di LORENZO MAGINI – 32° puntata
tratto dall’originale stampato nel n° 4 Anno IV di Alé Fiorentina del Dicembre 1968
Vienna 21 agosto 1955
Sul campo del Prater, tante volte teatro di superbe prestazioni della squadra azzurra, molto spesso di amare delusioni, debuttava la nuova Fiorentina: nel quadro della Coppa Grasshoppers incontrava la squadra dell’Austria. Era il primo di tre incontri internazionali che, si sarebbero svolti nel termine di 20 giorni. Dei tre non fu certo il più entusiasmante; comunque il pareggio conseguito (2 a 2) era più che soddisfacente. Julinho e Montuori, debuttanti ufficialmente in maglia viola, offrivano una prova piuttosto modesta, dovuta più che altro all’ancora approssimativa condizione e al non perfetto affiatamento coi compagni di squadra. In poco più di dieci giorni, tanti erano stati quelli trascorsi dai due sudamericani ad Abbadia S. Salvatore, non c’era da pretendere di più. Questo 21 agosto 1955 è comunque una data storica: costituisce l’inizio di un periodo di imbattibilità della squadra che si protrarrà sino al 3 giugno 1956, sino cioè all’ultima partita di campionato che, come vedremo, i viola perderanno, complice l’arbitro Jonni, sul terreno di Marassi. In quegli stessi giorni dell’agosto, ci piace ricordarlo, la Fiorentina vinceva a S. Remo il torneo giovanile internazionale battendo in finale il Torino per 2 a 1. Il campionato 1955-56 non poteva presentarsi sotto migliori auspici!
4 Settembre: battuti gli Jugoslavi dell’Hajduk
Traboccante di folla in ogni ordine di posti lo Stadio Comunale applaudiva per la prima volta la sua nuova squadra, impegnata in amichevole contro l’Hajduk di Spalato, in quel tempo la squadra più popolare di Jugoslavia (qualche cosa come la Juventus dei tempi d’oro per gli italiani). Nelle sue file giocatori di grande valore internazionale come il fratelli Crcic, Vukas, Matosic. L’attesa per la prova dei viola era particolarmente viva. Infatti la clamorosa vittoria ottenuta nel maggio dalla nazionale jugoslava sull’Italia a Torino (4 a 0) aveva destato scalpore.
Come al solito, una volta sconfitti, ci eravamo affrettati a portare al settimo cielo l’avversario, con lo scopo, più o meno lampante, di mimetizzare gli errori marchiani commessi dai selezionatori della squadra azzurra. Questi infatti supinamente acquiescenti a sollecitazioni esterne, provenienti dalla stampa e da dirigenti di società, contro la Jugoslavia a Torino anziché schierare il sestetto viola lo si era smembrato chiamando a farne parte i soli Magnini e Chiappella e preferendo un Ferrario ad un Rosetta, un Giacomazzi a un Cervato, un Bergamaschi a un Segato; e per completare l’opera si era ricorsi allo schieramento di una prima linea che vedeva Pandolfini all’ala destra (!), Menegotti (!) in tandem con Pivatelli come interni, Boniperti e Frignani centravanti ed ala sinistra! E come al solito, proprio ai due viola si addebitarono in sede di commento le maggiori responsabilità della sconfitta. L’astio per il blocco dei brocchi non accennava a diminuire.
Che il calcio jugoslavo fosse buono, nessuno poteva negarlo, ma che fosse giunto addirittura al vertice dei valori europei questo no! E che non fosse quello che comunemente si voleva far credere, già la Fiorentina l’aveva dimostrato il 22 giugno a Zagabria, battendovi con una formazione di ripiego (priva com’era di Costagliola, Cervato, Rosetta, Segato, Gren e Gratton, sostituiti per l’occasione da Sarti, Capucci, Biagi, Orzan, Tassinari e Prini), la Dinamo nel quadro della Coppa Grasshoppers. Ancor più lo dimostrava il 4 settembre a Firenze nella partita con l’Hajduk giocata con questa formazione: Sarti; Magnini Cervato; Chiappella, Rosetta (Biagi), Orzan (Segato); Julinho, Montuori (Mazza), Virgili, Segato (Montuori), Gratton. Risultato: 2 a 0; marcatori Segato-Montuori.
L’impressione destata dalla squadra fu grande. Applausi scroscianti salutarono le azioni più travolgenti della partita, nelle quali, quasi sempre, l’orchestrazione veniva data dai sudamericani. Montuori siglava il secondo gol dei viola, Julinho tramutava in realtà le speranze suscitate nel luglio dalla notizia del suo acquisto. «Contro l’Hajduk – scriveva Baccani su La Nazione – Julinho si è presentato per quel grande giocatore che è; la sua assoluta padronanza della palla si è palesata ancora maggiormente nella velocità dell’azione nella quale il giocatore trova modo di abbinare al notevole scatto una chiara visione di gioco».
8 settembre: battuta la Dinamo di Mosca
Il giovedì successivo, per la prima volta, lo Stadio Comunale ospitava una squadra russa, Affacciatosi alla ribalta internazionale nel 1952 in occasione delle Olimpiadi di Helsinki, lo sport russo in pochi anni aveva fatto passi da gigante non solo nel campo dell’atletica, ma anche in quello del gioco del calcio. Per sempre migliorare aveva accettato il confronto con le migliori squadre europee: per questo il Milan, alla fine del campionato vittorioso conclusosi pochi mesi prima, era volato in Russia per alcuni incontri con le maggiori squadre sovietiche.
Fra queste la Dinamo di Mosca, che battuta sul proprio terreno nel mese di giugno dai campioni rossoneri, era riuscita quattro giorni prima a prendersi a S. Siro una clamorosa rivincita sconfiggendo gli avversari con un risultato a sensazione: 4 a 0. Autore dei quattro goal il suo centravanti Manedov.
La partita coi campioni di Russia rivestiva quindi per la Fiorentina un duplice significato. Primo: doveva dare una conferma definitiva del reale valore della squadra in campo internazionale; secondo: il confronto con la squadra sovietica sarebbe stato anche un confronto indiretto nei riguardi dei campioni del Milan, che i pronostici indicavano come i candidati più autorevoli alla riconquista dello scudetto.
Arbitro il danese Asmussen le squadre scendevano in campo nelle seguenti formazioni:
Fiorentina: Sarti (Toros); Magnini, Cervato; Chiappella, Rosetta, Segato; Julinho, Mazza (Montuori), Virgili, Montuori (Gratton), Gratton (Prini).
Dinamo: Jachin; Radionov, Kuznezov I: Zarev, Krjvewski, Sakolov; Scabrov, Fedesov, Manedov, Kuznezov II, Riskin.
Il risultato dell’incontro si cristallizzava sull’unico gol messo a segno da Virgili, ma poteva assumere più consistenza se Montuori non avesse fallito un calcio di rigore. Il risultato numerico non corrispondeva però all’effettiva superiorità dimostrata in campo dalla squadra viola. «La Fiorentina di giovedì scorso – scriveva Pozzo – ha sorpreso non solo i sovietici, i quali comprensibilmente si basavano sulla classifica del campionato della scorsa stagione nella valutazione degli avversari, ma anche i propri sostenitori, ed anche noi. Raramente abbiamo visto la squadra viola adattarsi in modo così pratico alle circostanze, plasmare con tanta prontezza ed aderenza il gioco proprio a quello dell’avversario. Ad un quarto d’ora dall’inizio delle ostilità, i viola già giocavano sulla stessa falsariga dei loro avversari. Questi operavano con la sfera a terra, ed essi pure. Questi non tenevano la palla più a lungo del necessario smistandola in piena corsa, ed essi pure. Pareva non avessero avuto bisogno che della ispirazione: perché, ad un certo momento, quello che avevano visto fare dall’oppositore riuscivano a farlo meglio ancora».
«Forse – commentava a sua volta Beppe Pegolotti sulla Nazione – al momento attuale nessuna squadra italiana ha raggiunto un tale grado di preparazione. I viola hanno dato una vera e propria dimostrazione di forza. E’ stato uno spettacolo coi fiocchi»; uno spettacolo che generava in tutti la certezza di avere alla fine quella grande squadra che da trent’anni attendevamo.
Nubi per il tesseramento di Julinho
L’esultanza per le due magnifiche vittorie contro titolate squadre straniere si attenuava nei giorni successivi per gli intralci, che sembravano insormontabili, relativi al tesseramento di Julinho. Secondo la legge Andreotti entrata in vigore per impedire l’afflusso di giocatori stranieri in Italia, la F.I.G.C. non poteva concedere il tesseramento se prima non avesse avuto il nulla osta dal Ministero degli Interni, il quale l’avrebbe concesso solo dopo lo esame dei documenti necessari all’ottenimento del visto di soggiorno incondizionato trasmessi dalle questure.
Tale documentazione, che principalmente doveva riguardare la discendenza sia pure lontana da un parente italiano, la questura di Firenze l’aveva inoltrata al Ministero già da diversi giorni. Ciò nonostante il nulla osta tardava a venire: forse si dubitava sul… nonno più o meno fantasioso. Giorni d’incertezza, di sordi rancori contro la burocrazia… illazioni gratuite (?) sull’intervento di alcune squadre del nord perché questo nulla osta non venisse concesso… discussioni a non finire… preoccupazioni… timori. Finalmente alla vigilia della prima partita di campionato il Ministero degli Interni concedeva il nulla osta «su conforme parere della Presidenza del Consiglio dei Ministri». La grande avventura incominciava con la squadra al completo.
18 Settembre 1955. Inizio in sordina
A Busto Arsizio contro la modestissima Pro Patria, beneficiata della permanenza in serie A dalla condanna per illecito sportivo decretata dalla Lega a carico di Udinese e Catania, la Fiorentina era chiamata a dare una conferma del momento magico del suo precampionato. Il compito sembrava dei più facili. Invece, fra la sorpresa generale, il 2 a 0 registrato dai viola al 2 della ripresa si tramutava al 90′ in un 2 a 2. Scalpore suscitava questo risultato nei commenti del lunedì: al pari di quello di Bergamo dove i campioni del Milan venivano sconfitti dai nerazzurri atalantini per 4 a 3. Per la Fiorentina però questa partita doveva rivelarsi di un’utilità determinante causa l’incidente capitato a Bizzarri verso la fine del primo tempo.
L’incidente capitato all’ala sinistra viola fu infatti la causa del rivoluzionamento tattico deciso in seguito da Bernardini: rivoluzionamento che dette alla Fiorentina quella fisonomia particolare di saldezza difensiva e nello stesso tempo di armoniosa geometria a centro campo.
Come infatti vedremo, dopo alcune partite giocate con Gratton all’ala e con Mazza mezz’ala, Bernardini deciderà di riformare il tandem di mezzali Gratton-Montuori e di lanciare nel ruolo di ala sinistra con compiti particolari di copertura il mediano Príni, creando quella cerniera a mezzo campo, fonte di gioco e baluardo difensivo quasi insormontabile. Contro i bustocchi Julinho presentava il suo biglietto da visita di fuoriclasse. Era il 2 del secondo tempo. Ricevuta la palla da Chiappella, Julinho immediatamente la porgeva a Virgili che gliela ritornava in zona centrale. Di colpo il brasiliano scattava in avanti spostandosi nel settore di destra con un guizzo travolgente e saltando Frascoli; costretto a deviare ancora sulla destra per l’improvviso pararsi davanti di Podestà, sembrava che dovesse toccare verso il centro dove nel frattempo si era incuneato Virgili; invece da posizione difficilissima, quasi a ridosso del palo della porta difesa da Oldani, tagliava la palla che s’incassava vicina al paletto opposto. Un gol stupendo, che suscitava un uragano di applausi da parte dei diecimila presenti sugli spalti. Era il primo gol di Julinho in maglia viola: un do di petto squillante e limpido come la sua classe.
Al biglietto da visita di questa classe eccelsa, faceva immediatamente riscontro quello della «tecnica burocratica dei terzini scarponi» (come la definiva Roghi), nella partita seguente col Padova. Ad appiopparlo sulla caviglia di Julio era il terzino Zorzin a 10 minuti dal termine, quando il brasiliano saltato tutto il dispositivo a triplice mandata messo in atto dall’allenatore Rocco, irrompeva in area patavina presentandosi davanti a Casari.
Zorzin non trovava altra via di uscita se non quella di brutalizzare l’avversario con una dura falciata tra l’urlo indignato della folla. Trasportato a braccia fuori dal campo, la Fiorentina, dopo aver realizzato col solito Cervato l’inevitabile calcio di rigore accordato dall’arbitro Moriconi, terminava praticamente l’incontro in dieci.
L’incidente per poco non si concludeva con un finale giallo. Ma a placare la folla inferocita s’incaricava l’infortunato il quale, zoppicando, andava incontro a Zorzin per perdonargli con una cordiale stretta di mano, il brutto fallo di cui era stato autore. Un gesto leale da autentico campione. Nonostante questo però il comportamento della squadra patavina suscitava lo sdegno anche nella stampa. «Occorre proprio augurarsi – scriveva Pegolotti – per il bene del nostro calcio, che il campionato non ci riservi più alcun esempio di quel gioco rabbiosamente difensivo, ostruzionistico e rinunciatario che il Padova è stato capace di far vedere al pubblico fiorentino». E Giordano Goggioli di rincalzo scriveva: «Quel che s’è visto ieri allo Stadio Comunale ha irritato i trentamila spettatori presenti, né saremo noi ad affermare che chi ha salutato la squadra sconfitta con sprezzanti bordate di fischi aveva torto o non aveva tutte le ragioni per farlo». Neppure le scarponerie però avrebbero fermato la squadra di quest’anno.
Crolla la Juve contro una grande Fiorentina
Con questo titolo De Vecchi, il «figlio di Dio», iniziava il suo commento alla partita Juventus-Fiorentina disputata al comunale di Torino e vinta dai viola per 4 a 0. E Vittorio Pozzo, facendogli da spalla così commentava questo sensazionale risultato: «E’ stato il gioco a giustificare il risultato. Il gioco e il differente comportamento delle squadre. Ha parlato la classe individuale dei singoli giocatori. Ha parlato in modo così chiaro, che hanno capito tutti. Ogni singolo uomo della Fiorentina ha soverchiato in tecnica ed in efficienza generale il suo diretto antagonista e colui che, in campo opposto, occupava la sua stessa posizione. Una verità che è comparsa in luce meridiana. Tanto che ognuna delle due compagini ha contribuito a far fare all’altra la figura che essa ha fatto, bella nell’un caso, brutta nell’altro… Se regge al ritmo con cui è lanciato al momento attuale, l’undici della Fiorentina dovrebbe dire la sua parola nella lotta per il primato. I mezzi per imporsi anche ad avversari molto più forti degli juventini di oggi, non mancano di certo alla compagine viola». Insieme a Julinho, a Torino si metteva particolarmente in luce Virgili autore di due gol e di due altri tiri respinti dai pali, mentre cominciava ad entrare nell’ingranaggio viola anche Montuori. L’unica sfasatura nella squadra si registrava invece nel settore sinistro, dove Bernardini a causa dell’infortunio di Bizzarri, aveva disposto sin dalla partita col Padova, Mazza a mezzo sinistro e Gratton all’ala sinistra con compiti di coordinare il centrocampo.
Questa sfasatura nel reparto sinistro dell’attacco appariva ancor più evidente nella partita interna contro l’Internazionale, combattuta sul piano agonistico fino all’esaurimento e conclusasi con un salomonico 0 a 0. Superiore sul piano tecnico, la Fiorentina si vedeva controbattuta su quello agonistico dai nerazzuri decisi ad una resistenza ad oltranza pur di rimanere imbattuti. Raramente gli avanti interisti erano riusciti a varcare la loro metà campo, cosicché sulla loro strada, gli avanti viola si trovavano di fronte una vera e propria muraglia, imperniata sul coriaceo Ferrario, ed un Ghezzi artefice di sensazionali parate. In questa partita si metteva definitivamente in luce Montuori: cominciava l’ascesa di Miguel verso i vertici di rendimento che lo porteranno diritto alla maglia azzurra.
Vittoriosa anche a Bologna
Due gol messi a segno quando ormai sembrava che il risultato potesse considerarsi chiuso sullo 0 a 0, permettevano alla Fiorentina di passare vittoriosa anche al Comunale di Bologna. In ambedue le reti ci metteva lo zampino Julinho. Nella prima, partito da metà campo, si beveva tutti gli avversari incontrati sulla strada e dal limite dell’area stangava a rete: palla respinta dal palo, intervento di Virgili e gol. Nella seconda rete, solita identica azione di Julinho che entrato in area si vedeva falciato da Ballacci prima del tiro: rigore e gol di Cervato. Tutto questo nel giro di due minuti: al 39′ e al 41′ della ripresa.
Due minuti fatali per il Bologna che fino a quel momento aveva tentato l’arrembaggio nel tentativo di sorprendere la retroguardia viola e passare in vantaggio. Il centrocampo della Fiorentina questa volta non aveva accusato né sbandamenti né squilibri. Portato Gratton nel suo ruolo naturale di mezzala destra, Bernardini aveva dato a Montuori la maglia n. 10, ed aveva inserito all’ala sinistra Prini. Tutta la geometria della squadra si trasformò per incanto. Giostrando sulla destra, Gratton serviva come punto di appoggio a Julinho e Virgili coprendo interamente sulla destra quella terra di nessuno di cui abbiamo parlato precedentemente; sulla sinistra la zona di centrocampo che rimaneva scoperta dall’avanzamento di Montuori veniva coperta da Prini che in fondo era un mediano. L’arretramento di Prini permetteva nello stesso tempo le frequenti proiezioni in avanti di Segato, creando in continuazione un moto pendolare che completava il raccordo difesa attacco. E sarà proprio questa nuova impostazione di gioco che farà della Fiorentina la più razionale e pratica squadra del campionato, e che gli permetterà di raggiungere il più luminoso traguardo verso una prestigiosa serie di record. Ma di questo la stampa specializzata non si rendeva conto; non si credeva ancora a questa Fiorentina così organica.
Un giornalista del Calcio Illustrato commentando la partita col Bologna tranquillamente affermava: «La Fiorentina può essere considerata l’aspirante numero 2 allo scudetto? La Fiorentina di oggi non può vincerlo specialmente per quanto riguarda l’attacco». (Enzo Torrealta).
Come spesso succede, questo signore, in verità un tantinello sfasato nei giudizi, veniva immediatamente contraddetto la domenica successiva. Contro l’Atalanta a Firenze la Fiorentina metteva in mostra proprio il suo attacco; e proprio un collega del signore sopracitato s’incaricava dalle colonne dello stesso settimanale di metterlo in risalto. Scriveva infatti Nuto Innocenti: «La partita con l’Atalanta, insieme ad un vittoria largamente scontata e prevista, ha messo in luce, forse ancor più che a Bologna contro i petroniani di Cappello, le qualità positive dell’attacco viola, che di giorno in giorno va registrando i suoi ingranaggi agli ordini del prestigioso Julinho il quale ha offerto ai trentamila spettatori in delirio un nuovo entusiasmante spettacolo. Con una azione personale il taciturno brasiliano travolgeva tutto e tutti da destra a sinistra, da sinistra al centro concludendo la pirotecnica manovra con un tiro imparabile. La Fiorentina è in fase di continuo progresso; anche se il suo rendimento in qualche settore non è ancora perfetto».
Più dura la partita esterna di Vicenza. Un campo sempre difficile per i viola si rivelerà in seguito il Menti. Pur tuttavia, anche giocando decisamente al disotto delle sue possibilità la Fiorentina conservava la sua imbattibilità anche contro il Lanerossi. «Pretendere tutti i giorni… pernici da una squadra, è senz’altro eccessivo e una giornata di scarsa vena è cosa naturalissima; siamo però dell’avviso che la deludente prestazione dei viola oggi, più che altro, sia da attribuirsi alla sbalorditiva partita giocata dal Lanerossi»: questo il commento di Boccali. Comunque questo pareggio permetteva ai viola di agguantare al vertice della classifica la Inter, che a Genova, contro la Sampdoria, subiva la prima sconfitta del campionato.
6 novembre. In fuga solitaria sino al traguardo.
Sola al comando della classifica la squadra viola la domenica seguente. Mentre infatti dopo 84 minuti di gioco Montuori riusciva a far saltare il catenaccio dei granata torinesi, ripetendosi due minuti dopo, l’Inter perdeva la partita casalinga con la Lazio. La Fiorentina diventava da quel momento la lepre da inseguire. Invano da questo momento si cercherà da parte delle inseguitrici di raggiungere la squadra viola. Invano si tenteranno di creare situazioni di disagio per l’accordato tesseramento di Julinho e si costringerà la Federazione a concedere il tesseramento di giocatori stranieri (Vonlanthen all’Inter).
Nessuno riuscirà più a raggiungere la squadra viola che col proseguire del campionato sempre di più aumenterà il suo distacco fino a concludere la sua solitaria galoppata con ben 12 lunghezze di vantaggio sul Milan secondo classificato.
(Foto dall’album di Aldo Polidori)