di LORENZO MAGINI – 38° puntata
tratto dall’originale stampato nel n° 2 Anno V di Alé Fiorentina dell’Ottobre 1969
(Nell’edizione originale la puntata è stata pubblicata con il numero 36)
95 gol… e non bastano: ancora secondi!
L’ultimo romantico del calcio spettacolo.
L’anno di Czeizler è legato a un prestigioso record: quello di 95 gol segnati in un campionato a 18 squadre.
La squadra, con l’avvento del tecnico ungherese acquista una nuova dimensione, un nuovo volto. Convinto come non mai che la miglior difesa nel gioco del calcio è l’attacco, egli imposta tutto in chiave offensiva. Suscita entusiasmi negli amanti del calcio, rinfocola discussioni nei tecnici. La conclusione del campionato purtroppo darà ragione ai sostenitori del «prima non prenderle» ed ancora una volta «zio Laios» sarà costretto a fare le valigie, continuando così il suo continuo girovagare per il mondo, missionario inascoltato di quella verità in Italia da tempo bandita dai campi di gioco. Per il calcio italiano l’unica parola ammessa aveva nome «catenaccio».
A riprova di quanto sopra gli allenatori italiani, in occasione dei Campionati mondiali in Svezia, dai quali noi eravamo stati eliminati già in fase di qualificazione proprio per l’orripilante catenaccio messo in atto contro il Portogallo e Irlanda del Nord, brillarono per la loro assenza. Nessuno di loro, eccettuato Viani, riteneva utile ed ancor meno necessario assistere alla Coppa Rimet. La cosa non sfuggiva alla stampa che senza tanti peli sulla lingua stigmatizzava questo comportamento. Bardelli dalle colonne della Nazione così tonava: «L’esaltante esibizione del Brasile, stupenda sotto l’aspetto spettacolare e validissima anche sul piano pratico è stata senza dubbio una lezione di eccezionale chiarezza, Il Brasile ha offerto una soluzione ideale alle discussioni che da tempo si trascinano sul modulo di gioco, mettendo in mostra un gioco d’alta precisione sviluppata a ritmo serrato. Ma i nostri allenatori erano assenti. Un’altra occasione perduta». Czeizler però non si lasciava sfuggire l’occasione per imparare ancora qualcosa, e quanto aveva visto in Svezia era intenzionato a tradurlo in pratica con la nuova Fiorentina.
Si rinnovano le file
La Fiorentina cambia. Bizzarri, Prini, Virgili, Magnini lasciano la società viola. I primi due vanno al seguito di Fulvio Bernardini passato alla Lazio; Virgili in comproprietà al Torino; Magnini viene ceduto al Genoa. Della squadra dello scudetto rimangono soltanto Sarti, Cervato, Chiappella, Orzan, Segato, Gratton e Montuori. In sostituzione dell’ormai mitico Julinho arriva lo svedese Hamrin. Con un compito difficile: sostituire il grande Julio sia nell’economia del gioco, sia nel cuore di tutti gli sportivi. Ci riuscirà così bene da rimanere per ben 10 anni in maglia viola. In sostituzione di Prini, la Fiorentina acquista dal Torino Petris, e dalla stessa preleva Castelletti destinato a sostituire Magnini. Insieme a questi tre giocatori, proveniente dallo Spezia, giungeva a Firenze un diciannovenne portiere destinato a continuare la tradizione viola dei grandi portieri: Enrico Albertosi.
Nel ritiro di Acquapendente, che in seguito diventerà per la Fiorentina la sede abituale della preparazione al campionato, Czeizler dava inizio ai suoi esperimenti per forgiare la sua creatura. Partito con l’intenzione di sfruttare Lojacono come centravanti, fermo restando il ruolo di Montuori, nella prima esibizione della squadra contro il Civitavecchia (13 a 0) cambiava improvvisamente decisione schierando Miguel a centravanti e Lojacono a mezz’ala.
Su questa impostazione Czeizler, finché non gli verrà a mancare Montuori, continuerà per tutto il campionato coi risultati che poi vedremo. Risultati però che già cominciavano a delinearsi nelle partite precampionato, vinte a suon di gol, ed ancor più nella partita di semifinale di Coppa Italia, vinta dalla Fiorentina sul Bologna, in precedenza vittorioso sul Milan. Esternare dei dubbi sul secondo scudetto viola dopo questa partita, a Firenze sarebbe stato pericoloso.
La vendetta di Prini
Ad inaugurare la sagra dei gol toccava al Vicenza. Tre soltanto, in una partita di tutto comodo e senza spingere a fondo, Con sicumera si affrontava quindi il mercoledì successivo la finale di Coppa Italia all’Olimpico incontrando la Lazio. Lojacono, preso da una crisi di follia per il controllo spietato riservatogli da Carradori, si faceva pescare in fragrante dall’arbitro e veniva espulso insieme allo stesso Carradori. Il nervosismo contagiava un po’ tutta la squadra ed alla fine Prini ne approfittava per mettere a segno l’unico gol che dava alla Lazio la sua prima ed unica Coppa Italia.
La delusione degli sportivi durava solo tre giorni. Dello smacco subito a Roma la squadra viola si rifaceva immediatamente andando a vincere ad Alessandria dove la squadra dei grigi, sebbene rinforzata con l’acquisto degli interisti Vonlanthen e Lorenzi, non poteva fare a meno di subire quattro reti.
La Lazio si ripresentava allo stadio fiorentino la domenica successiva. Lojacono, ancora una volta nervoso e isterico, si faceva espellere dal frastornato Campanati per un’entrata assassina su Tagnin. La partita, iniziatasi in maniera polemica, a questo punto si arroventava diventando spigolosa e cattiva. Campanati perdeva completamente la testa e decretava l’espulsione di Robotti prima e Del Gratta poi, per scorrettezze viste soltanto da lui. La partita finiva in parità; oltre a perdere un punto però, la Fiorentina perdeva purtroppo anche Gratton seriamente infortunato in uno scontro con Carradori. A Trieste era quindi costretta a giocare sia priva di Gratton sia di Lojacono che era incorso nella squalifica. Al posto di Gratton giocava Carpanesi, in quello di Lojacono Segato, sostituito in mediana da Orzan. Debuttava all’ala sinistra Greatti segnando una delle tre reti del successo viola sugli alabardati.
Imbattuta, con sette punti in quattro partite, la Fiorentina veleggiava in testa alla classifica in compagnia di Milan e Juventus, precedendo di un punto l’Inter ospite dei viola la domenica successiva.
Nerazzurri alla deriva

Due reti di Segato schierato al posto di Gratton, e due di Hamrin, mettevano K.O. la squadra nerazzurra. Con una naturalezza sorprendente, con un ritmo indiavolato, senza una pausa, senza una sbavatura, la Fiorentina suscitava entusiasmi e consensi. «Il fragoroso successo della Fiorentina sull’Inter – scriveva Aldo Bardelli – ha offerto un nuovo esempio del l’inutilità degli schemi tattici più meditati, quando non li nobilitino prestazioni individuali ad alto livello ed una esecuzione rispettosa delle fondamentali esigenze del gioco. L’interpretazione del gioco non concede alternative.’ E’ immutabile: i motivi autentici di oggi sono quelli di venti, trenta, quarant’anni fa: di quando cioè si parlava meno di tattiche e si giocava di più».
Battuta nello stesso giorno la Juventus dalla Roma all’Olimpico, rimanevano appaiate in testa Milan e Fiorentina. Cominciava fin da ora il leit motiv di questo campionato: Fiorentina-Milan, Milan-Fiorentina; con un continuo cambio della guardia in testa alla classifica che si protrarrà fino al 26 aprile, giorno in cui il Milan prenderà definitivamente il largo per non esser più raggiunto.
Il primo di questi cambi della guardia si aveva proprio la domenica dopo quando, sconfitto il Milan a Vicenza e imbattuta la Fiorentina a Marassi, contro la Sampdoria, la squadra viola passava a condurre aspettando a piede fermo la partita successiva con la Juventus.
Partita da cardiopalma

Tre reti da una parte, tre da quell’altra. Così finiva una partita che nella prima mezz’ora poteva risolversi in una debâcle paurosa per i viola e che nell’ultima mezz’ora poteva invece concretarsi in un meritato successo. Tutto un susseguirsi di emozioni e di colpi di scena caratterizzavano l’incontro. 11′ del primo tempo: segna Ferrario su rigore decretato da Lo Bello per fallo di ostruzione in area di Castelletti su Muccinelli; 13′: raddoppia Nicolé con un tiro scoccato da 25 metri pescando Sarti fuori dai pali; 28′: accorcia le distanze Cervato su calcio di rigore decretato per un fallo di mano di Ferrario in area; 36′: realizza Charles smarcato da un passaggio di Boniperti mentre la difesa viola è tutta sbilanciata in avanti alla ricerca del pareggio; al 44′ è la volta di Montuori a battere Mattrel; al 60′ infine raggiunge il pareggio Lojacono riprendendo un suo precedente tiro di punizione ribattuto dalla barriera. Una partita meravigliosa in cui tra le file juventine si metteva in luce il diciannovenne Nicolé, che la domenica successiva, segnando allo stadio di Colombes i due gol con i quali la nazionale azzurra pareggiava l’incontro con la Francia di Fontaine, il cannoniere dei mondiali di Svezia, faceva sorgere le speranze di aver finalmente trovato un centravanti alla Piola per la nostra nazionale. Habemus Piolam! era il titolo a caratteri cubitali di un noto settimanale sportivo.

Pareggio a Padova con due gol segnati da due mediani – al 2’ del primo tempo Chiappella per i viola, al 90′ Zannier per il Padova -, e nove gol (!) al Comunale di Firenze nella partita Fiorentina-Bologna: sei messi a segno dai viola tre dai rosso blu. Di queste nove reti, sei venivano segnate addirittura nello spazio di dieci minuti: Montuori all’8′, Lojacono al 10′, Pivatelli per il Bologna all’11’ (su rigore) e al 13′, Cervato al 15′, Petris al 18′. Senza dubbio la più fantastica serie di gol mai vista prima e mai più vista dopo.
Figurarsi con quale spavalda sicurezza i tifosi fiorentini si recavano a Milano la domenica di poi per assistere allo scontro Milan-Fiorentina. Ed invece, quando maggiormente ci si aspettava una conferma, a S. Siro la Fiorentina subiva la sua prima sconfitta del campionato. Non battuta da un Milan trascendentale, bensì dalla propria abulia, dalla sconclusionatezza del proprio gioco, privo di nerbo, d’idee, di volontà. Il Milan passava così in testa alla classifica. Veniva però immediatamente raggiunto la domenica successiva. A Ferrara infatti, contro la Spal, i rossoneri non andavano oltre il pareggio mentre la Fiorentina batteva sul proprio campo il Bari con tre reti di Montuori e una di Gratton, che proprio in questa partita rientrava in squadra dopo l’infortunio subito contro la Lazio.
Analogo trattamento riservava però “la Spal alla Fiorentina, che tutto considerato, poteva ritenersi più che soddisfatta di essere uscita dal campo ferrarese con un pareggio, dato che l’arbitro Rebuffo non riteneva suscettibile di omologazione un’autorete di Castelletti che alla gran maggioranza dei giornalisti presenti era sembrata tale.
20 reti in tre partite
Sette al Genoa di Capitan Magnini, sette all’Udinese, sei al Torino sul campo dei granata. Una girandola sbalorditiva e sensazionale che mandava alle stelle l’entusiasmo. L’«attacco atomico» sembrava destinato a polverizzare chiunque si fosse avventurato sulla sua strada. Invece nella partita con la Roma, disputata all’Ardenza, causa la squalifica dell’Olimpico per i gravi incidenti accaduti il 5 gennaio nella partita Roma-Alessandria, fortuna volle che a difesa della rete viola ci fosse il diciannovenne Albertosi, che con l’abilità e la freddezza di un campione consumato, inchiodava i giallorossi sullo zero a zero; l’attacco atomico si dimostrava nell’occasione addirittura balbuziente e sfasato. Riprendeva a macinare gol nella partita con l’Alessandria al Comunale; rimaneva nuovamente all’asciutto nella partita con la Lazio all’Olimpico, anche questa svoltasi all’insegna della spigolosità e della cattiveria, riprendendo comunque quota nella partita con la Triestina, tantoché, per la partita internazionale con la Spagna all’Olimpico, venivano schierati i due viola Lojacono e Montuori. Ed era proprio Lojacono a rivelarsi il migliore azzurro in campo, siglando fra l’altro il gol che pareggia quello di Di Stefano a sua volta il migliore degli iberici.

La sequenza dei gol riprendeva a Milano, dove l’Inter si vedeva battuta dai viola con tre gol, e continuava a Firenze contro la Sampdoria, alla quale ne venivano segnati quattro. Con quest’ultima vittoria la Fiorentina raggiungeva nuovamente in testa alla classifica il Milan, rimanendo appaiata ai rossoneri anche la domenica successiva caratterizzata dalla contemporanea sconfitta delle due squadre: il Milan nel derby con l’Inter, la Fiorentina a Torino contro la Juventus, partita nella quale Sivori, genio e sregolatezza, si permetteva il lusso di segnare tutti e tre i gol bianconeri.
La Juventus, quasi a volersi scusare del dispiacere dato ai viola andava a S. Siro a fermare il Milan sul pareggio; la Fiorentina in tal modo, vittoriosa sul Padova passava da sola in testa, distanziando il Milan di un punto. Distacco che rimaneva invariato anche alla giornata successiva, le due squadre riuscivano entrambe a prevalere sulle rispettive avversarie Bologna per la Fiorentina (a Bologna), Roma per il Milan (S. Siro).
Con un punto di vantaggio si accingeva quindi a disputare la partita col Milan al Comunale di Firenze.

Un infortunio purtroppo decisivo
Proprio durante la preparazione al grande incontro s’infortunava Chiappella. Oltre che di Cervato, i viola avrebbero affrontato i diretti rivali anche privi del forte mediano.
Cornice di folla immensa alla partita che valeva tutto un campionato. Entusiasmo a non finire che però svaniva immediatamente all’8′. Robotti infatti, nel tentativo di allungare il pallone a Sarti, non si accorgeva che il portiere si era fatto in avanti e provocava una clamorosa autorete. Non ancora ripresisi dallo shock, i viola si vedevano infilati al 16′ da Altafini. Una speranza si riaccendeva al 40′ col gol messo a segno da Hamrin; ma gli infortuni, prima di Lojacono e poi di Montuori, diminuivano in maniera determinante la potenza penetrativa dell’attacco, ed era ancora Danova, al 35′ della ripresa, ad aumentare il vantaggio per il Milan.
Tutto sembrava ormai compromesso. Al punto in cui era giunto il campionato un punto di vantaggio poteva dire tutto!
Spal gastigamatti
Senonché a rimettere in corsa i viola era la Spal che inchiodava il Milan sul pareggio a S. Siro, mentre la squadra viola, reagendo con carattere alla disavventura della domenica precedente, andava a vincere a Bari sia pure priva di Cervato, Chiappella, Loiacono e Montuori, questi ultimi sostituiti da Dell’Angelo e Morosi con lo spostamento di Petris a centravanti. Purtroppo però proprio la Spal la domenica dopo giocava alla Fiorentina il tiro più mancino che una squadra potesse aspettarsi: un tiro, che oltre a mandare in fumo tutte le speranze improvvisamente riaccesesi, demoralizzava completamente la compagine. Nonostante fosse passata in vantaggio con Lojacono su calcio di rigore, la Fiorentina non sapeva organizzarsi come gioco. Approfittando della nerissima giornata di Robotti e Castelletti, Mazza impostava la sua partita su! contropiede e raggiungeva il pareggio Prima dello scadere del primo tempo con Oltramari sfuggito a Castelletti. A questo punto, Czelzler commetteva lo sbaglio più grosso che mai potesse fare. Anziché richiamare indietro i mediani a copertura degli sfasatissimi terzini, li spingeva all’atttacco alla ricerca della vittoria, Avveniva così che Morbello, come sempre libero dalla marcatura di Robotti, si presentava tutto solo dinanzi a Sarti e lo batteva con irrisoria facilità.

Su questo gol, che decretava la sconfitta dei viola, si chiudeva malinconicamente il più bel campionato, dal lato spettacolare, della squadra viola. Un campionato che l’aveva vista applaudita sui campi di tutta Italia, riconciliando tanti sportivi col gioco del calcio, e che nel più banale dei modi era stato perduto.
Non bisogna dimenticare però che in maniera determinante avevano influito sul rendimento della squadra gli infortuni a ripetizione subiti durante l’arco del campionato: Gratton all’inizio, Cervato, Chiappella e Montuori nei momenti più cruciali. Giocatori simili non si possono improvvisare né facilmente sostituire.
Un campionato comunque esaltante e meritorio; perso in soli 180 minuti di gioco: i 90 col Milan e quelli con la Spal.
