Storia dell’A.C. Fiorentina

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di LORENZO MAGINI – 36° puntata

tratto dall’originale stampato nel n° 8 Anno IV di Alé Fiorentina dell’Aprile 1969

(Nell’edizione originale la puntata è stata pubblicata con il numero 35)

Infortuni a catena

Dopo la partita col Milan il campionato veniva sospeso per due settimane per dare modo alla commissione per le squadre nazionali di varare le formazioni che avrebbero dovuto incontrare la Svizzera a Berna, e la Francia a Marsiglia.

Arbitro designato per la partita di Berna l’ungherese Zsolt. Non sarà lui ad arbitrarla. In quei giorni infatti, si verifica vano le tragiche giornate d’Ungheria, dove l’insurrezione contro il regime comunista veniva soffocata nel sangue dai carri armati sovietici. Proprio in quei giorni la più famosa squadra d’Ungheria, la Honved di Puskas, Kocsis, Grocics, Tychy. Csibor, era in tournée in Spagna. Inizialmente decisa a non tornare in patria questa squadra si esibirà anche in Italia, a S. Siro e a Roma, per raccogliere fondi destinati a sopperire alle spese del volontario esilio. Poi, a repressione avvenuta, molti dei giocatori, che a Budapest avevano lasciato moglie, figli e genitori, temendo rappresaglie, ritorneranno in patria. Solo Puskas e Kocsis resteranno all’estero suscitando immediatamente un interesse frenetico anche nei dirigenti di società italiane. Ma tanto Puskas che Kocsis emigreranno in Spagna dove, rispettivamente nel Real Madrid e nel Barcellona, concluderanno la loro gloriosa carriera. A Berna, arbitro l’olandese Horn, gli azzurri non andavano oltre il pareggio. In questa partita purtroppo s’infortunava Gratton.

Era questa una nuova tegola che cadeva sulla testa della società viola. Con Prini già da tempo lontano dai campi di gioco, con Cervato e Virgili acciaccati, con Montuori, per il quale, a causa dell’espulsione subita nella partita col Milan, si temeva la squalifica, la situazione della squadra viola alla ripresa del campionato si profilava delle più critiche.

A Roma infatti, squalificato Montuori ed essendogli venuti a mancare Gratton, Virgili e Prini, Bernardini era costretto a far scendere in campo una prima linea completamente inedita con Julinho, Scaramucci, Rozzoni (che aveva segnato due reti nella nazionale giovanile a Marsiglia), Taccola e Bizzarri.

Nonostante tutto, per battere la Roma bastava Julinho, che con una partita capolavoro galvanizzava tutta la squadra, conducendola alla vittoria e siglando lui stesso due reti spettacolose.

Prima partita di Coppa dei Campioni

Per il primo incontro di Coppa, la Fiorentina incontrava il 21 novembre al Comunale la squadra del Norkoeping, campione di Svezia. Uno striminzito pareggio, raggiunto da Bizzarri dopo che gli svedesi erano andati in vantaggio per primi, sembrava precludere ai viola la possibilità di continuare nel torneo. Tutto era rimandato alla partita di ritorno, che anziché svolgersi in Svezia, sarebbe stata disputata, per rinuncia della squadra svedese a godere del proprio fattore campo, all’Olimpico di Roma.

Nell’intervallo fra l’una e l’altra partita la Fiorentina intanto riusciva a battere il Genoa al Comunale con un rigore messo a segno da Cervato al 44′ della ripresa. Con questa vittoria la squadra viola raggiungeva al secondo posto in classifica la Sampdoria, costretta al pareggio interno dall’Atalanta, mentre il Milan, vittorioso a Torino contro la Juventus, manteneva il comando, distanziando gli immediati inseguitori di un punto.

Senza convincere, giocando piuttosto male, il 28 novembre la Fiorentina riusciva a battere all’Olimpico il Norkoeping nella partita di ritorno di Coppa, con un gol del rientrante Virgili.

Senza entusiasmare affatto, suscitando anzi più di una perplessità, la Fiorentina riusciva comunque alla meglio a restare a galla. La situazione era però seriamente valutata dai dirigenti viola che nel tentativo di sopperire alla mancanza di uomini, cercavano con insistenza sul mercato sudamericano di concludere l’acquisto di qualche oriundo, in cuor loro sperando che questo acquisto si rivelasse altrettanto fortunato come quello di Montuori. Si parlava in quei giorni di un certo Pepe (Del Santo), brasiliano, ma tesserabile a tutti gli effetti come oriundo, e dell’ala sinistra della nazionale paraguayana Silvio Parodi del quale si dicevano mirabilia e che poi purtroppo, acquistato, si rivelerà ben poca cosa.

Nonostante tutto, e in questo tutto includiamo pure il milione e mezzo a testa promesso da Lauro agli azzurri partenopei in caso di vittoria sui viola (così almeno si leggeva sui giornali), la Fiorentina riusciva a passare indenne anche al Vomero di Napoli. Il gol del Napoli veniva messo a segno dal sudamericano Moro debuttante nel campionato italiano con questa partita; quello della Fiorentina da Segato, che su calcio d’angolo batteva Bugatti da un metro. Altra interruzione del campionato per la partita Italia Austria a Marassi (vittoria degli azzurri per 2 a 1 e reti dell’esordiente Longoni) e quindi ripresa del campionato con la partita interna col Palermo.

Rientra in questa partita Gratton. Immediatamente la squadra sembra ritrovare tutta la sua geometria. I due sudamericani liberati dai compiti di copertura cui erano stati in qualche modo costretti dall’assenza di Gratton, ritrovano d’incanto tutta la loro verve e si scatenano, segnando due gol Montuori e uno Julinho. Solo Virgili sembra stentare a ritrovare lo smalto dei giorni migliori. Il pubblico, ingeneroso, lo fischia ripetutamente.

Pecos Bill ne soffre e a Raffaello Paloscia negli spogliatoi confiderà dopo la partita: «E’ vero che non ho fatto molto, ma non è questa la maniera di trattare un giocatore. Scriva pure che sono contentissimo: non della mia prova, ma di quella della squadra. Se ad ogni mia esibizione fischiata, corrisponde una vittoria della Fiorentina, sono pronto a farmi fischiare per tutto il campionato».

Dalle alte sfere della classifica, sempre capeggiata dal Milan con 16 punti, seguito dalla Fiorentina con 15, scompare la Sampdoria e vi si affaccia l’Inter che passa al terzo posto con 14.

E la domenica successiva ad affiancarsi ai milanisti rossoneri sarà proprio l’Inter, battendo la squadra viola a S. Siro e approfittando nello stesso tempo della sconfitta del Milan a Marassi contro la Sampdoria.

Nuova inversione di posizioni la domenica seguente. Mentre infatti perde l’Inter a Udine, il Milan batte il Genoa riconquistando il primato e la Fiorentina batte la Triestina ritornando nella scia dei rossoneri. E’ l’ultimo dell’anno. Le speranze di riconquistare lo scudetto sono ancora intatte. Sono giunti fra l’altro a rinnovare le speranze l’atteso Parodi e insieme a lui l’argentino Loiacono.

Una scelta infelice… e fatale.

Fra i due la scelta cade sul primo. Fu senza dubbio proprio questa scelta a pregiudicare la riconquista dello scudetto. Se al posto di Parodi fosse stato tesserato Loiacono, che nel frattempo veniva acquistato in comproprietà col Vicenza e tesserato per questa società, la Fiorentina quasi certamente sarebbe riuscita nell’intento di laurearsi campione d’Italia per la seconda volta. Mentre infatti Loiacono si rivelava nel Vicenza come giocatore di classe eccezionale e goleador pericolosissimo, Parodi si rivelerà per la squadra viola una desolante nullità.

Fino a questo punto la Fiorentina aveva subito tre sconfitte; tra queste, quella interna col Milan, che agli effetti della classifica si era rivelata la più deleteria. Se infatti questa partita si fosse capovolta, a guidare la classifica sarebbe stata la Fiorentina con 19 punti con un distacco di tre sul Milan.

Comunque, ad un punto dal Milan, il campionato era ancora tutto da giocare. Nella calza della Befana a Bergamo, la Fiorentina anche se non tutta cenere, tuttavia qualcosa di buono riusciva a cavarne fuori. A parte il pareggio, la squadra usciva dal Brumana sotto un dilagare di applausi. Non per il suo gioco, ma per un gesto cavalleresco del più semplice e leale giocatore che abbia calcato i campi di gioco: Miguel Montuori. Il quale, durante la ripresa, in un duello ai limiti dell’area di rigore col terzino Corsini, calciando con violenza il pallone, colpiva l’avversario in pieno volto. Il poveretto rimaneva lì per lì come accecato, e per Montuori si spianava la via verso la rete avversaria, Montuori invece si fermava, calciava deliberatamente la palla in fallo e correva ad abbracciare Corsini chiedendogli scusa. La folla che fino a quel momento non aveva certo dimostrato molta simpatia per i viola, scattava in piedi applaudendo freneticamente. «Sono gesti di cavalleria che solo i grandi atleti possono concepire. Montuori ha onorato lo scudetto». Questo il commento di Pegolotti sulla Nazione il giorno successivo.

La debâcle di Vicenza

A Vicenza invece la Fiorentina subiva un clamoroso 4 a 0. Era dalla primavera del 1955 (5-1 a Bergamo) che la Fiorentina non subiva un rovescio simile. Non era sufficiente a giustificare la sconfitta la mancanza di Julinho, sostituito da Parodi che debuttava così in maglia viola; erano il ritmo, la velocità e l’aggressività dei lanieri a frastornare i viola, molti dei quali sembravano addirittura assenti, tanto da suscitare nella stampa più di una recriminazione e accuse più o meno velate di menefreghismo.

Come spesso succede, la sconfitta di Vicenza aveva però l’effetto di una frustata. A farne le spese era il Padova di Rocco che, nonostante il supercatenaccio messo in atto al Comunale, doveva lasciare il terreno di gioco con tre gol nel sacco. Il rientro di Julinho si era dimostrato ancora una volta provvidenziale.

Sebbene su rigore, trasformato dal solito Cervato, la Fiorentina pareggia a Torino con la Juventus, e conclude il girone d’andata al secondo posto in classifica (21 punti), ma a quattro punti dal Milan, che nella stessa giornata, pur battendo per 4 a 2 il Vicenza, nel quale debuttava Loiacono mettendo a segno uno dei due gol vicentini, sembrava cominciare a dar segni di stanchezza.

Esplode la crisi

Purtroppo però se Messene piangeva Sparta non rideva. Si parlava di Milan in crisi e questa invece si manifesta apertamente nella squadra viola.

La vittoria sull’Udinese raggiunta al 90′ di gioco con un gol di Bizzarri, vivacemente contestato dai bianconeri friulani, aveva fatto temere quello che poi si verificava appieno a Roma nella partita con la Lazio. Non bastavano a giustificare il nuovo rovescio (3 a 0) l’espulsione di Segato e l’infortunio di Magnini, «La squadra viola è in balia della tempesta – scriveva Goggioli: – decimata dalla sfortuna, insufficientemente allenata, senza riserve pari alle necessità del momento» – Come si vede si metteva il dito nella piaga chiamando in causa allenatore e dirigenti. Eppure, nonostante questo procedere disastroso, la squadra si manteneva al secondo posto in classifica. Purtroppo però il Milan stava prendendo il volo: 4 erano ormai i punti che dividevano le due squadre. E dietro la Fiorentina incalzavano ad un punto Inter Sampdoria e Lazio.

Rabbiosamente, superando questa volta anche l’ostilità dell’arbitro Guarnaschelli, che al 2′ di gioco non concedeva un calcio di rigore per un fallo di mano di Ganzer che aveva fatto metter le mani nei capelli ai difensori granata, con una staffilata di Julinho la Fiorentina superava il Torino.

17 febbraio 1957. Fiorentina-Torino 1-0. Taccola ha diretto in rete a colpo sicuro, ma Rigamonti di piede riuscirà a deviare sul fondo

Ma a Ferrara, dove fino a quel momento mai aveva perso, la squadra incappa in una nuova sconfitta «Una partita – quella di Ferrara — che solo una grande squadra avrebbe potuto rovesciare imponendo la classe. Ma è ormai storia vecchia ripetere che la Fiorentina non è più una grande squadra e che la classe l’ha perduta non appena si è cucita la scudetto sulle sue maglie». Questo l’amaro commento di Nuto Innocenti.

Nella settimana successiva la Fiorentina superava il turno della coppa dei Campioni pareggiando a Zurigo col Grasshoppers battuto nell’andata al Comunale per 3 a 1.

Contro la Sampdoria si rivede in squadra Parodi che segna il suo primo gol in maglia viola.

3 marzo 1957. Fiorentina-Sampdoria 3-0. Il gol del paraguayano Parodi; Bardelli cerca invano di ricacciare di porta il pallone già al di là della linea bianca

A Bologna pareggio per 2 a 2. Un pareggio che equivaleva ad una vittoria in quanto la squadra aveva giocato praticamente in 10 per l’infortunio subito da Julinho al 6′ del primo tempo. Era stato Pavinato a stendere il brasiliano; e sebbene quest’ultimo dichiarasse a fine partita che il fallo era stato involontario, a tutti gli sportivi fiorentini quel fallo era apparso come una non troppo cavalleresca rivincita del terzino per le magre subite l’anno prima a Firenze nella partita col Vicenza. Ironia della sorte: era proprio lo zoppo Julinho che ad un minuto dalla fine metteva in rete con la zampa rimasta intatta (il sinistro) il gol del pareggio.

L’epilogo di una brutta avventura

Il sogno di poter lottare per lo scudetto naufragava in pieno la domenica successiva a S. Siro contro il Milan.

Priva di Julinho, la Fiorentina veniva sconfitta dai rossoneri per 2 a 0. Nove punti ormai dividevano la squadra viola dai futuri campioni d’Italia. «Siamo arrivati all’epilogo di una brutta avventura» commenta Befani dopo la partita. Un epilogo purtroppo inglorioso. Che il campionato non avesse ormai più niente da dire per i viola lo dimostravano le partite successive, anche se fra queste non mancheranno impennate d’orgoglio, come la vittoria di Genova contro il Genoa, quella clamorosa sul Napoli al Comunale e la vittoria conseguita a Palermo.

Dove la Fiorentina gettava tutte le sue energie era nella semifinale della Coppa. L’avversario era la Stella Rossa di Belgrado, forte del suo magico portiere Beara e del grandissimo, allora giovanissimo, Sekularac. Usufruendo del rientro di Prini la Fiorentina vinceva a Belgrado con un gol segnato proprio dall’ala sinistra e pareggiava a Firenze.

Belgrado 4 aprile 1957. Stella Rossa-Fiorentina 0-1. La vittoria che spianava l’ingresso alla finale di Coppa: Virgili vola sull’intervento di Tomic che resta a terra

La finale della Coppa avrebbe visto di fronte Fiorentina e Real Madrid al Chamartin di Madrid.

Conquistato il diritto di disputare la finale di Coppa, la Fiorentina tornava a dedicarsi al campionato con rinnovato impegno e batteva l’Inter di Frossi presentatasi al Comunale con un supercatenaccio tanto orripilante da far dire a Nuto Innocenti: «Troppi Frossi ci sono nel calcio italiano perché questo gioco non finisca, prima o poi, in burletta. Ieri siamo arrivati ad una farsa, una farsa in dialetto meneghino, che l’ultimo degli allenatori non avrebbe allestito e diretto con tanta balorda insipienza».

28 aprile 1957. Fiorentina-Inter 3-1. La sequenza finale del gol segnato da Montuori: scavalca Ghezzi in uscita con un pallonetto che poi riprende di testa collocandolo in rete

Purtroppo però come il campionato aveva il suo Frossi, la Nazionale aveva il suo Foni. E così, mentre solo pochi giorni prima la Fiorentina era riuscita a battere in terra jugoslava la Stella Rossa praticando il suo gioco, la stessa squadra (nove undicesimi), schierata in campo contro la Nazionale jugoslava a Zagabria secondo i dettami ultradifensivi di Foni, subiva un rovescio clamoroso: 6 a 1! Se la striminzita vittoria del Cairo di quattro anni prima aveva dato modo di creare la famosa definizione di « blocco dei brocchi », questa eclatante sconfitta serviva alla stampa per gettarsi ancora una volta con un livore degno di miglior causa contro i giocatori viola, «Pare strano – scrivevano in una lettera aperta alla Nazione tre noti fiorentini (Giannozzi, Gomez e Benedetto) – che ogni qualvolta la nazionale italiana subisce un rovescio, qualora in questa nazionale sia stato schierato un giocatore viola, la stampa se la prenda esclusivamente con lui. E’ successo nella famosa partita con l’Inghilterra a Torino, dove secondo la stampa l’artefice principale della nostra sconfitta non fu la chiarissima supremazia inglese bensì la prestazione deludente del viola Eliani, sta succedendo oggi dopo la sconfitta con gli Jugoslavi. Ancora una volta il «Caldwell» della nostra letteratura sportiva italiana (Gianni Brera), tranquillo e pacifico, si permette l’uzzolo di scrivere che i giocatori della nostra Fiorentina sono tutti di classe mediocre e che lui lo ha sempre sostenuto. Peccato però che non dica di aver sempre sostenuto anche le tattiche difensive di Foni che ci hanno portato a incassare sei gol a Zagabria ed a segnarne soltanto uno, ma su calcio di rigore!».

Purtroppo la nazionale doveva rivelarsi ancora una volta dannosa per la squadra viola. Avviliti e frastornati dalle feroci critiche i giocatori viola disputavano la loro peggiore partita dell’anno rimanendo sconfitti nell’incontro con l’Atalanta al Comunale, ed uscivano dal campo sotto un diluvio di fischi. «Un anno fa — scriveva Nuto Innocenti – lo stadio non conosceva che applausi, ieri i fischi soverchiavano invece ogni frastuono invitando ad una severa meditazione. Moralmente avvilita dal rovescio di Zagabria, la Fiorentina ha finito per soccombere umiliando un titolo che ormai più non le appartiene».

La partita per la qualificazione per la Coppa del Mondo disputata a Lisbona contro il Portogallo, nella quale dei nove viola di Zagabria trovavano posto solo Cervato e Chiappella, mentre gli altri venivano sostituiti da vari debuttanti come Posio, Bean, Pesaola e l’uruguayano Ghiggia, privava la Fiorentina, che il giovedì successivo doveva disputare a Madrid la finale di Coppa dei Campioni, anche di Chiappella.

30 maggio 1957 – R. Madrid-Fiorentina 2-0

Applaudita come poche volte era stato dato di vedere a Madrid, la Fiorentina usciva a testa alta dallo stadio Chamartin. Priva di Chiappella, sostituito da Scaramucci, per 70 minuti aveva resistito al furioso incalzare dei madrileni, mancando a sua volta, proprio con Julinho, al 9′ del primo tempo, una clamorosa occasione di passare in vantaggio. Al 24′ della ripresa, quando ormai sembrava che il Real Madrid stesse per accusare la fatica del durissimo incontro, l’arbitro olandese Horn decretava contro i viola un calcio di rigore. L’azione si era svolta così. Un rilancio di Marquitos aveva pescato Mateos in netta posizione di fuorigioco. Pronto e ripetuto sbandieramento del segnalinee e viola fermi in attesa del fischio dell’arbitro. Questi invece lasciava proseguire. Magnini allora, tagliando il campo in diagonale, raggiungeva Mateos in area di rigore e lo falciava senza pietà. Horn fischiava il calcio di rigore. Di fronte alle ripetute ed energiche proteste di Cervato, l’arbitro Horn si recava dal segnalinee per interpellarlo sul fuorigioco sbandierato. Dopo un conciliabolo piuttosto animato, durante il quale il segnalinee si rimangiava quanto in precedenza segnalato, la palla veniva messa sul dischetto del rigore e Di Stefano batteva Sarti. Spintasi come una furia all’arrembaggio per colmare il distacco, al 30′ la Fiorentina subiva il secondo gol ad opera di Gento e lasciava al Real Madrid quella Coppa, che con determinazione aveva inseguito. Ma dallo Chamartin il calcio italiano non usciva umiliato. Dimostrava anzi che a livello di Club, aveva una sua validità ed una consistenza molto più notevole di quella messa in mostra come nazionale, confermando ancora una volta che non mancavano gli uomini per raggiungere i traguardi ma che mancavano invece le idee in chi li dirigeva e che balorde erano le tattiche con le quali si volevano impostare le partite. Le formazioni scese in campo allo Chamartin furono le seguenti: Real Madrid: Alonso; Torres, Lesmes; Muñoz. Marquitos, Zarraga; Kopa, Mateos, Di Stefano, Rial, Gento.

Fiorentina: Sarti; Magnini, Cervato; Scaramucci, Orzan, Segato; Julinho, Gratton, Virgili, Montuori, Bizzarri.

Lo scudetto al Milan

Stancamente, dopo questo incontro, si concludeva anche il campionato italiano. Battuto il Vicenza a Firenze, nella partita in cui gli sportivi fiorentini, potevano ammirare per la prima volta Ramon Francisco Lojacono, autore fra l’altro del gol dei biancorossi, pareggiata la partita di Padova con una rimonta che dimostrava ancora una volta il carattere della squadra viola (da 0 a 2 alla fine del primo tempo, i gigliati riuscivano a terminare sul 2 a 2), la Fiorentina pareggiava con un nuovo 2 a 2 l’ultimo incontro di campionato con la Juventus al Comunale. Era Virgili a mettere la parola fine a questo anno disgraziato con uno splendido gol segnato al 90′ su rovesciata volante. Lo scudetto, che tutti all’inizio del campionato avevano pronosticato ben cucito ancora una volta sulle maglie viola, passava invece da queste su quelle rossonere del Milan.

16 giugno 1957. Fiorentina-Juventus 2-2. Duello aereo Mlontuori-Robotti

 

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