di LORENZO MAGINI – 39° puntata
tratto dall’originale stampato nel n° 3 Anno V di Alé Fiorentina del Novembre 1969
(Nell’edizione originale la puntata è stata pubblicata con il numero 37)
L’anno di Carniglia
L’aver perso il campionato nella maniera descritta costava a Czeizler l’esonero dalla guida tecnica della squadra. 95 gol e un gioco scintillante e affascinante ad un tempo erano niente nei confronti di un successo mancato.
A sostituire il placido «zio Laios» veniva chiamato il «sangue caliente» caballero Luis Carniglia, in considerazione dei successi conseguiti alla guida del Real Madrid, da diversi anni squadra faro in campo internazionale.
Forse però la valutazione del tecnico era sproporzionata, come i fatti dimostreranno, alle sue reali capacità: con uomini come Di Stefano, Puskas e Gento, nessun allenatore avrebbe potuto far di meno. Con Carniglia infatti la Fiorentina non riuscirà a raggiungere il traguardo sperato. Si dovrà contentare ancora una volta, e sarà l’ultima, di un secondo posto: tutto considerato, assai meno significativo dei precedenti e raggiunto in maniera molto meno brillante (il distacco dalla prima classificata, la Juventus, sarà in questo campionato di ben sette punti, quattro in più del campionato precedente). E a differenza del gioco messo in mostra l’anno prima, il gioco della squadra viola sarà farraginoso ed involuto, talvolta inconcludente e senza nerbo: un ibrido fra concezione offensivistica e catenaccio, che finirà col frastornare gli atleti e suscitare le più feroci polemiche nella stampa e travasi di bile fra gli sportivi. Un gioco che risentirà del periodo di evoluzione attraversato dal calcio italiano, caratterizzato dal ripudio graduale dello statico sistema inglese, e orientato a riproporre definitivamente la concezione tattica, già più di dieci anni prima intravista ed attuata, sia pure in modo embrionale, dall’allora sconosciuto allenatore della Salernitana Gipo Viani. A Carniglia però mancherà il coraggio di seguire fino in fondo la nuova concezione. Si barcamenerà tra il vecchio e il nuovo, con l’unico risultato di presentare sui campi d’Italia una squadra amorfa, senza una propria fisionomia, il alcuni casi con un gioco addirittura balbettante ed anarcoide.
Befani contestato – La cessione di Cervato.
Anche l’ambiente della società comincia a entrare in ebollizione. Trapela fra i soci un clima di contestazione nei confronti del presidente Befani, cui si rimprovera di non aver saputo rinforzare la squadra in modo da poter ripetere l’exploit del ’55-56. Ad acuire ancor più questo stato di disagio arriva la cessione di Cervato alla Juventus, col quale la vecchia signora sistema la propria difesa e vince poi passeggiando il suo undicesimo scudetto. Con Cervato al centro della mediana i 51 gol subiti dai bianconeri nel 58-59 scenderanno a soli 33!
La cessione di Cervato ripropone inoltre alla squadra viola il problema del centromediano, lasciato insoluto dalla partenza di Rosetta, e provvisoriamente risolto nel campionato passato e in maniera in vero egregia, con lo spostamento del forte terzino viola nel ruolo suddetto. Carniglia cercherà di risolvere questo problema col terzino Robotti: contro ogni logica e contro la stessa volontà del terzino. Andrà avanti per alcune partite; poi ricorrerà alla soluzione più logica con Orzan.
Nuovi nomi frattanto vengono ad affacciarsi alla ribalta viola. Rimbaldo, Malatrasi, Fantini, Benaglia, Azzali: tutti quanti, chi più chi meno, avranno modo di mettersi in luce in questo campionato senza comunque brillare eccessivamente.
Nonostante le perplessità suscitate dalla campagna acquisti e vendite, nelle partite precampionato la Fiorentina si dimostrava piuttosto in palla specialmente negli incontri a livello internazionale disputati contro il Nimes e il Real Madrid al Comunale, e contro IM.T.K. ungherese al Nepstadion di Budapest. Questi ultimi in particolare generavano l’impressione che, tutto sommato, qualora la squadra fosse stata diretta con un certo criterio tattico e senza andare incontro a pericolose avventure, poteva dignitosamente lottare per il successo nel campionato prossimo. Contro il Real Madrid di Di Stefano, Didi e Puskas, sceso a Firenze per la disputa del trofeo del centenario del giornale «La Nazione» la Fiorentina s’imponeva per due a uno, con reti di Loiacono-Montuori e Puskas, in una partita caratterizzata dalle colossali papere dell’arbitro olandese Horn, papere che davano luogo anche a spiacevoli incidenti in campo; contro la M.T.K., allenata da Hidegkuti, la squadra viola si vedeva raggiunta da Tichy a 8 minuti dalla fine dopo essere andata in vantaggio nel primo tempo con una rete di Montuori. Tutto sommato un rodaggio ricco di promesse per i risultati raggiunti, ma, per i più, non del tutto convincente per il gioco messo in mostra.

Inizio incerto.
Anche quest’anno, come già nell’anno susseguente alla conquista dello scudetto, il campionato aveva inizio per la Fiorentina a Udine. Senza suscitare entusiasmi, senza convincere, la squadra viola vi passava vittoriosa con un gol di Petris e uno di Montuori. Ancor meno convincente la vittoria conseguita contro il Napoli allenato da Frossi, nella partita successiva al Comunale. Partito con un solido catenaccio, il Napoli si ritrovava in vantaggio prima della fine del primo tempo con un gol di Di Giacomo. Pregustando già la soddisfazione del risultato clamoroso a conferma delle sue tanto sbandierate teorie difensivistiche, all’inizio della ripresa l’occhialuto allenatore partenopeo arroccava ancor più la sua squadra in difesa nella speranza di portare in fondo vittorioso l’incontro. Senonché sbloccato il risultato con un gol di Orzan su calcio d’angolo battuto da Hamrin, era lo stesso svedese con una delle sue zampate feline a condannare il Napoli alla sconfitta. L’affanno dimostrato dalla squadra nel risalire lo svantaggio e il gioco messo in mostra, non preannunciavano però nulla di buono. Esplodeva infatti la polemica su Robotti centromediano, che nel ruolo stava dando chiaramente segno di trovarsi a disagio. La riprova di questo disagio si aveva nella partita di Bologna, dove Pivatelli si beveva letteralmente il nostro centromediano segnando due gol, cui s’aggiungeva poi quello di Pascutti. Da notare che in questa partita ad andare in vantaggio per prima era stata proprio la Fiorentina con un gol di Orzan!

Carniglia insisteva ancora con Robotti; ma dopo la vittoriosa partita contro la Roma, per la ferma posizione assunta dallo stesso Robotti, contro l’Inter a S. Siro, a ricoprire il ruolo in cui già altre volte per l’addietro si era distinto, tornava Orzan. A San Siro purtroppo scendeva in campo una squadra senz’anima, della quale un’Inter, pur in giornata mediocrissima, riusciva ad aver facilmente ragione.
Infortunatosi nell’incontro di Milano Gratton, Carniglia, nella partita contro l’Atalanta, spostava Montuori a mezz’ala e faceva debuttare al centro dell’attacco il giovane Fantini che metteva a segno due dei quattro gol segnati agli orobici. A Torino, contro la Juventus, rientrava Gratton ma rimaneva purtroppo fuori Miguel per infortunio. Anche in questa partita era la squadra viola ad andare in vantaggio per prima con Hamrin dopo soli tre minuti di gioco; la difesa però non resisteva alla reazione dei bianconeri che, trascinati da un Sivori in stato di grazia (due gol), s’imponevano alla fine più che nettamente.
Contro il Palermo, al posto di Petris, deludente in questo inizio di campionato, Carniglia fa scendere in campo Morosi. Cinque gol finiscono nella rete di Anzolin (due ad opera proprio di Morosi) nello stesso giorno in cui la Juventus, a Bologna subisce la prima sconfitta del campionato. Fantini delude contro il Palermo e Carniglia a Vicenza ripropone un nuovo schieramento della prima linea schierando Loiacono a centravanti e richiamando in squadra Petris a ricoprire quel ruoli di mezz’ala che gli aveva dato la notorietà nelle file della Triestina. Non si va oltre il pareggio; anche questo da imputarsi alla scarsa tenuta della difesa, incapace di mantenere il vantaggio conseguito inizialmente dalla squadra per merito di Morosi. Il pareggio conseguito al Comunale col Milan era invece opera esclusiva dell’arbitro Marchese. Dopo aver concesso al Milan di andare in vantaggio con un gol realizzato da Altafini in netta posizione di fuorigioco, l’ameno arbitro napoletano, dopo che la squadra viola ha raggiunto il pareggio, lascia impunito un plateale fallo dello stesso centravanti rossonero su Hamrin; non concede un duplice fallo da rigore commesso prima da Liedholm che smanaccia la palla in area per impedire che la stessa arrivi a Loiacono, poi da Occhetta, che visto inutile il tentativo del compagno in quanto la palla è preda dello stesso Loiacono, mette a terra l’argentino senza tanti complimenti; lascia andare libero in fuorigioco Ferrario, che per fortuna dei viola sbaglia grossolanamente il bersaglio.

Stupendo Montuori nella partita disputata dalla Fiorentina contro la Lazio all’Olimpico, e grandissima la Fiorentina: sbrigativa, veloce, fantasmagorica, proprio contro la squadra del suo grande maestro Bernardini; cinque gol finiscono nella rete di Cei: due ad opera dello stesso Miguel, tre ad opera di Hamrin.
Si ricomincia a sperare. Contro il Padova purtroppo si torna invece alle dolenti note. Contro il catenaccio di Rocco, la Fiorentina dimostra ancora una volta le sue difficoltà penetrative contro squadre arroccate in difesa; riesce comunque a vincere per il rotto della cuffia con un gol di Lojacono, pur essendo rimasta priva di Petris, espulso dall’arbitro Parisi per proteste.
Contro la Spal a Ferrara, Carniglia schierava per la prima volta la squadra col catenaccio, affidando ad Orzan il compito di terzino volante. Fiasco completo, sconfitta ancora una volta decretata da un gol di Morbello. Feroce la critica del giornale «La Nazione» per la penna di Beppe Pegolotti.
Quindici partite consecutive senza sconfitta.
Di fronte a queste critiche Carniglia torna all’antico, ai vecchi schemi, lasciando definitivamente da parte ogni velleità innovatrice. Non rinuncia però a vari esperimenti di ruolo con la conseguenza, purtroppo fatale, d’impedire la stabilizzazione di un giusto e costante equilibrio tra difesa e attacco e quindi di una continuità. Per questo motivo a vittorie travolgenti come quella sulla Sampdoria dovuta ad un superlativo Hamrin, si susseguono pareggi inspiegabili come quello subito ad Alessandria, dove i grigi, che in 14 partite e avevano messo a segno solo sette gol, in soli novanta minuti di gioco riescono a realizzarne tre (!).

Contro questa mania degli esperimenti prendeva posizione Giordano Goggioli sulla Nazione dopo la partita interna col Bari. La vittoria aveva sì arriso alla Fiorentina, ma la squadra era stata presentata in campo disposta in maniera tanto ridicola da suscitare le risentite proteste del pubblico: anziché al Comunale sembrava di essere allo Stadio della Vittoria di Bari, tale era l’incitamento rivolto dagli sportivi fiorentini alla compagine dei galletti, e tanti i fischi rivolti agli atleti viola specialmente nei confronti di Petris. E che Goggioli fosse nel vero lo dimostrava la partita disputata dai viola a Marassi contro il Genoa tecnicamente e atleticamente inferiore ultimo in classifica. Contro i rossoblu, uno squallido 0 a 0 era un risultato anche troppo lusinghiero per il gioco messo in mostra dalla compagine viola. Il 4° posto quindi alla fine del girone di andata, per quanto la squadra aveva dimostrato in campo, era anche superiore alle aspettative; per quanto invece la squadra poteva rendere, se ben guidata, nettamente inferiore.
Ad un passo dalla Juve… poi la china
Alla striminzita vittoria sull’Udinese nella prima di ritorno faceva seguito l’impennata sbalorditiva al Fuorigrotta di Napoli, dove i viola, disposti in campo da Ferrero, che per l’occasione sostituiva Carniglia rimasto a Firenze in preda alla asiatica, surclassavano gli azzurri con un secco 4 a 0 che mandava in bestia Lauro e faceva piovere sulla testa degli atleti partenopei multe da capogiro.
Contro il Bologna al Comunale però si ritornava al solito farraginoso e caotico gioco. Solo con un calcio di rigore messo a segno da Hamrin e con un calcio di punizione messo a segno da Loiacono, la Fiorentina riusciva ad andare in gol.
Tutto ormai sembrava deciso nel campionato, con la Juventus lepre solitaria in testa. Senonché la domenica successiva, sorprendentemente, la Juventus veniva battuta sul proprio campo dalla volitiva Atalanta. I sei punti di vantaggio sugli inseguitori, Milan e Fiorentina, si riducevano a quattro, avendo il Milan pareggiato a Napoli e la Fiorentina vinto all’Olimpico contro la Roma. Tutto era ancora possibile.
Aveva inizio così un duello a distanza, in attesa dello scontro diretto tra viola e bianconeri. L’importante era arrivare a quel confronto perlomeno con un distacco immutato. Così avveniva. Mentre infatti la Fiorentina batteva l’Inter al Comunale la Juventus andava a vincere ad Alessandria, e al successo della Fiorentina sull’Atalanta a Bergamo, rispondeva col successo interno a spese della Lazio.
Con un distacco di quattro punti si arrivava quindi allo scontro Fiorentina-Juventus al Comunale di Firenze, e la Fiorentina, di fronte a 70.000 persone, s’imponeva per 1 a 0. Hamrin il giustiziere, Orzan e Chiappella la roccaforte della difesa. Un folletto imprendibile il primo, ostacoli insormontabili per Charles e Sivori i due della difesa. Contro Orzan si infrangeva l’atletica possanza del gigante gallese, contro Chiappella si spuntavano le velenose frecce dell’argentino. La più bella partita disputata dalla squadra viola in questo campionato: una partita che richiamava alla mente la Fiorentina di tre anni prima, pratica, tetragona, spigliata, consapevole della sua forza.

Due punti soltanto dividevano la squadra viola dalla capolista!

Sullo slancio di questo successo la Fiorentina sembrava dovesse continuare fino in fondo. Invece dopo la perentoria vittoria conseguita alla Favorita sul Palermo (4 a 0), improvvisamente, mentre la Juventus continua imperterrita a inanellare vittoria su vittoria, la Fiorentina si arena nelle secche di tre pareggi consecutivi: contro il Lanerossi al Comunale di Firenze, contro il Milan a S. Siro, contro la Lazio ancora al Comunale. Il distacco dalla Juventus torna così a 4 punti. Poi, il crollo: a Padova, a Genova contro la Sampdoria, a Bari. Inutili e platoniche rimangono le vittorie interne contro Spal, Alessandria e Genoa.
La vecchia signora è ormai irraggiungibile e vola verso il suo undicesimo scudetto. Con un Cervato ancora in maglia viola senza dubbio sarebbe stato invece il secondo della squadra gigliata. Magra consolazione per i viola il secondo posto, terzo consecutivo negli ultimi tre campionati. Ultimo sprazzo di una squadra, che già grandissima, grande si era dimostrata anche in questi tre anni, ma che per logoramento inevitabile e per insipienza dirigenziale si andrà piano piano sfasciando per rientrare nei ranghi di una mediocrità tanto più amara quanto più indiscussa ed esaltante era apparsa la sua superiorità in un passato non troppo remoto!

Prosegue nel prossimo numero