Continua, con questo e con i prossimi articoli che pubblicheremo, la sintesi degli incontri “È la nostra storia” organizzati dal Museo Fiorentina nel mese di marzo al circolo la Rondinella del Torrino.
Non se ne può più di arrivare secondi
I quattro secondi posti logorarono Befani e fecero esaurire la fiducia dei soci nei suoi confronti. Alla fine del deludente campionato 1960-61, concluso al settimo posto, ci fu il travagliato passaggio di consegne tra i due Enrico, Befani e Longinotti. Veniva frettolosamente liquidato il presidente che aveva portato la Fiorentina ai vertici del calcio nazionale ed europeo.
In mezzo alle accese discussioni dei soci la squadra ebbe un impeto d’orgoglio e finì la stagione in modo travolgente. Prima la vittoria nella Coppa delle Coppe espugnando Ibrox e battendo nella doppia finale i Rangers Glasgow (2-0 e 2-1). Albertosi; Robotti, Castelletti; Gonfiantini, Orzan, Rimbaldo; Hamrin, Micheli, Da Costa, Milan, Petris, gli uomini che hanno disputato il doppio incontro, con “Gigi” Milan mattatore: due le sue reti in Scozia e anche la prima realizzata a Firenze dove Hamrin segnò il gol vittoria. La Fiorentina è stata la prima squadra italiana a vincere una delle nuove competizioni europee. Pochi giorni dopo venne vinta, indossando un’anomala maglia gialla, la Coppa Italia battendo 2-0 la Lazio in finale, con un solo cambio, rispetto allo schieramento di Coppa delle Coppe, Marchesi in mediana al posto di Rimbaldo. Nel 1961 la Fiorentina contribuirà anche alla vittoria italiana della Coppa delle Alpi (competizione tra nazioni, Italia e Svizzera, disputata tra squadre di club).
La stagione successiva, 1961-62, fu quella del grande rimpianto. Il campionato venne concluso al terzo posto un piazzamento che, alla luce dell’andamento, risultò molto deludente. La Fiorentina mancò il rush finale, aprendo la strada al Milan. A Hidegkuti che, per la qualità del gioco messo in campo dai viola, aveva conquistato tutti erano mancati dei rincalzi all’altezza dei titolari nella fase decisiva della stagione. Il centravanti Aurelio Milani fu il capocannoniere della serie A, con 22 reti insieme ad Altafini. Nuovamente in finale di Coppa delle Coppe la squadra viola pareggiò con l’Atletico Madrid (1-1). La Coppa del Mondo in programma in Cile rese necessario programmare la ripetizione della partita all’inizio della stagione successiva (a settembre). La Fiorentina, con il nuovo allenatore Valcareggi, perse seccamente (0-3). Il campionato 1962-63 finì con un sesto posto, frutto degli errori commessi dalla dirigenza. Dopo due stagioni la presidenza Longinotti era già sommersa dalle critiche e dal deficit: il 30 giugno 1963, il bilancio segnò un deficit di 412.227.504 lire. Il 31 ottobre 1963, all’assemblea dei soci, venne bocciata la gestione sportiva e sfiduciato il Consiglio tanto che Longinotti accettò la nomina a commissario straordinario. Si cercava, urgentemente, un nuovo presidente in grado di risollevare economicamente la società.
La scelta di Beppe Chiappella in panchina portò una stabilità che condusse, sia nel 1963-64 che nel 1964-65 (con Alberto Orlando capocannoniere con 17 reti insieme a Sandro Mazzola), i viola a piazzarsi per due volte quarti.
La svolta societaria arrivò nel febbraio 1965, quando divenne presidente Nello Baglini.
Baglini era riconosciuto dai soci della Fiorentina come “uno di loro”, un vero tifoso, da sempre posseduto dalla passione viola: Nello, lo si chiamava per nome.
Suo fratello Ernesto era stato uno dei dirigenti più importanti della Fiorentina di Ridolfi, con la funzione di direttore dello stadio. A Baglini piaceva ricordare il suo passato agonistico come terzino destro del Gruppo Sportivo Rifredi: palla lunga, colpita forte e … pedalare.
Nel suo primo consiglio direttivo vi erano Ugolino Ugolini (proprietario della Gover, lavorazione gomma, già nel Consiglio direttivo con Longinotti) e Alfredo Senatori (proprietario della litografia AGAF) in qualità di vicepresidenti.
Vi erano poi Mino Ottino (commerciante pelli), Attilio Fochi (Oleificio Fiorentino), Narciso Parigi, Luigi Boni (commerciante di tessuti, gestore dello Chalet I Tigli, successivamente presidente dell’ACCVC), Sergio Ristori (Mobilcasa) e Varo Ristori (Florentia Legnami) in qualità di consiglieri. Nel corso degli anni, a causa del carattere vulcanico del presidente, ci furono molti rimpasti, anche se il consiglio rimase sempre formato da un numero ristretto di consiglieri.
Cinque erano stati i punti su cui Nello aveva chiesto il consenso all’assemblea dei soci: risanamento del bilancio; potenziamento della squadra; organizzazione del settore giovanile; serenità e fiducia a soci e tifosi viola; rafforzamento della dirigenza.
Furono introdotti cambiamenti radicali: nella conduzione societaria con le deleghe assegnate ai diversi consiglieri; in ambito sportivo, partendo dal settore giovanile, affidato ad Egisto Pandolfini vero sovrintendente tecnico di tutta la società, per sfidare club irraggiungibili sul terreno economico; con l’organizzazione dei tifosi nei viola club e la pubblicazione (settembre 1965) del mensile Alé Fiorentina. L’esito fu la Fiorentina ye-ye, dal nome di una moda musicale nata in Francia e sviluppatasi all’inizio degli anni Sessanta tra i giovanissimi. Le sillabe “ye-ye” accompagnavano spesso i refrain di cover, inizialmente twist poi rock, di canzoni inglesi ed avevano il compito di mantenere il ritmo anche in assenza di parole. Una squadra di giovani plasmati da Chiappella e in grado di lottare con classe e sfrontatezza su tutti i campi. Nel giugno 1965 la Mitropa Cup sfugge ai viola negli ultimi minuti della finale di Vienna, vinta dal Vasas di Budapest (1-0) con un rigore realizzato all’85’.
Nell’estate del 1965 Baglini stupì tutti. Quello che i fiorentini avevano battezzato come il “Consiglio della miseria” sborsò circa duecentocinquanta milioni per comprare dalla Roma l’enfant prodige Giancarlo De Sisti, l’uomo giusto, in mezzo al campo, per governare la Fiorentina “ye-ye”.
La strategia, spiegò Nello, era quella di fare ogni anno un acquisto di qualità, due al massimo, sfruttando le occasioni del mercato. In panchina venne confermato Beppe Chiappella che si trovò in più di una difficoltà e riuscì a venirne a capo promuovendo titolari prima Bertini, Brizi e Nuti e poi, nel corso del campionato, anche Merlo, Brugnera e Ferrante.
La prima stagione dell’era Baglini si concluse con un quarto posto finale e un doppio successo: la vittoria della Coppa Italia e della Mitropa Cup. La prima battendo in finale, il 19 maggio 1966, il Catanzaro (2-1 dopo i tempi supplementari) dopo aver eliminato Genoa, Palermo, Catania, Milan e la grande Inter campione del mondo.
Questa la formazione della finale: Albertosi; Pirovano, Rogora; Bertini, Ferrante, Brizi; Hamrin, Merlo, Brugnera, De Sisti, Chiarugi, con gol di Hamrin e rigore decisivo segnato da Bertini quasi allo scadere del secondo tempo supplementare.
Un mese dopo, il 19 giugno, la Fiorentina vinse la Mitropa Cup battendo in finale (1-0) la squadra cecoslovacca dello Jednota Trencin con un gol di Brugnera.
Beppe Chiappella si aggiudicò il Seminatore d’Oro, il premio, rappresentato da una statuetta, per il migliore allenatore della stagione 1965-66.
Negli anni successivi continuò l’inserimento dei giocatori che costituiranno l’ossatura della squadra Campione d’Italia nel 1968-69 – ben cinque di loro erano vincitori del Torneo di Viareggio 1966, Esposito, Ferrante, Merlo, Chiarugi e Cencetti. La strategia andò di pari passo con cessioni importanti. Particolarmente dolorosa, all’inizio della stagione 1967-1968, quella di Kurt “Uccellino” Hamrin, compensata dall’arrivo di Amarildo e Maraschi.
Il 2 maggio del 1967, per un processo che coinvolse tutte le squadre di massima divisione, anche la Fiorentina si trasformò: non più club retto dai soci, ma Società per Azioni: l’Associazione calcio Fiorentina società per azioni.
I viola dichiararono di voler puntare allo scudetto, ma il giocattolo si ruppe: il 15 dicembre 1967, con la squadra in crisi di risultati e di gioco, Chiappella venne esonerato e sostituito da una strana coppia: il giovane Andrea Bassi, allenatore della “De Martino” e l’esperto Luigi Ferrero, presente nei quadri della società e già allenatore della prima squadra.
La squadra riprese la propria rotta e concluse il campionato al quarto posto per il quinto anno consecutivo.
“Togliere la colla dalla quarta poltrona”, questo era il tema dettato da Baglini con cui iniziò il campionato 1968-1969, tra la diffidenza generale suscitata dalle cessioni dei nazionali Albertosi e Bertini e dalla grande promessa Brugnera.
La squadra, affidata a Bruno Pesaola, stupendo tutti, vinse lo scudetto. I viola non erano partiti tra i favoriti. A fari spenti la Fiorentina esordì con una vittoria all’Olimpico contro la Roma allenata da Helenio Herrera (che aveva scelto i giallorossi rinnegando un accordo con la Fiorentina). Dopo l’unica sconfitta stagionale, in casa alla 5a giornata, contro il Bologna, il successo a San Siro contro l’Inter all’ottava giornata dette inizio alla galoppata verso il secondo scudetto. Le vittorie della Fiorentina si susseguirono e sono tutte vittorie ottenute di stretta misura, a testimoniare la pragmaticità e la disciplina tattica della squadra allenata da Bruno Pesaola, un argentino che caricava i suoi ragazzi con le canzoni di Peppino Gagliardi (?!). La squadra ye-ye, voluta da Baglini, è cresciuta ed è matura per essere una seria pretendente al titolo. Prima delle feste natalizie si chiuse l’anno con un successo, sul Palermo, quanto mai opportuno dopo la batosta di Lisbona 3-0 col Vitória Setúbal nella Coppa delle Fiere.
La Fiorentina proseguì il campionato lottando al vertice con Cagliari e Milan. Alla ventunesima giornata i viola travolsero il Vicenza e conquistarono definitivamente la vetta della classifica. Dopo la vittoria casalinga contro il Pisa, la Fiorentina giunse a due giornate dalla fine con due punti di vantaggio sul Milan e tre sul Cagliari. Alla penultima giornata i viola giocarono a Torino sul campo della Juventus, seguiti da più di diecimila tifosi provenienti da Firenze ed tanti altri accorsi da tutto il centro nord. Dopo un primo tempo equilibrato in cui Superchi si distinse per un paio di ottime parate, nella ripresa i ragazzi di Pesaola sferrarono l’affondo decisivo con i gol di Chiarugi e Maraschi. Grazie al contemporaneo pareggio del Milan, la Fiorentina, a distanza di tredici anni dal primo scudetto, diventò matematicamente campione d’Italia per la seconda volta nella sua storia.
Questi i Campioni d’Italia: Superchi, Rogora, Mancin, Esposito, Ferrante, Brizi, Chiarugi, Merlo, Maraschi, De Sisti, Amarildo, Rizzo, Bandoni, Cencetti, Danova, Mariani, Pirovano, Stanzial.
La conquista del secondo scudetto non ebbe seguito: mancava la solidità economica per rimanere ai vertici del calcio italiano. Le prime quattro partite del campionato 1969-70, tutte vinte, furono illusorie. Alla quinta giornata lo scontro diretto a Firenze contro il Cagliari (0-1) fu deciso dall’arbitraggio di Concetto Lo Bello che andò oltre ogni provocazione verso la squadra viola e il suo pubblico. La sconfitta mandò in crisi il fragile ambiente gigliato che aveva sopravvalutato la propria forza, non capendo che il successo dell’anno precedente era stato il frutto di un rendimento eccezionale da parte di tutti i calciatori e dalla realizzazione di condizioni favorevoli (il Milan impegnato fino all’ultimo in Europa con la vittoria in Coppa dei Campioni; il Cagliari non ancora pronto per vincere). La campagna acquisti conservativa, con l’acquisto del solo Longoni al posto di Mancin, non aveva rafforzato la squadra.
La Coppa dei Campioni, dopo l’eliminazione della Dinamo Kiev agli ottavi di finale, sembrava poter dare le soddisfazioni mancanti in un campionato che finì al quinto posto. La Fiorentina pescò al sorteggio il Celtic Glasgow, già vincitore nell’edizione del 1967 – avrebbe potuto trovare un accoppiamento migliore: Legia Varsavia, Standard Liegi, Galatasaray, Vorwärts Berlino – e Pesaola sbagliò completamente la gara di andata schierando il terzino Carpenetti al posto di Chiarugi. La formazione ultra difensiva fu schiacciata dagli scozzesi che vinsero 3-0: il secondo gol, ironia della sorte, fu una sfortunata autorete di Carpenetti, il terzo arrivò all’89. Al ritorno i viola credettero nell’impresa di ribaltare il risultato, ma, nonostante una splendida gara non riuscirono, per sfortuna ed imprecisione nelle conclusioni, ad andare oltre alla vittoria per 1-0.
Massimo Cervelli – Commissione storia Museo Fiorentina