Quelle creatività e ironia tutte fiorentine

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In un articolo pubblicato nel numero 7 della rivista (clicca qui per leggere l’articolo), veniva dato annuncio di una iniziativa riguardante gli striscioni dei Viola Club presenti allo stadio. In pratica gli stessi venivano fatti tutti nuovi e tutti identici per misure, caratteri e tonalità di viola, con il nuovo logo della società. A differenziarli per fortuna i simboli del singolo club.

Come dice giustamente il Vicepresidente Fabio Fallai, l’iniziativa tende a far sì che tutti i Viola Club siano rappresentati al Franchi, e permette di sostituire striscioni in qualche caso un po’ consunti. Ma al tempo stesso toglie un po’ di romanticismo a scapito di una certa omologazione.

Quest’ultima, non solo allo stadio fiorentino, rischia di prendere il sopravvento anche a causa delle norme sugli striscioni dei tifosi, che evitano ogni riferimento alla violenza ma salvaguardano ferocemente anche il “politicamente corretto”. È quest’ultimo un concetto che magari si pone obiettivi a volte condivisibili ma che molte altre reprime la geniale creatività dei tifosi, che si materializza appunto in striscioni e “due aste”.

La storia del tifo viola è piena di perle indimenticabili, e in questo numero ne vorremmo proporre alcune, recuperate grazie alla memoria e alla lettura di un saggio davvero interessante pubblicato a cura di Nicola Guerra nel 2013 nel volume 74 de “L’Italia dialettale. Rivista di dialettologia italiana”.

LA PARLATA FIORENTINA COME ELEMENTO IDENTITARIO

La maggior parte degli striscioni allo stadio, soprattutto quelli che più colpiscono l’attenzione, sono scritti in vernacolo fiorentino. Quest’ultimo si può considerare diverso da un dialetto, che è caratteristico di determinate (e a volte ristrette) aree geografiche, e che si differenziano in modo più o meno evidente dalla lingua italiana. Il vernacolo fiorentino invece se ne discosta marginalmente, per il fatto che è stato proprio il parlare di Firenze ad originare l’italiano. Spesso sono solo modifiche di articoli e preposizioni, tanto è vero che se leggete i commenti dei tifosi avversari, questi intendono evidenziare errori grammaticali in realtà inesistenti.

Certo, lo striscione si potrebbe scrivere anche in italiano “puro” ma col vernacolo si vuol rimarcare una forte identità, accompagnata talvolta da un senso di superiorità.

IL GENIO FIORENTINO

Senza ombra di dubbio gli ideatori di certi striscioni, in quanto a genialità, si dimostrano degni eredi dei loro antenati del Rinascimento.

Come dimenticare il mitico “VOI COMASCHI NOI COLLE FEMMINE” esposto al Sinigaglia di Como, durante una trasferta dei primi anni ’80? Si faceva riferimento all’inizio di questo articolo al potere soffocante del politicamente corretto: chissà se questo nemmeno tanto velata “accusa” di omosessualità nei confronti della tifoseria avversaria sarebbe stata possibile oggi…

Un po’ di innocente maschilismo si trovava in altre frasi, che però non risultavano mai offensive. Nella stagione 1989-90, per esprimere insofferenza verso l’allora allenatore viola, un due aste recitava “GIORGI SI MA ELEONORA, e in tempi più recenti durante una trasferta in Campania ecco un eloquente “SALERNO SOLO SABRINA”.

Sempre comunque emerge il graffiante spirito fiorentino, racchiuso spesso in pochissime parole. Per rendere l’dea di come sia disprezzata la Juve da queste parti in curva fu esposto un “SIETE PIU’ BRUTTI DELLA MULTIPLA” che esprimeva al tempo stesso una non evidente e burlesca critica all’estetica di un modello FIAT del tempo.

Più elaborato il significato di un altro striscione dedicato ai bianconeri:

Il primo riferimento è al processo subito dalla società juventina, per il sospetto di usare appunto l’EPO, vietatissima sostanza dopante in grado di aumentare il contenuto in globuli rossi e perciò la performance atletica. Tra parentesi il processo fu caratterizzato dai numerosi (e poco credibili) “non ricordo” dei giocatori juventini chiamati a testimoniare. Lapo Elkann sarà invece molto nominato dalle curve, in quanto protagonista di uno scandalo a sfondo sessuale. L’ape invece si riferisce ad una vicenda riguardante Fabio Cannavaro. Il difensore durante un controllo antidoping fu trovato positivo agli steroidi, ma sostiene di aver usato cortisone dopo una puntura di ape, al cui veleno era allergico e per il quale rischiava uno shock anafilattico.

Inevitabilmente il mondo Juventus è stato spesso origine degli striscioni più originali e caustici

LA JUVENTUS NATURALMENTE….

Gli avversari di sempre non potevano non essere i bersagli dell’ironia curvaiola. Uno dei momenti di maggior contrasto con i bianconeri coincise con il campionato 1981-82 e con la celebre ultima giornata nella quale ai viola fu annullato a Cagliari un goal ai più apparso regolare, mentre la Juve vinse su rigore a Catanzaro (ai calabresi invece non fu concesso un rigore abbastanza evidente).

Forse lo slogan più celebre fu “MEGLIO SECONDI CHE LADRI”, ma fu un altro il capolavoro linguistico del quale poi si impossessarono le altre tifoserie.

Anche questo inevitabilmente scaturì da quello scudetto rubato, quando fondendo il verbo rubare con il nome della squadra bianconera fu coniato il geniale “RUBENTUS”. Dato che l’idea di una squadra di Agnelli sempre favorita dagli arbitri e conseguentemente molte volte vittoriosa immeritatamente, è molto diffusa tra le tifoserie italiane, lo striscione copiato ed esposto in molti altri stadi oltre che a Firenze. Ma a destare scalpore fu la comparsa del neologismo addirittura su un numero di Topolino. All’interno di una storia dedicata al calcio, si descrive un derby del tifo tra Paperino, tifoso di una squadra chiamata appunto Rubentus e suo cugino Paperoga che sostiene il Corino (ovviamente riferimento al Torino).

JUVENTUS=FAMIGLIA AGNELLI

Ci sono tanti motivi per i quali i tifosi viola “odiano” calcisticamente la Juventus. Tra questi l’atavica idiosincrasia che Firenze nei secoli ha avuto per i detentori del potere, che nell’Italia del dopoguerra sono stati gli appartenenti alla famiglia Agnelli. Ed è perciò inevitabile che questi ultimi siano stati oggetto dell’ironia poi finita sugli striscioni esposti allo stadio. Anche perché alcuni rappresentanti della medesima famiglia hanno avuto (come già accennato sopra) comportamenti tutt’altro che encomiabili, offrendo il fianco al feroce spirito Fiorentino.

Non si denigra nessuno citando fatti passati alla cronaca come la “simpatia” di Lapo Elkann per stimolanti come la cocaina. Ecco allora la Curva Fiesole unire questa passione con un caratteristica anatomica di un giocatore bianconero, al quale non vengono fatti sconti anche se in passato ha vestito la maglia viola.

In un altra occasione su un “due aste” viene disegnata (a dir la verità in modo infantile) una zebra, simbolo della squadra bianconera. Una zona dell’animale appare completamente nera, e la spiegazione va ricercata nel vizio già citato di “aspirare” le strisce bianche.

L’allusione allegorica ai noti fatti di cronaca riguardanti il rampollo casa FIAT, trova spazio su un altro striscione che recita “NUOVA PANDA TRANS: STUPEFACENTE”

L’assunzione della cocaina e le trasgressioni sessuali tornano in un’ulteriore frase che usa una metonimia, giocando su un significato diverso che possono assumere le due parole fondamentali.

LA DIETA DI LAPO: IL GIORNO IN BIANCO LA SERA TRE FINOCCHI”.

SOPRATTUTTO IL VERNACOLO

Accanto all’ironia e allo sberleffo c’è, come detto un forte senso identitario che passa dall’utilizzo del vernacolo, caratterizzato da alcune modifiche dell’italiano “corretto”.

Frequente il ricorso alla aferesi, cioè alla trasformazione dell’avverbio non nella forma un, assai diffusa nella vita giornaliera di ognuno di noi. “CARRERA UN MI GARBANO NEMMENO I GINZ” fu dedicato ad un coordinatore tecnico delle Juventus, contemporaneo ad una marca di jeans a quell’epoca molto famosa e pubblicizzata.

Per spregio ad una delle specialità degli acerrimi rivali senesi ecco “IL PANFORTE UN LO MANGIA NEMMENO IL MAIALE”. I tifosi dei bianconeri toscani, soprattutto nei derby disputati in casa, facevano spesso riferimento alla vittoriosa battaglia di Montaperti del 1260: così, a gennaio 2005 dopo l’acquisto di quello che sembrava un attaccante fortissimo, la Curva viola espone un “A MONTAPERTI UN C’ERA BOJINOV”, alludendo evidentemente al fatto il giocatore bulgaro avrebbe cambiato le sorti della celebre battaglia.

Altra trasformazione tipicamente fiorentina consiste nel trasformare che cosa in i’cche o icché.

In una partita della tribolata stagione 2004-05 durante un Lazio-Fiorentina il difensore biancoceleste Zauri respinse di mano sulla linea un pallone destinato in rete. L’arbitro incredibilmente non vide e così durante la partita di ritorno in curva Fiesole spuntò un “OH ZAURI ICCHÈ SE VENUTO A DARCI UNA MANO” (in questo striscione un’altra modifica tipica del vernacolo, il se invece del sei). Anche la difesa di un giocatore arrivato dal Real Madrid e quindi circondato da tante attese ma poi assai criticato, passa per una caratterizzazione linguistica “MA ICCHÈ VA FATTO PORTILLO?”

La disperazione che coglie il tifoso durante l’ultima partita di campionato, quando si prospettano lunghi mesi senza calcio, viene mirabilmente resa da “MA DA OGGI LA DOMENICA ICCHÈ FÒ” (in questo caso anche il verbo è modificato da faccio a fò).

Altro bersaglio ricorrente dei tifosi è stato senz’altro Antonio Conte, che ha incarnato ai massimi livelli la juventinità aspetto non proprio apprezzato da queste parti. Inevitabile colpire l’allenatore bianconero riferendosi al parrucchino a lungo portato prima del trapianto, e soprattutto alla calvizie che lo stesso voleva nascondere. Anche in questo caso un termine vernacolare tipico e di frequente uso giornaliero, il du’ abbreviazione del numero due: “NON SEI CONTE SEI DUCA: DU’CAPELLI”

Uno degli allenatori più amati a Firenze è stato senz’altro Cesare Prandelli, nei confronti del quale mai si è levata una contestazione. Perciò non poteva che esserci nei suoi confronti solamente una ironia, ispirata ad un vezzo relativo al suo look, un giubbotto molto attillato e giovanile a lungo indossato in campo dal mister: “OH CESARE FONZIE RIVOLE I’ GIUBBOTTO”

ANCHE AUTOIRONIA

Il tono burlesco, come da tradizione fiorentina non risparmia nessuno, e il vero fiorentino ad una battuta non può rinunciare per niente al mondo (celebre il detto che sottolinea questa peculiarità, e cioè “meglio perdere un amico che una battuta). Non stupisce perciò che a volte si tratti di autoironia. La permanenza a Firenze dell’unico giocatore giapponese a vestire la maglia viola non fu caratterizzata da grandi prestazioni e la Fiesole commentò con un falsamente entusiasta “GLANDE NAKATA”. Geniale lo sfruttare la notoria difficoltà dei giapponesi a pronunciare la “r” sostituita nel parlato dalla “l”.

Altri giochi di parole “COR-VINO SI VOLA” e “DEVOTI A SAN-TANA”.

Indimenticabile (e apprezzato anche dal giocatore oggetto della battuta) l’ormai iconico “QUANTA FICA CI AVREI COI CAPELLI DI FREY”.

Oltre allo striscione al grande portiere viola è stato dedicato un coro con la stessa frase. Si accennava al fatto che lo stesso atleta abbia apprezzato la battuta. Questo aprirebbe il tema di quanto a volte lo spirito fiorentino non sia capito e apprezzato, e anzi, per chi non è di Firenze , possa risultate addirittura offensivo. Oltre che trattarsi comunque di una battuta inoffensiva, Frey l’ha accettata tranquillamente anche per il fatto di essere stato a lungo in città e di aver capito uno spirito cha a volte può apparire corrosivo.

LE IMMAGINI DELLA STORIA

Il riferimento all’identità fiorentina che compare sugli spalti, affonda le radici nella storia della città.

In molti striscioni oltre che ovviamente al viola, si ricorre al bianco e rosso, colori da sempre della città di Firenze. Il giglio non è molto spesso quello moderno e stilizzato ufficialmente adottato negli anni dalle varie proprietà, ma quello presente nel gonfalone della città.

Non è raro vedere negli striscioni simboli da sempre identitarii della storia della Repubbica fiorentina: compare il David (simbolo delle vittoria contro la sopraffazione) e il Perseo. Quest’ultimo è stato rappresentato su un celebre striscione non nell’atto di sollevare la testa della Medusa, ma quella di Adriano Galliani, a quel tempo dirigente del Milan.

Ma senza alcun dubbio il riferimento più frequente alla splendida storia di Firenze è quello che richiama il Calcio Storico fiorentino. I motivi sono due e appaiono facente comprensibili. Il primo riguarda il gioco in quanto tale, che per alcuni ha dato origine al calcio “moderno”, ma il riferimento più importante è allo spirito dei giocatori. I calcianti appaiono coraggiosi e lontano fino alla fine per i propri colori, proprio quello che vorrebbero sempre vedere i tifosi per i propri calciatori. Ecco allora un significativo “VIOLA AVANTI… SI LOTTA DA CALCIANTI”. Il Calcio Storico è apparso più che altro in alcune bellissime coreografie della Curva Fiesole, ma anche su alcuni splendidi grandi striscioni. Tra tutti scegliamo quello che fu esposto per ricordare l’indimenticabile “capitano per sempre” Davide Astori, scomparso prematuramente il 4 marzo 2018 a soli 31 anni. Insieme alle sue iniziali compaiono i simboli dei quartieri fiorentini, replicando così in grande la fascia indossata dal capitano, a rappresentare quanto immenso e immortale fosse l’amore per quell’uomo.

CONCLUSIONI

Se c’è una cosa che caratterizza lo spirito fiorentino questa è l’ironia, che accompagna i secoli di storia della città. Partendo dalle composizioni quattrocentesche burlesche e intrise di “nonsense” del Burchiello, fino ad arrivare alle “supercazzole” dei vari Mascetti, Perozzi, Necchi, Melandri e Sassaroli protagonisti del celebre film “Amici miei”, o al genio di Benigni, Carlo Monni e tutta la “scuola” dei comici fiorentini. Ma è nella vita di tutti giorni, nei bar, negli uffici, nei mercati che tale umorismo vive e diventa veramente popolare. Non è una sorpresa quindi ritrovarlo allo Stadio, ma a questo proposito vanno fatte due considerazioni. La prima riguarda un assurda “repressione”, con un eccessivo controllo delle autorità su quanto introdotto negli stadi. Controllo che a volte prende il sopravvento e soffoca la creatività dei tifosi. Una cosa è la sacrosanta necessità di reprimere ogni accenno alla violenza, al razzismo, alla discriminazione, un’altra è diventare inquisitori. L’altra considerazione riguarda il clima generale che finisce per influenzare anche quello degli stadi e, appunto, i tifosi. C’è nella nostra società una aggressività e una tendenza alla contrapposizione che rendono gli altri nemici più che avversari, e più che la leggerezza lo stadio rischia di diventare il luogo dove sfogare pulsioni e scaricare veleni. Anche il clima di accerchiamento, da parte di nemici reali o presunti, che la Fiorentina denuncia continuamente non favorisce la distensione. Tutti dovremmo ricordarci che stiamo parlando di un gioco, di una passione da vivere così intensamente che una sconfitta o una vittoria possono influenzare il nostro umore per giorni e giorni. Ma al tempo stesso, soprattutto in un periodo sociale ed economico così complicato, la partita ed il suo contorno devono rappresentare un momento di spensieratezza ed allegria che proprio negli striscioni possono trovare una delle loro massime realizzazioni.

Alessandro Coppini – Viola Club Franco Nannotti

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