The best is yet to come, dicono gli americani. Il meglio deve ancora venire, per dirla con i discendenti di Dante. E chissà che non sia proprio così, per la Fiorentina.
Il fatto che la squadra di Italiano abbia deluso le aspettative, e mancato appuntamenti piuttosto importanti, è lapalissiano. Dopo la sosta per il Mondiale, che era stata preceduta da tre/quattro prestazioni di buon livello e conseguenti risultati, tutti ci aspettavamo altro. Ben altro. Anzitutto, nessuno avrebbe immaginato che il gruppo sarebbe tornato a rendere evidente la carenza di personalità. Nessuno, poi, avrebbe pensato che il gioco avrebbe latitato – con così grande costanza – dando vita a partite tutt’altro che piacevoli dal punto di vista estetico. Eppure, è andata proprio in questo modo. I primi due mesi del nuovo anno sono trascorsi nel solco della delusione di una città e una tifoseria che, con immarcescibile passione, credevano di poter riacciuffare, in campionato, il treno che porta in Europa. Treno che si è allontanato, e che oggi sembra difficilmente raggiungibile. Solamente da questo, lo capiscano i più permalosi, deriva il malcontento e le critiche (per onestà di cronaca molto leggere, fino ad ora) di chi ha nella Fiorentina il suo più grande amore e nello Stadio Franchi la sua prima casa.
In Europa – e più in generale nelle Coppe –, però, la Fiorentina ha dato segnali incoraggianti. Ha mostrato una faccia diversa da quella vista, ahinoi, in Serie A. Con l’inconfondibile capacità di complicarsi la vita con le proprie mani, vero marchio di fabbrica gigliato, Bonaventura e compagni sono riusciti a centrare due obiettivi (chiamiamoli così) tutt’altro che banali. Due passi in avanti che lasciano intravedere un orizzonte di cose belle. La Coppa Italia e la Conference League, infatti, possono veramente aprire due scenari fantastici, che potrebbero cambiare il senso dell’intera stagione. Della gestione Commisso, addirittura. Ciò non significa che si tratti di strade semplici da percorrere, anzi. Il traguardo in Conference è ancora molto lungo, e due/tre squadre hanno, almeno sulla carta, qualcosa in più della Fiorentina. In Coppa Italia, invece, c’è da superare un avversario meno blasonato, la Cremonese, e proprio per questo molto pericoloso. E comunque, nell’eventuale finale, ci sarebbe da battere Inter o Juventus. Non esattamente una scampagnata! La Fiorentina però, seppur in due mesi non proprio idilliaci, ha ritrovato qualcosa di sé. Qualcosa che le mancava. Ha ritrovato principalmente il suo centravanti, che numeri alla mano ha un solo nome e cognome: Arthur Cabral. Nel momento in cui scriviamo, il bomber venuto dal Brasile passando da Basilea è arrivato in doppia cifra: 10 reti, cinque delle quali nelle ultime quattro gare. Numeri importanti, che certificano lo stato di forma – fisica, ma soprattutto mentale – del nove viola. E che devono convincere mister Italiano a puntare su di lui, a dargli maggiore fiducia a discapito di un poco convincente Jovic.
Senza dimenticare la difesa ballerina, la carenza di qualità in fase di rifinitura, alcuni problemi che probabilmente troveranno (troverebbero?) soluzione soltanto con il mercato, se la Fiorentina può contare sui gol del suo centravanti è lecito e giustificato l’ottimismo. Se la squadra ha ritrovato Nico Gonzalez – che, per inciso, non sta rendendo come dovrebbe, ma almeno è in campo: dati i trascorsi, meglio di niente – e Gaetano Castrovilli, è lecito supporre che la Viola, prima o poi, ne trarrà dei benefici. Che cresca, nel complesso. Per tutti questi motivi, nonostante le frequenti difficoltà e i conclamati problemi, è giusto pensare (un po’) in grande, e sognare che possa essere finalmente l’anno giusto. L’anno giusto per invertire la storia recente del club e, soprattutto, ridare un po’ di meritata gioia ai tifosi.
Del resto il calcio è un meraviglioso groviglio di splendore e miserie, come scriveva Galeano, e i fiorentini con le miserie hanno avuto a che fare fin troppo, loro malgrado, negli ultimi vent’anni. E’ il momento che il destino ci porti a toccare con mano quello splendore che da tanto, troppo tempo continua a sfuggire. Perciò chissà, magari il meglio, stavolta, deve ancora venire.