Storia dell’A.C. Fiorentina

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di LORENZO MAGINI – 22° puntata

tratto dall’originale stampato nel n° 4 Anno III di Alé Fiorentina del Dicembre 1967

Arriva il “Sergente di ferro”

A commento dell’ultima partita del campionato 46-47 disputata a Bologna e nella quale la Fiorentina conseguiva quel punto che le permetteva di rimanere in A, Beppe Pegolotti così scriveva: «… Poi i cinque minuti di passione. Unghie rosicchiate, fazzoletti lacerati, sudori freddi, sguardi continui al cronometro. Infine si aprirono le cateratte della contentezza. Brava, la povera Fiorentina, brava. Però ci auguriamo che nel prossimo campionato possa arricchirsi un po’. La massa degli sportivi viola desidererebbe soffrire un po’ meno nella stagione 47-48. E la città non può dichiararsi soddisfatta di continuare a vincere una lotta eterna con la retrocessione…».

Di questo se ne rendevano conto gli stessi dirigenti. Cassi passava la mano ad Allori e inoltre alla società sportiva se ne aggiungeva un’altra: l’Anonima. Questa doveva provvedere a reperire i fondi necessari alla società sportiva per tutte le spese di gestione. Era il primo tentativo fatto nel campo dello sport per rendere quest’ultimo conforme alle necessità dei nuovi tempi. Poco ortodosso se si vuole, ma che inizialmente dette i suoi frutti. Fu un seme gettato là sul terreno. Ebbe poca vita ma non morì. Molti anni gli ci vollero per germogliare, ma oggi le S.p.A. sono una realtà anche se da un punto di vista puramente affettivo e sportivo l’anonima di Cassi Antonini e Dei era forse più desiderabile di quelle odierne.

La prima iniziativa presa da Allori fu quella relativa alla conduzione tecnica e organizzativa della società. Ed ecco arrivare a Firenze un binomio che per diversi anni si rivelerà come il più perfetto che mai abbia avuto la società viola: Ferrero-Ugolini. Come d’incanto, pur nelle inevitabili traversie che affliggevano il calcio italiano, la Fiorentina risorge a nuova vita. Ugolini ne diventa il timoniere organizzativo, lucido, preveggente. Ferrero comincia la sua opera di ricostruzione della squadra. Ben tre allenatori si erano succeduti nel campionato precedente: Ara, l’ungherese Senkey, Renzo Magli. Ferrero rimarrà alla Fiorentina fino al 1952, costruendo pezzo per pezzo quel blocco difensivo viola sul quale poi Bernardini con due sostituzioni (Sarti al posto di Costagliola e Segato al posto di Magli) costruirà il meraviglioso undici dell’unico scudetto viola.

Veniva dal Torino. Alla scuola di due grandissimi allenatori come Erbstein e Lieveslev aveva appreso i segreti più reconditi di come s’imposta una squadra e di come la si guida. Duro per natura, da buon piemontese, lo era prima con se stesso che coi suoi atleti. «Sergente di ferro» fu immediatamente soprannominato: come i famosi sergenti delle pellicole di guerra americane che già avevano cominciato a circolare in abbondanza sui nostri schermi. Pugno di ferro e grande umanità erano le sue doti naturali; conoscenza del mestiere e infaticabilità nell’espletamento del suo lavoro ne fecero uno degli allenatori italiani più in vista del suo tempo.

L’assemblea di Perugia.

Il 27 luglio del 1947 si riunivano a Perugia i rappresentanti delle 20 società di serie A e delle 60 di serie B. L’assemblea doveva discutere e ratificare il nuovo regolamento organico. Ma questa ratifica, urgente e necessaria, passò quasi in secondo ordine. La lotta divampò feroce invece per un altro motivo. Al termine del campionato 46-47, dovevano retrocedere in serie B secondo le deliberazioni dell’assemblea di Firenze dell’anno prima, tre squadre. Il responso del campionato era stato: Brescia, Venezia, Triestina.

Su quest’ultimo nome s’accese la battaglia. Trieste in quei giorni era al centro della nostra vita politica nazionale; nel cuore di tutti c’era ancora la speranza che potesse rimanere unita alla madrepatria. Giocando su questo, i dirigenti della società sportiva chiesero di rimanere in serie A. Accese discussioni durate per più di 12 ore consentivano alla Triestina di spuntarla nella sua richiesta. Alle tre compagini ascese nella A dalla serie inferiore si aggiungeva quindi anche la squadra rosso alabardata: il campionato avrebbe quindi visto al via ben 21 squadre. Quaranta sarebbero state le partite del prossimo campionato!

Quanto alla ratifica del regolamento organico (74 articoli) la fretta con la quale fu sbrigata denotava ancora una volta quanto superficialmente venissero fatte le cose. «Il lavoro ha dovuto essere fatto alla svelta – scriveva Vittorio Pozzo sula Nazione — che i delegati stanchi e sfiniti stavano andandosene uno a uno: per poco che si fosse continuato, a base di successivi squagliamenti alla chetichella, il presidente dell’assemblea sarebbe forse rimasto solo con l’usciere, al quale sarebbe stato conferito l’onorifico incarico di spegnere la luce». Anche questa volta, la demagogia e il falso nazionalismo prende vano decisamente il sopravvento sulla serena valutazione dei fatti e delle necessarie riforme.

L’anno di Moro.

Dal Treviso per sostituire la delusione Eberle giungeva a Firenze Giuseppe Moro: un grandissimo portiere dalle mani a corrente alternata e dai voli felini e plastici insieme. Palloni impossibili afferrati con balzi da tigre, palloni innocui che passavano addirittura tra le gambe. Molte partite utili porteranno la sua firma, diverse sconfitte… pure. Uomo strano nella vita, spendaccione anziché no; spesso e volentieri rifletteva questo suo carattere la sua condotta in campo.

Genio e sregolatezza: tale il portiere Moro dallo stile inconfondibile e molto spesso dalla luna storta.

Insieme a Moro giungevano a Firenze l’aquilano Acconcia proveniente dal Catanzaro, Compiani (figlio del Compiani portiere del Milan degli anni 30-35) dalla Torrese, Colussi dal Cervignano, Margonari dal Mantova. Si era parlato di un ritorno di Menti in maglia viola e trattative intercorse tra la società viola e quella granata. Quest’ultima però sparava una cifra talmente alta da far naufragare ogni possibilità d’intesa. La Fiorentina per il momento rimaneva ancorata per i suoi acquisti al prodotto nazionale. Altre società si erano invece orientate su quello straniero. La campagna acquisti però si svolgeva tra notevoli difficoltà. Scriveva Vittorio Pozzo: Acquisti. Due fonti: una italiana, l’altra estera. Piuttosto arida quella italiana, proprio per quella povertà tecnica generale che caratterizza il momento che attraversiamo. Di veramente buono, di ottimo, v’era poco o nulla sul mercato, e quel poco che v’era, aveva, per ragioni commerciali, assunto prezzi iperbolici. La ridda di milioni per giocatori di modesto valore è stato uno dei fenomeni tipici – e meno simpatici — di questa campagna acquisti. Parole poco gradevoli per i dirigenti, prima ancora che per i giocatori, occorrerebbe pronunciare a questo riguardo, se lo spazio lo consentisse. Giorno verrà, v’è da augurarselo per il bene dello sport, per il bene del nostro paese in genere, in cui si tornerà a rispettare il denaro che si ha nelle mani. Ed allora non lo si sciuperà più. Allora la situazione cambierà e con meno soldi in giro migliorerà forse anche la tecnica, la quale è troppo amica della serietà per fiorire in certo ambiente. Disseccata presto la già arida fonte italiana, rimaneva l’estero come sorgente cui attingere. L’anno scorso la campagna acquisti oltre frontiera era stata, generalmente parlando, un fallimento. Quest’anno si ha l’impressione che qualcosa di meglio sia stato fatto. Speriamo che l’esperienza abbia insegnato qualcosa. La riprova la daranno i campi di gioco».

In realtà elementi di valore stranieri affluiranno quest’anno a rinsanguare il campionato italiano: come gli ungheresi Sarosi III, Mike, Zsengeller, Arpas, Toth e Voros, il peruviano La Paz, l’argentino Pesaola. Ma principalmente si metteranno in luce elementi nazionali come Boniperti, Antoniotti, Carapellese, Rosetta, Lorenzi, Bertuccelli, Giovannini, Bassetto.

Il campionato più lungo.

Il via al campionato più lungo della storia del nostro calcio veniva dato il 14 settembre. La Fiorentina, per i noti incidenti della partita col Genoa del campionato scorso, aveva avuto squalificato il campo per due giornate. Il reclamo presentato contro la squalifica aveva ottenuto soddisfazione e la squalifica era stata ridotta ad una sola giornata. La prima partita interna della Fiorentina contro la Roma si svolse nel famoso «catino» di Siena. Esodo in massa verso la città del Palio di tifosi fiorentini in una splendida giornata d’autunno. L’attrazione era Moro. E Moro mostrava ai tifosi viola il suo biglietto da visita con tre parate da fantascienza volando da palo a palo su tre tiri di Amadei Schiavetti e Pesaola, l’ala argentina di cui Pegolotti scriveva il giorno dopo: «è un tombolotto ben pasciuto, con cosce rigogliose e il torso forte, un ragazzotto di quelli che si possono immaginare nel ruolo di mozzo di bordo». Solo a 30″ dal termine Bortoletto trovava la maniera di battere Risorti deviando di piatto un centro rasoterra di Badiali.

Badiali: la non eccelsa ma utilissima mezzala viola che nel campionato successivo passerà alla Spal per riaverne Pandolfini
14 settembre 1947. Fiorentina-Roma 1-0. Il gol di Bortoletto a 30” dal termine della partita disputata nel famoso “catino” di Siena.

La linea d’attacco non aveva soddisfatto. Ecco Allori correre ai ripari con una trattativa col Bologna. Già precedentemente si era avuta con la società felsinea lo scambio tra Gritti e Valcareggi. Ma all’occhio di Ferrero non era sfuggito uno studente universitario che giocava nelle riserve del Bologna. Tecnica e tocco erano molto relativi in lui, ma il senso del gol l’aveva nel sangue. Fu così che Galassi venne a Firenze. Discusso, osannato, bistrattato a seconda delle giornate e dei palloni messi a segno o persi in modo puerile. Fu comunque il miglior realizzatore della squadra viola: 53 gol in soli tre anni di permanenza in maglia viola! Solo Hamrin potrà dire in seguito di aver fatto meglio.

21 settembre 1947. Modena-Fiorentina 1-1. Debutto e gol di Galassi. E’ il primo gol messo a segno in maglia viola dal tanto discusso centravanti.

Galassi debuttava a Modena ed era lui a siglare il gol del pareggio conseguito dalla squadra viola.

Un pubblico da partita internazionale assisteva la domenica successiva alla partita dei viola col Milan che quell’anno si presentava come l’antagonista più qualificato del Torino. Per la prima volta Carlino Piccardi giocava sul campo della Fiorentina senza indossarne la maglia. La Fiorentina disputava forse una delle sue più belle partite del campionato. Il Milan andato in vantaggio dopo solo tre minuti con un gol di Annovazzi. Per nulla scossi incitati da un tifo infernale, con calma reagivano alle sfuriate del Milan, col solito Moro in evidenza, passando poi al contrattacco e dominando infine l’avversario con una sicurezza sbalorditiva. «Questo Moro – scriveva Pegolotti – finirà per lo meno assessore comunale. Mi pare già di vederlo. Anche ieri è stato il beniamino, tutta la città ne parla…. Sulle ali della vittoria non c’è scritto solo il nome del giovanotto di Treviso. Nemmeno per sogno. Su quelle ali c’è scritto «Fiorentina» perché, e qui sta il bello, la vittoria appartiene a tutta la compagine che, presa in blocco, ha sostenuto agevolmente l’urto di una forte avversaria, l’ha imbrigliata, l’ha ridotta al suo volere. E, badiamoci bene, il Milan non è la Roma» Bastava vedere infatti di quali uomini si componeva l’undici rossonero: Tognon, Degano. Annovazzi. Raccis. Puricelli e su tutti Carapellese,

28 settembre 1947. Fiorentina-Milan. Su tutti svetta la testa di Suppi invano contrastata da Tognon. E’ il gol della vittoria sul Milan.

Sembrava l’inizio di un volo. Tante: speranze tornavano a rifiorire. Ma a Busto contro i tigrotti della Pro Patria guidati dall’esperienza del quarantenne Reguzzoni e dalla vitalità del non ancora ventenne Antoniotti, ricompariva sul campo il vecchio fantasma della Fiorentina del campionato scorso. E in quel grigiore Gei trovava il modo di farsi espellere rifilando al terzino Patti un pugno da k.o.

Esultanti intorno a Ferrero i viola dopo la vittoria sul Milan.

Nonostante questa battuta d’aspetto 28.000 persone assistevano la domenica successiva alla partita col Napoli che veniva battuto da un gol di Galassi. Contro la Lucchese ritornata agli onori della serie A dopo tanti anni faceva il suo debutto stagionale Valcareggi. Nelle file rossonere giocava a centravanti Roffi, l’ex livornese che tante speranze aveva suscitato al suo apparire sulle scene calcistiche due anni prima, e che poi in seguito doveva deludere atrocemente il suo più grande estimatore, quell’Aldo Bardelli che lo aveva lanciato nelle file della Pro Livorno subito dopo il passaggio della guerra. La prova offerta dai viola fu quanto mai deludente. Moro in giornata no fu graziato di un passivo più sostanzioso di quello registra tosi alla fine del 90′ di gioco dall’imprecisione degli avanti rossoneri. Nella linea d’attacco addirittura indisponente la prova di Bollano verso il quale poi la società prendeva il provvedimento della sua esclusione a tempo indeterminato di tutti i premi partita.

Bollano, jolli della squadra, detto “testina d’oro”; finirà la sua carriera in una squadra francese.

A titolo di curiosità noteremo che in quello stesso giorno 18 aprile sul prato dello Stadio comunale esibirono le loro pedatorie virtù e le vistose forme le due squadre femminili di Trieste e di Genova. Vinsero quest’ultime con due gol della Formaggio, una diciassettenne assai brava come calciatrice e … appetitosa più del parmigiano.

Le barricate erette davanti alla porta di Masci, autore fra l’altro di superbe parate, fecero sudare le proverbiali sette camicie per aver ragione del vianema della Salernitana. Toccò a un terzino (Eliani) infrangere il sogno dei campani di ritornarsene imbattuti a Salerno. Dopo sette partite disputate la Fiorentina pur alternando prove di tutto rilievo ad altre piuttosto scialbe era terza in classifica dietro Milan e Torino.

Bellissima la partita seguente col Livorno allenato da Magnozzi. Reagendo con animo e con coraggio alla tegola capitatagli tra capo e collo in seguito all’invasione di campo avvenuta il 12 ottobre in occasione della partita Livorno-Milan (squalifica del campo per tutto il girone di andata!) il Livorno impegnava severamente la squadra viola e riusciva a lasciare il Comunale imbattuto dopo essere andato in vantaggio per primo.

Debâcle azzurra.

Il 9 novembre la nazionale azzurra scendeva ancora una volta su quel Prater reso famoso nel passato dalle prodezze di Sindelar e di Meazza.

Non ancora del tutto convinto della bontà del «sistema», che anche nel campionato italiano non era stato da tutti accettato, Pozzo varava una formazione ibrida con giocatori provenienti da squadre ancora metodiste e altre sistemiste. A parte il differente linguaggio parlato dai diversi azzurri, la debâcle fu dovuta molto alla cattiva giornata di Sentimenti IV che si faceva battere da ben tre tiri da oltre 25 metri (uno addirittura da 40). L’unico gol messo a segno dagli azzurri portava la firma del diciassettenne Boniperti: un giocatore che lascerà il segno nella storia del nostro calcio.

Alla ripresa del campionato mentre la Fiorentina si recava a Bari e vi rimaneva sconfitta per 1 a 0 a Firenze, a causa della squalifica del campo di cui abbiamo detto prima, il Livorno incontrava l’Inter nelle sui file giocava «Veleno Lorenzi». Grande pubblico e bella vittoria degli amaranto. Nonostante il suo grande impegno Veleno non riusciva a piazzare nessuna «ciliegina».

Sempre il campo del Comunale vedeva il debutto nelle file dei rossoblù bolognesi dell’ungherese Mike, fatto giungere a Bologna dal connazionale Sarosi III, l’anziano ma sempre grande centromediano. Grosso per natura ed ancor di più per mancanza di condizione, Mike si faceva notare solo per qualche tiro potente; brillavano invece di viva luce il suo compagno Sarosi e il funambolico Cappello che siglava con un gol alla sua maniera il pareggio dei rossoblu. Dopo la sconfitta di Trieste (solito 1-0) la Fiorentina godeva del suo turno di riposo il 7 Dicembre.

Firenze però non rimaneva senza spettacolo calcistico. Il Livorno incontrava a Firenze la Lazio: risultato 0 a 0. Per rendersi conto della confusione d’idee tattiche esistenti nel campionato italiano in quei tempi ci piace riportare il commento a questa partita fatto da Pegolotti sulle colonne della Nazione: «Avanti di questo passo e verrà un giorno in cui, dopo esserci deliziati con «sistema» «mezzo sistema» «un quarto di sistema » e via dicendo, vedremo allinearsi le squadre con sette uomini sulla linea dei pali e altri quattro vaganti all’impazzata in area di rigore. Sarà uno spettacolo delizioso, né mancherà, in questi tempi di aberrazione, il critico che ne canterà le lodi». E più oltre: «Gli allenatori attuali (alcuni almeno) hanno le loro brave colpe. Riducono i giocatori a delle ombre, a dei fratelli siamesi degli avversari da controllare. Ne fanno in definitiva dei carabinieri rigidi ad un regolamento, tolgono ad essi ogni spirito di iniziativa. Arrestare per arrestare, la squadra calcistica dell’Arma, se un giorno scenderà in campo, si fregerà dello scudetto». Parole che oggi, a quasi vent’anni di distanza, hanno una loro attualissima e completa validità.

In occasione dell’incontro internazionale Italia-Cecoslovacchia disputato a Bari e che segnava un ritorno immediato alla vittoria anche perché Pozzo ritornava a schierare ben otto granata del Torino, la Fiorentina incontrava in amichevole la squadra del Wiener Sporklub di Vienna, nella quale l’ala destra Bickel e il centravanti Épp (due nazionali che avevano fatto parte della squadra nazionale austriaca che aveva dominato gli azzurri) furoreggiavano in lungo e in largo.

La partita con l’Alessandria nonostante un rigore sbagliato da Bollano sull’1 a 1, si concludeva felicemente per i viola con un gol segnato negli ultimi minuti da «baffo» Marchetti.

L’ala destra Marchetti: “baffo” per i fiorentini.

Il primo punto in trasferta la Fiorentina lo conquistava a Genova contro la Sampdoria il 29 dicembre, giorno in cui si spengeva ad Alessandria d’Egitto tra l’indifferenza generale degli Italiani Vittorio Emanuele III.

Sterilità dell’attacco.

«La Fiorentina è un edificio a basi salde – la difesa — ma non ha tetto – l’attacco. E’ logico che qualche volta ci piova dentro, anche abbondantemente. La squadra è ben preparata, è veloce, fa bel gioco, ma all’attacco non conclude: manca di stoccatori». Così commentava Pozzo il 5 a 0 subito dai viola a Torino contro i campioni d’Italia. Tra le 21 squadre partecipanti al campionato la Fiorentina era la squadra che aveva segnato meno di tutte: prima della partita col Torino era bensì la seconda difesa del campionato dopo quella del Torino (8 reti subite i granata, 9 i viola), ma il suo attacco era distanziato di ben 10 reti dall’attacco della squadra che aveva segnato di meno!

Era questo l’assillo di Ferrero. Comunque prima della fine del campionato, per lo meno in gran parte, riuscirà a dare un riuscirà a dare un volto più consistente anche alla linea d’attacco. Nel frattempo, sia pure col solito solitario gol veniva battuta al Comunale l’Inter. Ma di nuovo a Torino contro la Juventus la sconfitta fu piuttosto sostanziosa. Eppure la partita aveva avuto inizialmente anche uno sviluppo favorevole per i viola. I bianconeri infatti, quando le squadre erano sullo 0 a 0, perdevano al 40′ del primo tempo Parola. Cosa volesse dire il centromediano bianconero per tutta la compagine è facile immaginarlo. Purtroppo però un’autogol di Eliani nei primi minuti della ripresa dava il via al serrate finale dei bianconeri che altre due volte andavano in gol con Kincses e Boniperti.

La formazione tipo della Fiorentina 47-48. Galassi, Furiassi, Valcareggi, Suppi, Acconcia, Badiali, Moro, Eliani, Magli, Marchetti, Avanzolini.

L’imbattibilità del campo fiorentino continuava anche contro l’Atalanta che da ben sette domeniche non conosceva sconfitta. La domenica successiva contro la Lazio: finalmente «una sbornia di goals.

18 gennaio 1948. Fiorentina-Atalanta 2-0. Galassi batte Casari su preciso allungo di Badiali; è il secondo gol dei viola.

Sei volte il povero Gradella ha dovuto curvarsi per raccogliere la palla in fondo alla rete, a rischio di buscarsi un mal di schiena. L’arbitro gliel’ha perdonata due volte, va bene, forse perché è un uomo di cuore e non voleva farlo troppo soffrire. Per questo soltanto il punteggio della Fiorentina porta un quattro anziché un sei» (Pegolo Sullo slancio di questa netta vittoria la Fiorentina riusciva ad agguantare la sua prima vittoria esterna sul campo del Genoa. Nonostante che fossero rimasti in dieci per un infortunio ad Acconcia, la Fiorentina riusciva a portare a termine vittoriosa l’incontro anche per una miracolosa parata di Moro a quattro minuti dalla fine su un’incornata di Bergamo che già aveva fatto gridare al gol i tifosi genoani. Nonostante il ricordo degli incidenti avvenuti l’anno precedente a Firenze i tifosi genoani mandarono giù con dignità la sconfitta: la superiorità dei viola era stata troppo chiara e indiscutibile. L’entusiasmo suscitato da questa bella impresa si affievoliva immediatamente la domenica successiva. I 20.000 tifosi accorsi allo stadio per applaudire i reduci di Genova rimanevano esterrefatti davanti alla prova data dai viola contro il Vicenza che violava il Comunale. Con questa sconfitta si chiudeva il girone di andata. La Fiorentina lo concludeva al settimo posto con 22 punti, 20 gol fatti e 21 subiti.

11 aprile 1948. Livorno-Fiorentina 2-2. Il meraviglioso gol di Galassi segnato al 4′ del primo tempo. Nonostante il tuffo splendido Merlo niente può fare contro la saetta del perugino.

(continua)

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