[…] Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore
Non è mica da questi particolari
Che si giudica un giocatore
Un giocatore lo vedi dal coraggio
Dall’altruismo e dalla fantasia. […]
(La leva calcistica della classe ’68, Francesco De Gregori)
Non potevamo non ripartire da qui, dall’episodio del rigore concesso alla Fiorentina e non concretizzato da Jovic, per raccontare la sfida con la Juventus. Perché chissà per quanto rivedremo quell’immagine – il pallone che si stampa sul palo, e che poi esce – rammaricandoci di aver sprecato malamente l’occasione di battere la Vecchia Signora (una delle peggiori viste negli ultimi anni, anche per meriti della squadra di Italiano). E chissà per quanto tempo Luka Jovic, il ragazzo venuto da Madrid per riscattare la nomea di talento perduto all’ombra di Benzema, ripenserà ai quei pochi passi prima di dare quel calcio che avrebbe potuto, d’un tratto, capovolgere la sua esperienza a Firenze. Perché, si sa, in riva all’Arno i gol ai bianconeri hanno una valenza tutta propria e possono realmente trasformare, per sempre, il feeling tra un giocatore e la città. Invece tutti quanti, tifosi e calciatore, si sono dovuti accontentare di un pareggio che sa un po’ di beffa, in quanto per tutta la gara, e in particolar modo nella ripresa, c’è stata solamente una squadra in campo: la Fiorentina. Dominante tanto dal punto di vista del possesso palla quanto del predominio del campo. Pressing alto, personalità, coraggio. Con la Juventus costretta sulla difensiva e quasi mai pericolosa.
E quindi viene, di nuovo, da dire: che peccato quel maledetto rigore!
Se Sottil e compagni hanno spadroneggiato in lungo e in largo, come detto, dimostrando ancora una volta, dopo pochi giorni dal bel pareggio col Napoli, che possono dar fastidio a chiunque, hanno però palesato tutte le difficoltà viste in questo inizio di stagione. La manovra è sempre apparsa un po’ più orizzontale, lenta e prevedibile dello scorso anno, con l’attacco che, forse proprio a causa del gioco, raramente in queste prime gare è riuscito a trovare la via giusta per sfondare. Risultato: la Fiorentina, ad oggi, è una squadra che segna poco. Pochissimo. Ha un’ottima difesa – nel momento in cui scriviamo il reparto difensivo viola è il quinto meno battuto del campionato – ma, di contro, la fase offensiva fa tanta, troppa fatica. Fatica dannatamente a trovare il suo centravanti, a metterlo nelle condizioni di segnare. A prescindere dall’interprete scelto dal mister. Sia Cabral che il già citato Jovic, infatti, non stanno convincendo, non stanno segnando. Non stanno dando, in poche parole, ciò che tifoseria e società si aspettavano da loro. Ovvero, che pian piano riuscissero a non far rimpiangere Vlahovic – che ancora oggi è nei pensieri di tanti tifosi che pensano, forse a ragione, che questa squadra, con il serbo, sarebbe da Champions. Chissà…
Pensare a cosa sarebbe potuto essere è un esercizio mentale che lascia il tempo che trova. Meglio, molto meglio, pensare a cosa potrebbe essere il futuro prossimo con la squadra che si ha. Perché se è indubbio che i ragazzi di Italiano stiano affrontando qualche difficoltà, è altrettando evidente che ci siano margini per crescere, migliorare, correggere difetti. Trovare la quadra ad un organico che, appena qualche settimana fa, trovava i consensi e l’euforia da parte di un po’ tutto il mondo gigliato. E allora, magari, al prossimo giro non dovremo sperare in un maledetto rigore per battere la Juventus. E Jovic, magari, non dovrà aggrapparsi ad un tiro dagli undici metri per conquistare Firenze e i fiorentini, perché sarà già riuscito ad incantarli con le giocate che gli hanno permesso di ricevere, appena tre anni fa, la chiamata del Madrid. Anche perché, si sa – ed è bene lo sappia anche lui –, non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore.