Il 14 giugno l’evento “La Fiorentina di Aldo Polidori” ha ospitato Giancarlo “Picchio” De Sisti, premiato dal Comune di Firenze e dagli organizzatori dell’esposizione nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio. La sera Picchio è stato festeggiato dalle Glorie Viola per i suoi 80 anni compiuti lo scorso 13 marzo.
In questo articolo tracciamo, sinteticamente, il percorso di Picchio con la Fiorentina, da allenatore e da calciatore, con un grandissimo rimpianto: poteva essere campione d’Italia con la maglia viola sia da calciatore che da allenatore.
In panchina, a sorpresa
Il 25 gennaio 1981 la Fiorentina perde ad Ascoli: è la quarta sconfitta consecutiva della squadra guidata da Paolo Carosi. Ad una giornata dal termine del girone d’andata la squadra viola, nominata “miss estate” per la campagna acquisti fatta nel primo anno della gestione Pontello (gli arrivi di Daniel Bertoni, Casagrande, Contratto), è terzultima in classifica. Se Avellino e Perugia non avessero 5 punti di penalizzazione sarebbe addirittura ultima, assieme ad Udinese e Ascoli.
La zona retrocessione è una posizione infamante per la nuova proprietà e la sua potenza economica. L’ambizione della famiglia Pontello era quella di presentare, fin da subito, una compagine in grado di ottenere risultati prestigiosi. La delusione era maturata domenica dopo domenica. Carosi si era rivelato timoroso nella conduzione della squadra: dopo le due vittorie iniziali i gigliati collezionarono cinque pareggi e nelle restanti sette partite conquistano solo due punti…
Deciso l’esonero di Carosi, la difficoltà stava nella scelta del suo sostituto. L’indicazione della proprietà è precisa: deve avere la matrice viola!
Vengono sondati Chiappella, che declina l’invito per motivi di salute, e Valcareggi che dà la stessa risposta – nonostante le insistenze e l’offerta di un ruolo di direttore tecnico con Vincenzo Guerini o Nenè (allenatori delle giovanili) in panchina.
Ci vuole un uomo che riavvicini la città e i tifosi alla società. L’idea, meditata nel ritiro di Porto Recanati prima della decisiva sconfitta di Ascoli, viene al direttore Tito Corsi. La chiamata a De Sisti (“Picchio pensaci tu”) fu una scelta che sorprese, positivamente, critica e tifoseria.
Chiarissime le parole del presidente Ranieri Pontello: “Ha giocato molti anni nella nostra squadra. È stato una sorta di allenatore in campo. Ora speriamo che trasferisca quella sua bravura in panchina”.
La svolta è inaspettata anche per Picchio, in procinto di diventare allenatore della Primavera della Roma, che la coglie al volo.
La prima missione è riportare serenità nello spogliatoio e ristabilire i giusti equilibri in campo, con la convinzione che Bertoni non fosse un uomo da area di rigore e che Antognoni aveva bisogno di libertà per dettare le soluzioni di gioco ai compagni. La Fiorentina riprese la propria marcia e disputò un buon finale con quattordici partite senza sconfitte e il quinto posto in classifica.
Assalto al titolo
De Sisti si è guadagnato la panchina viola anche per il futuro. Ed è un futuro di prim’ordine perché nell’estate del 1981 i Pontello conducono la più grande campagna acquisti della storia viola: Pecci e Graziani, Massaro e Monelli, Cuccureddu e Vierchowod.
Il 16 maggio 1982 gli arbitraggi di Pieri a Catanzaro, che non sanziona un fallo clamoroso del gobbo Brio, e di Mattei a Cagliari, che annulla un gol regolare alla Fiorentina, infrangono il sogno scudetto di una Fiorentina che ha giocato 14 partite su 30 senza Giancarlo Antognoni…
L’anno successivo arriva il secondo straniero, Daniel Passarella, un ambientamento difficile che verrà ripagato nelle stagioni successive dalle prestazioni di un giocatore dominatore, mentre Celeste Pin ha l’improbo compito di rimpiazzare Vierchowod. Anche a centrocampo la contemporanea partenza di Casagrande e Sacchetti, sostituiti da Patrizio Sala, crea difficoltà alla tenuta della squadra che, dopo un difficile girone d’andata, conclude con un deludente quinto posto.
Il 1983-84 è la stagione più bella, come qualità di gioco, espressa dalla Fiorentina di De Sisti. Una squadra offensiva, sostenuta in difesa da Passarella e a centrocampo da Oriali, con la regia di Pecci e Massaro a tutto campo; con Antognoni libero di inventare calcio e i cross taglienti di Pasquale Iachini. Le ambizioni di scudetto si sciolgono con il freddo di inizio anno: il 12 febbraio, in uno scontro col sampdoriano Pellegrini, Antonio si frattura tibia e perone della gamba destra, un infortunio che lo terrà lontano dai campi da gioco per due anni, minandogli la parte finale della carriera. Una settimana dopo il colpo di grazia arriva a Udine dove la sconfitta è frutto di un incredibile arbitraggio. Il terzo posto finale testimonia la bontà del lavoro tecnico-tattico di Picchio.
L’estate 1984-85 è caratterizzata dall’acquisto di Socrates, capitano della nazionale brasiliana, e di Gentile, ma la situazione precipita il 26 agosto, in albergo a Chieti, prima della partita di Coppa Italia a Pescara. Un grave malore mette a repentaglio la salute di De Sisti, che viene ricoverato e operato d’urgenza. La squadra viene affidata all’allenatore in seconda Armando Onesti e si presenta senza medico in campo, il dottor Latella pilota De Sisti in una corsa contro il tempo culminata nell’operazione notturna che lo mette in sicurezza. Picchio freme e vuole tornare in panchina il prima possibile, anche perché durante la sua assenza il giocattolo si è rotto, ma paga la propria generosità e dopo poche settimane viene sostituito da Ferruccio Valcareggi, direttore tecnico con Luigi Milan allenatore.
Questa la carriera di De Sisti come allenatore della Fiorentina: 114 panchine in serie A, 23 in Coppa Italia e 4 in Coppa UEFA – il vice allenatore Onesti lo sostituì per tre volte in campionato, quattro in Coppa Italia e due in UEFA a causa dell’operazione.
Le chiavi della Fiorentina
Picchio aveva ricevuto molto prima le chiavi del gioco viola, quando arrivò, da calciatore, nell’estate del 1965. Nello Baglini, presidente da pochi mesi, aveva un compito primario: risanare il bilancio e cancellare i debiti che avevano portato il club sull’orlo del fallimento. Egisto Pandolfini venne messo a capo del settore giovanile e si dette il via alla costituzione dei primi Viola Club (nel settembre del 1965, uscì Alé Fiorentina, voluta direttamente da Baglini, che contribuì a dare entusiasmo e fiducia ai sostenitori).
La strategia innovativa, resa necessaria per l’impossibilità di raggiungere il livello economico degli avversari, fu quella di puntare sui giovani, una scelta strategica, e… molto fiorentina. Infatti, fin dagli anni Trenta i viola, con il torneo “primi calci”, reclutavano giovanissimi calciatori per far fronte all’assenza di grossi capitali. Una scelta che, oltretutto, si richiamava alla tradizione di una città capace di trasformarsi ed innovarsi nelle sue diverse dimensioni: culturale, sociale e architettonica.
Nell’estate del 1965 Baglini stupì tutti: quello che i fiorentini avevano già battezzato come il “Consiglio della miseria” sborsò circa duecentocinquanta milioni per comprare dalla Roma l’enfant prodige giallorosso Giancarlo De Sisti. Trovato l’uomo giusto in mezzo al campo, nasceva la Fiorentina “ye-ye” – dal nome di una moda musicale nata in Francia e sviluppatasi all’inizio degli anni sessanta tra i giovanissimi: le sillabe “ye-ye” accompagnavano spesso i refrain di cover, inizialmente twist poi rock, di canzoni inglesi ed avevano il compito di mantenere il ritmo anche in assenza di parole.
In panchina venne confermato Beppe Chiappella che si trovò in più di una difficoltà e riuscì a venirne a capo promuovendo titolari prima Bertini, Brizi e Nuti e poi, nel corso del campionato, anche Merlo, Brugnera e Ferrante.
La stagione si concluse con un quarto posto finale e un doppio successo: la vittoria della Coppa Italia e della Mitropa Cup. La prima battendo in finale, il 19 maggio 1966, il Catanzaro (2-1 dopo i tempi supplementari) dopo aver eliminato Milan ed Inter; la seconda, un mese dopo, battendo in finale, a Firenze, gli slovacchi dell’Jednota Trenčín per 1-0.
La squadra viola aveva trovato con Picchio il suo organizzatore, il tessitore di gioco e il grande intercettatore delle trame avversarie. Un centrocampista completo, dotato di grande tecnica, ma soprattutto di un’intelligenza tattica straordinaria e della capacità di far crescere i propri compagni di reparto e, con loro, tutta la squadra. Era praticamente impossibile togliergli il pallone dai piedi. Alla partenza di Hamrin assunse la fascia di capitano e guidò, in campo, la Fiorentina alla vittoria dello scudetto 1968-69.
Nella Nazionale, campione d’Europa 1968 e vice campione del mondo 1970, si discuteva se far giocare Mazzola o Rivera, ma nessuno metteva in discussione De Sisti…
Fu anche il parafulmine della grande crisi successiva alla vittoria del campionato, culminata con la salvezza all’ultima giornata nel campionato 1970-71. Da lì, con Picchio in regia, ripartì Nils Liedholm nel suo biennio in panchina che rilanciò la squadra viola. La rottura avvenne nel 1973-74. Radice, cultore del calcio totale olandese, modificò il centrocampo per dare maggiore libertà a Antognoni e impostando Merlo come regista dinamico della squadra. Da De Sisti Radice voleva il lavoro sporco, quello di mediano, ma fatto con la sua classe e qualità – ruolo che poi venne ricoperto da Guerini. Una richiesta, varcati i 30 anni, difficile da accettare nel calcio di quel tempo. Nell’estate successiva Picchio tornò alla Roma.
GIANCARLO DE SISTI centrocampista nato a Roma il 13 marzo 1943
Acquistato dalla Roma nel 1965 – ceduto alla Roma nel 1974
Esordio ufficiale in maglia viola Coppa Italia 29.08.1965 GENOA – FIORENTINA 0-3
Palmares: 1 Scudetto 1968-1969 1 Coppa Italia 1965-1966 1 Mitropa Cup 1966
Campione d’Europa 1968, Vice campione del mondo 1970, con la maglia n. 16.
Nazionale: 29 presenze e 4 reti, esordio il 01.11.1967 Italia – Cipro 5-0
Nazionale B: una presenza
Massimo Cervelli – Commissione storia Museo Fiorentina