il rete il pallone su passaggio di Bonesini che nella ripresa aveva sostituito Galluzzi. In un tramonto d’oro nello scenario unico al mondo delle colline fiorentine il vento leggero settembrino portava sulle rive dell’Arno e fra le guglie dei campanili e delle torri l’eco di una passione antica come il mondo e come il mondo eterna: la passione per la bellezza della vita che nello sport trova la sua manifestazione più genuina perché permeata di lotta, di lealtà di sensazioni improvvise ed esaltanti.

Il diavolo rossonero frattanto si prepara a ricevere la nuova venuta in serie A, con un sorriso mefistofelico di sufficienza: un sorriso che sarebbe divenuto una mezza smorfia.

 

Partite precampionato – Formazioni – Risultati – Marcatori

 

PADOVA, 30 agosto 1931 – FIORENTINA – PADOVA 1 – 0

PADOVA: Amoretti, Marchioro, Favaro, Callegari, Bedendo, Scarferla, Frossi, Perazzolo, Rossi, Gravisi, Vaccari.

FIORENTINA: Ballanti, Vignolini, Furlani, Pizziolo, Bigogno, Gregar, Prendato, Busini III, Petrone, Galluzzi, Rivolo.

MARCATORI: Busini III

FERRARA 6 settembre 1931 – S.P.A.L. _ FIORENTINA 2 – 2

S.P.A.L.: Festi, Conte, Olagi, Genesini, Calzolari, Aramini, Braga, Giorgi, Romani, Villotti, Paroni.

FIORENTINA: Ballanti, Vignolini, Pitto, Gregar, Bigogno, Pizziolo, Prendato, Busini, Baldinotti, Galluzzi, Rivolo.

MARCATORI: Baldinotti (F.), Romani (Spal), Baldinotti (F.), Braga (Spal).

FIRENZE, 13 settembre 1931 (Stadio Comunale) – FIORENTINA – ADMIRA di Vienna 1 – 0

FIORENTINA: Ballanti, Gazzari, Vignolini, Pitto, Bigogno, Pizziolo, Prendato, Busini, Petrone, Galluzzi (Bpnesini), Rivolo.

ADMIRA: Zohrer, Janda, Paolich, Pirschitzka, Hammenberger (Andrè), Porsch, Ranfti, Klima, Stoiber, Cerintz, Langer.

MARCATORI: Petrone (F.).

continua nel prossimo numero

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