L’Europa, finalmente. L’Europa, nonostante tutto.
Chi l’avrebbe mai detto meno di un anno fa, agli albori del progetto tecnico di Vincenzo Italiano, che questa squadra, arrivata col fiato corto alla salvezza nel campionato precedente e apparsa incredibilmente fragile e dolorosamente spenta, dopo non aver consumato il matrimonio con il promesso sposo Gattuso, avrebbe compiuto una cavalcata tanto straordinaria. Al punto da divenire la sorpresa della Serie A. Ma talvolta, si sa, è sufficiente cambiare un ingranaggio e tutto riparte alla grande. Riparte inaspettatamente. Nel calcio come nella vita.
E dunque è Europa, finalmente. Qualche maligno obietterà che si tratta solo del settimo posto, ed è vero. Ma centrare questa posizione, quando ai nastri di partenza sei quotato per arrivare a metà classifica, è un successo. Significa aver fatto meglio di squadre che, sulla carta, erano più attrezzate. È il segno evidente che si è lavorato bene, che il vento è forse cambiato.
E in questi mesi il vento, a Firenze, in un certo senso, è cambiato veramente. Perché l’arrivo di mister Italiano è stato una sorta di rivoluzione copernicana, ha ribaltato la concezione che i giocatori avevano di stare in campo: corsa, pressing alto, idee, gioco. Un gioco, soprattutto. Sempre e comunque, a prescindere dal campo e dall’avversario, dalla classifica e dalle assenze. Se non è un qualcosa di rivoluzionario questo, cosa lo è?!
Nel giro di poco si è passati dal “gioca, gioca, gioca” di Iachini (un uomo a cui vogliamo un gran bene, ci teniamo a sottolinearlo per l’ennesima volta) ad un allenatore che è stato capace in brevissimo tempo di inculcare nei giocatori i suoi concetti calcistici. Concetti chiari, diretti, che hanno dato i loro frutti. Per carità, l’ex Spezia ha mostrato anche dei difetti, ha commesso, come tutti, degli errori – e nessuno parla di fargli statue al Piazzale, per adesso –, ma il futuro, se lo si pensa in grande, non può non passare attraverso di lui: dalla sua grinta e dalla sua filosofia di calcio. Qualora non fosse (totalmente) persuaso di restare a Firenze – spifferi, questi, che circolano nel momento in cui scriviamo e che non hanno trovato certezze nelle recenti parole del presidente Commisso – lo si convinca: sono sempre i progetti, o l’assenza di progetti, a togliere i dubbi agli allenatori.
Chi l’avrebbe detto poi, a gennaio, che quest’anno avremmo finalmente rivisto il nome Fiorentina nel tabellone europeo. A gennaio, sì, quando la squadra era lassù ed è partito il bomber. Un rischio, calcisticamente parlando, che poteva costare caro – carissimo. E invece la squadra ce l’ha fatta, nonostante tutto. Il gruppo si è rimboccato le maniche ed ha sopperito all’assenza del singolo, Italiano ha fatto il possibile e pure l’impossibile, e l’ottima stagione si è trasformata in una grande stagione. E a conti fatti, la Conference League diventa addirittura, quasi, un rimpianto. Per ciò che si è visto e per i punti persi “a bischero” nel finale, infatti, la Fiorentina avrebbe potuto arrivare ancora più in alto. È lecito chiedersi, allora, se ci sarebbe arrivata potendo contare sui gol di Vlahovic… Difficile saperlo, probabilmente sì, ma oramai non ha più molta importanza.
Adesso è giusto essere felici e soddisfatti di ciò che la squadra ha fatto, di dove si è arrivati e come. Conta l’oggi, e ancor più il domani. Adesso conta la Conference League, una competizione da non trattare con snobismo, e la voglia della proprietà – la valuteremo nelle prossime settimane – di costruire una squadra che scenda in campo per vincerla, quella coppa. E che sia in grado di reggere botta in campionato, in un’annata complessa e strana – i tanti impegni e lo stop invernale per il Mondiale in Qatar.
Se Italiano sarà chiamato a confrontarsi per la prima volta con il calcio europeo, e vedremo come se la caverà, la Fiorentina società è chiamata a mettere il tecnico nelle condizioni di poterlo fare nel migliore dei modi: ci sono dei nodi da sciogliere, delle lacune da colmare, dei calciatori da rimpiazzare. C’è da investire, con tempismo e idee, per costruire una grande Fiorentina. Una Fiorentina che punti – dev’essere necessariamente questo lo step successivo – a partecipare stabilmente alle competizioni continentali. Senza chiacchiere e con meno polemiche, senza scuse ed evitando gli stucchevoli scaricabarili.
In una parola, crescere. Pian piano, ma con costanza. Crescere, sotto tutti i punti di vista.
Giacomo Cialdi – Direttore Alé Fiorentina