Onore al Beckembauer di Firenze

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Abbiamo deciso di aprire il nuovo numero di Alé Fiorentina con un ricordo di Giuseppe Brizi, per i tifosi Pino, recentemente scomparso, per rimediare ad una clamorosa assenza che, sui media nazionali e locali, ci ha lasciati delusi e profondamente irritati. Questo è un omaggio all’Uomo, al Giocatore, al Campione.

ONORE AL BECKEMBAUER DI FIRENZE

Chi come il sottoscritto ha fatto, bambino, il suo primo ingresso nell’allora Stadio Comunale agli inizi degli anni sessanta, è entrato nell’adolescenza al tempo del secondo scudetto e ne è uscito verso la metà degli anni settanta, giusto la parabola sportiva nella Fiorentina di Giuseppe Brizi da Macerata, non può non aver provato una profonda tristezza giovedì scorso alla notizia della sua scomparsa.

Tristezza cui si è aggiunto prima un sentimento di amarezza nel prendere atto della sostanziale indifferenza dei media per la perdita di uno dei Giganti della Fiorentina, La Nazione agli inizi degli anni novanta dedicò a Brizi uno dei numeri di una collana a cura di Sandro Picchi così intitolata, poi un sentimento quasi di rabbia perché avremmo voluto, quelli della tribù in via di estinzione alla quale appartengo non faticheranno a comprendermi, ben altri riconoscimenti almeno in punto di morte ad un bravissimo calciatore che in carriera ne ha avuti molti meno di quelli che avrebbe meritato probabilmente anche a causa della sua personalità.

Viene qui a mente quel gran filosofo che è stato Totò con la sua teoria degli “Uomini e Caporali”: ebbene il nostro caro Giuseppe Brizi da Macerata apparteneva appieno alla categoria degli “Uomini”: schivo, umile, sempre un passo indietro e ai margini delle foto, ma sempre presente ed autentico protagonista anche se le assi della ribalta erano calcate da altri sui quali così andavano a soffermarsi le luci dei riflettori.

Approfitto quindi di questo spazio che mi è stato benevolmente concesso per un mio ricordo su Giuseppe Brizi, ricordo affidato solo e soltanto alla memoria di ciò che ha visto e vissuto un bambino prima ed un ragazzo poi, ricordo che sento di dover fare anche, immodestamente, per contribuire a risarcire in qualche modo la figura di un calciatore che ha indiscutibilmente fatto la storia della Fiorentina.

Dicevo che mi sto affidando alla memoria, non ho deliberatamente consultato almanacchi né fatto verifiche su internet e mi scusino per questo gli storici della Fiorentina ed i cultori delle statistiche se ravviseranno delle inesattezze, ma così facendo mi sembra di rendergli maggior omaggio circondandone la figura di un alone quasi mitico.

Il giovane Brizi approda alla Fiorentina nel 1962 dalla Maceratese, squadra della sua città che milita in categorie inferiori e nella quale ritornerà nel 1976 per finire la carriera; una carriera lineare come una candela stearica, limpida, simmetrica, inizi nella squadra della città natale – quattordici stagioni di fila sempre nella Fiorentina dalle riserve sino a diventarne uno dei leader – ritorno a casa per finire dignitosamente e al momento giusto la carriera; eh sì proprio come quelle dei calciatori di oggi.

Una storia sportiva che a chi sa leggere oltre i dati dice già tanto del personaggio.

E’ vero che si trattava di un altro calcio, senza televisioni e raccontato prevalentemente dai giornali, con la sentenza Bosman ancora lontana da venire, con i giocatori con i quali potevi tranquillamente parlare nei giorni di allenamento nel tragitto tra i campini e lo stadio o di più raggiungere nel retro di qualche bar del Campo di Marte ad un tavolo di briscola, dove le donne dei calciatori erano mogli e fidanzate timorate che quando si facevano ritrarre era sempre in compagnia dei loro uomini sobriamente abbigliate e con l’immancabile permanente, ma di questo mondo Giuseppe Brizi da Macerata incarnava al più altro grado lo spirito, ne rappresentava la quintessenza; ed è anche per questa sua piena appartenenza a quel mondo che non c’è più ma al quale noi ci sentiamo ancora legati che lo ricorderemo sempre con una particolare affezione.

Nel ’62 quindi arriva ventenne a Firenze come promettente mediano; è la Fiorentina di Longinotti allenata da Chiappella che lo fa esordire nel ruolo di mediano per trasformarlo ben presto in stopper. O forse è Valcareggi l’allenatore nel 62-63? Che Chiappella sia l’allenatore che per primo lo impiega da stopper siamo sicuri e quindi questo forse avviene la stagione successiva. Ahi la memoria!

Valcareggi o Chiappella qualunque sia l’allenatore (o gli allenatori?) della stagione 1962-63, la linea mediana nella quale viene innestato il giovane Brizi annovera Gonfiantini, Malatrasi, Marchesi, Rimbaldo (?) forse ancora il vecchio Orzan; in una delle rare presenze di quella sua prima stagione segna anche una rete, rete che ritroverà soltanto in un’altra occasione, quasi dieci anni dopo, in un indimenticabile pomeriggio di fine campionato che racconteremo più avanti.

A ben pensare Beppone da Rogoredo non gli rende un gran servizio inventandolo come stopper perché altro doveva essere il suo ruolo come dimostrato nell’ultimo tratto di carriera; di formazione calcistica centrocampista e quindi giocatore di tecnica oltre che di indubbia cifra stilistica, è privo proprio per queste sue qualità primigenie di quella aggressività e di quella rudezza che nel calcio di allora caratterizzavano il ruolo dello stopper, il mastino custode spietato dell’area di rigore, il francobollatore che non vede altro che la sagoma del centravanti, il giocatore che più e meglio di ogni altro fa propria la massima del paron Rocco “colpite tutto quello che si muove sul prato, se poi è il pallone meglio”.

Si adatta comunque Interpretando il ruolo in modo assolutamente diverso da quello dei colleghi di ruolo, affidandosi prima di tutto alla sua classe, giocando d’anticipo e comunque sulla palla anche a costo di qualche défaillance; del resto sono giganti i centravanti con i quali si batte: Altafini, il giovane Mazzola, Nielsen, Peirò, Combin, Boninsegna, Chinaglia, Anastasi, contro i quali seppur talora soccombente si distingue sempre per eleganza, lealtà e correttezza.

E a proposito di correttezza non ricordo una sua espulsione, o forse sì, ce ne è una, all’inizio della carriera, probabilmente per una decisione troppo severa dell’arbitro o addirittura per un disguido, ma questa è questione da statistici.

Diventato titolare inamovibile, sempre con Chiappella attraversa le stagioni della Fiorentina yéyé formando con il compianto e mai dimenticato Ugo Ferrante una coppia stopper-libero destinata ad un futuro luminoso.

Arrivano infatti i primi successi con la Coppa Italia del 1966 vinta battendo in finale a Roma il Catanzaro per 2 a 1 (Hamrin, Marchioro e Bertini su rigore nei tempi supplementari), la Mitropa Cup (questa forse nel ’65?) sino alla stupenda stagione 1968-69 coronata dal secondo scudetto con Pesaola in panchina e nella quale Brizi è assiduo ed assoluto protagonista.

Vittorie alle quali si aggiungeranno la Coppa Italia del 1975 ed il Torneo Anglo-Italiano l’anno successivo, ultimo in maglia viola del nostro, con Carletto Mazzone allenatore.

Successi e trofei che fanno di Giuseppe Brizi uno dei più titolati calciatori della storia della Fiorentina, al pari di Claudio Merlo e secondo forse solo ad Alberto Orzan che può fregiarsi anche di una Coppa delle Coppe.

Si arriva così alla stagione 70-71 nella quale la presidenza Baglini, con l’acquisto del centravanti Alessandro Vitali colpo grosso di quel mercato poi rivelatosi un fallimento, compie l’ultimo sforzo per tenere la squadra ai vertici del calcio italiano pur essendo già chiaro sin dalla stagione precedente che lo scudetto del ’69 doveva restare un unicum e che la Fiorentina doveva rientrare nei ranghi, l’arbitraggio di Lo Bello in Fiorentina Cagliari della quinta del girone di andata con le conseguenze che ne scaturirono fu un primo dirompente segnale.

Stagione disastrosa quella del 70-71 con la squadra che non riesce a tirarsi fuori dalle secche della bassa classifica nonostante l’avvicendamento di Oronzo Pugliese, il pittoresco mago di Turi, alla guida tecnica della squadra al posto del Petisso.

Ed è qui che Giuseppe Brizi da Macerata, in una calda domenica di maggio penultima di campionato al Comunale con l’Inter di Robiolina Invernizzi fresca di scudetto, diventa protagonista di un momento epico trovando in piena zona Cesarini il gol del 2 a 2 nella porta sotto la Ferrovia con un tiro dal limite in una sua rara sortita oltre la metà campo, rendendo possibile una salvezza raggiunta poi nell’ultima giornata, facendo esplodere di gioia e speranza uno stadio colmo sino all’inverosimile ammutolito qualche minuto prima dal 2 a 1 di Sandro Mazzola.

Nuovo corso con la presidenza Ugolini e la guida tecnica affidata a Nils Liedholm che da maestro di calcio quale era ha l’intuizione di impiegare Brizi come libero al posto del declinante Ferrante, in verità idea non così geniale se si pensa al percorso di tanti grandi liberi che come Brizi erano nati centrocampisti, penso soltanto al superbo Franz Beckenbauer, non era così soprannominato il nostro con un accostamento invero un po’ spericolato?, al classico Gaetano Scirea, al saggio e pragmatico Pierluigi Cera.

E da libero, quello che doveva essere sin da subito il suo ruolo, Brizi giocò quattro straordinarie stagioni con Liedholm, Radice e Rocco, con Mazzone nel suo ultimo campionato in viola si trovò un po’ ai margini, meritando senza dubbio la nazionale escluso per le solite ragioni geopolitiche, in un momento tra l’altro, quello del dopo Cera, dove nel ruolo non esistevano personalità di rilievo tanto che agli infelici mondiali del ’74 Valcareggi non trovò meglio che adattare il roccioso Burgnich.

Mi accorgo ora che Il gioco della memoria e la giostra dei ricordi che non si ferma mi hanno catturato e forse mi sono dilungato, ma un Gigante della Fiorentina, eletta schiera cui Giuseppe Brizi appartiene di diritto con le sue quasi quattrocento partite ufficiali secondo soltanto a Giancarlo Antognoni, non può essere liquidato con una “testina” di qualche riga ai margini di una pagina tutta dedicata alle cene in giro per l’Italia tra Joe Barone, Italiano e i loro rispettivi sodali.

Ci sembra a questo punto di aver compiuto il nostro dovere di testimoni.

Onore quindi a te Giuseppe Brizi da Macerata, mediano, stopper, libero come più vi riesce gradito ma lungi da noi qualsiasi diversa denominazione, comunque e sempre impareggiabile Signore della nostra difesa.

Marco Pieri – Viola Club Franco Nannotti

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