Il mio orgoglio di essere viola

Condividi sui social

Per un fiorentino che ama il calcio non può esserci niente di più e di meglio che vestire la maglia viola, calpestare l’erba del “Franchi”, sentire il proprio nome scandito dalla Fiesole e dagli altri settori dello stadio. Ma è bellissimo e gratificante anche far parte della famiglia viola comunque, anche in altra veste. A Mario Mazzoni è mancata la prima parte, perché la sua carriera da calciatore, brillante e gratificante, con l’approdo anche in Nazionale quando le convocazioni erano poche perché poche erano le partite che venivano disputate dagli Azzurri, si è svolta lontano da Firenze, quasi completamente a Bari.

Ma, appena appese le scarpette al fatidico chiodo, Mario ha avuto la fortuna di entrare a far parte della famiglia viola allenando i giovani. E dopo pochi anni è stato chiamato a ricoprire il ruolo di “allenatore in seconda”. A quei tempi, all’inizio degli anni Settanta, nel calcio non usava ancora lo “staff”, l’allenatore non si portava dietro collaboratori vari, e il compito dell’allenatore in seconda era anche quello di aiutare il mister a entrare velocemente in sintonia con l’ambiente. Sono stati sette campionati intensi, con la Fiorentina che è passata da sfiorare la serie B, proprio nel primo anno di attività – pensava di portare jella! -, a lottare per lo scudetto, a vincere la Coppa Italia – ed in panchina c’ero proprio Mario! -. In quei sette anni Mazzoni ha avuto la fortuna e l’onore di collaborare, di essere la persona più vicina in tutti i sensi, con persone che nel calcio rappresentavano quasi dei miti, o lo sarebbero diventati in seguito.

Pensate al Petisso, Bruno Pesaola, compagno al corso allenatori di Prima Categoria nel 1965, poi tecnico scudettato proprio a Firenze: grande personalità, grande carisma, e… grande fumatore. Oppure Oronzo Pugliese, il Mago di Turi, attento anche agli aspetti meno tecnici del gioco del calcio, superstizioso ed istrionico. O ancora Nils Liedholm, il Barone, avversario di tante gare in serie A, lui capitano del Milan sempre in lotta per il titolo, Mazzoni capitano del Bari, attaccato alla massima serie con le unghie e con i denti. Liedholm che alla fine di ogni allenamento si metteva a tirare in porta per allenare i portieri, ma era talmente preciso e concreto nelle sue conclusioni, con tante reti realizzate, che qualche giornalista chiedeva se stesse allenando i portieri o, forse, se stesso!

Proprio a Liedholm è legato un ricordo particolare. Era l’inizio del secondo campionato con il Barone in panchina; l’anno precedente la Fiorentina, salva per differenza reti solo dodici mesi prima, aveva lottato per i primissimi posti fino a primavera, con prestazioni di grande livello tecnico. Quel campionato 1972/73 però non era partito bene. Qualche veterano mostrava un po’ di ruggine, e i risultati stentavano ad arrivare, soprattutto nelle partite giocate davanti ai propri tifosi. E’ quindi una Fiorentina impaurita e spaesata quella che si appresta a ricevere, il 12 novembre 1972, il Milan di Rocco, Rivera e Chiarugi, capolista e favorito per l’anno in corso.

Già sono nel giro della prima squadra viola promettentissimi virgulti come Antognoni, Roggi e Caso, tutti classe 1954, diciottenni d’assalto che annusano l’aria dei grandi, ma continuano a giocare nella formazione Primavera. Mario Mazzoni andava sempre in ritiro con la prima squadra, su esplicita richiesta di Liedholm, il quale amava confrontare le sue idee con quelle dei suoi più stretti collaboratori; e in quel momento il suo più stretto collaboratore era proprio Mazzoni. Dunque, vigilia di Fiorentina-Milan, gara di serie A, ma anche di Fiorentina-Roma per il campionato Primavera, che si giocava al mattino al vecchio Stadio Militare, adesso Stadio d’Atletica Ridolfi. I tre giovanotti sono in ritiro con la prima squadra, ma con l’intesa che sarebbero stati regolarmente in campo con la Primavera se mister Liedholm non li avesse schierati contro il Milan; in quel caso sarebbero stati accompagnati direttamente da Mazzoni al Militare, in tempo per giocare contro la Roma. La domenica mattina Mazzoni si reca nella stanza di Liedholm, trovandolo, come spesso succedeva, assorto nella lettura di un bel romanzo, apparentemente distante dalle preoccupazioni di una gara fondamentale che si sarebbe svolta solo dopo poche ore. “Buongiorno Nils, io vado a vedere la Primavera” dice il buon Mario. “Vai pure Mario” è la sua laconica risposta. “Vado da solo, vero?”, esclama Mazzoni speranzoso, visto che quei tre ragazzi erano i suoi pupilli. “Certo” risponde il Barone, senza nemmeno alzare gli occhi dal suo libro. Vi lascio immaginare gli sguardi delusi dei miei amici della Primavera quando videro arrivare Mazzoni solo soletto. “Sei solo? Ma giochiamo contro la Roma” alcune delle esclamazioni. “Ragazzi, ma questi stasera giocano contro il Milan in serie A! Dobbiamo essere fieri, sono i prodotti del nostro vivaio!”. E la sera, grande partita, con Mimmo Caso semplicemente straordinario, con assist e anche un gol, il primo in serie A, sigillo sul 3-1 finale con il quale una scatenata Fiorentina annienta il Milan di Paron Rocco.

Rocco, altro grande personaggio con il quale Mazzoni ha avuto l’onore di lavorare. Ma anche uno straordinario compagno di interminabili sfide a briscola e tressette, sempre vittoriose contro malcapitate coppie di sfidanti. E quando il Paron lasciò Firenze per tornare nella sua Trieste, Mazzoni ebbe la fortuna di dover guidare la squadra nella fase finale della Coppa Italia, vincendo il trofeo nella finalissima di Roma, vincendola contro il Milan di Luciano Chiarugi.

Ma fra Liedholm e Rocco c’è stato Gigi Radice. Stagione 1973/74: Radice è l’emergente per definizione sulla scena calcistica nazionale, colui che ha portato in serie A per la prima volta nella sua storia il Cesena, espressione di una piccola città neanche capoluogo di provincia, almeno in quegli anni. Grande carattere, Radice ama i giovani e punta su un calcio dinamico, giocato a ritmi elevatissimi, almeno per quel tempo. Qualche senatore cade in disgrazia, ma i risultati sono dalla sua parte, almeno nella prima parte del campionato. Infatti al giro di boa la Fiorentina è seconda alle spalle della Lazio di Chinaglia, in fuga dalle prime giornate e che vincerà il suo primo scudetto proprio in quella stagione. Poi qualcosa si rompe nel meccanismo viola, e alla fine sarà soltanto sesto posto, fuori dalle competizioni europee. La delusione è tanta, e Radice tronca il rapporto senza completare la stagione. Quell’estate erano di scena i Mondiali di Germania, e la Fiorentina venne scelta come sparring-partner da alcune nazionali che si apprestavano a partecipare alla competizione. Venne organizzato un trittico di partite: Zaire, all’esordio assoluto in una fase finale mondiale, Argentina e Uruguay. Vista la partenza di Radice dopo l’esordio con gli africani, con vittoria viola per 2-1, tocca a Mazzoni guidare i viola nelle altre due partite. Arriva dunque l’Argentina, squadra di livello notevole, con i vari Houseman, Yazalde ed un giovanissimo Mario Kempes. Si scende in campo davanti ad un pubblico numerosissimo, curioso di vedere all’opera alcuni protagonisti del calcio mondiale. Squadre schierate e si parte. Dopo alcuni minuti si avvicina alla panchina della Fiorentina un signore distinto, mai visto prima: “Scusi mister Mazzoni” dice un po’ sottovoce, “sono un funzionario di Polizia. Non si spaventi e non faccia gesti, ma volevo informarla che abbiamo ricevuto una telefonata anonima che ci avverte della presenza di una bomba allo stadio”. Potete immaginare cosa è passato per la mente del buon Mario, anche perché in campo a fare il raccattapalle c’era il figlio tredicenne. Addio concentrazione sull’evento agonistico e uno stato quasi di trance durato mezz’ora, fino a quando il distinto funzionario di Polizia si è ripresentato alla panchina per comunicare che si era trattato di uno scherzo di pessimo gusto! Per la cronaca vittoria viola per 2-0, e stesso trattamento riservato qualche giorno dopo all’Uruguay.

Infine due anni con Carletto Mazzone. E nel 1977 ancora una volta costretto dalle circostanze a salire a bordo del vascello della prima squadra. 5 partite con 2 vittorie e 3 sconfitte, il lancio di Ezio Sella in serie A, e uno stress insostenibile che costrinsero Mario Mazzoni a passare la mano. Ma rimane uno dei pochi allenatori della Fiorentina che possono fregiarsi del titolo di vincente in una competizione.

Orlando Mazzoni

Leggi altri articoli
Torna in alto