BRIZI PER SEMPRE.
Il RACCONTO DELL’INDIMENTICABILE 2-2 CON L’INTER.
Abbiamo “ripescato” un bellissimo articolo di Alessandro Fiesoli, pubblicato nel volume edito da Scramasax a cura di Luca Giannelli – Firenze: gli irripetibili anni ‘60
L’articolo, il cui titolo è Memorie di un raccattapalle, racconta l’esperienza di un giovane tifoso vissuta ai margini del campo in occasione della partita di campionato Fiorentina – Inter nella quale il gol di Brizi in piena zona Cesarini decretò la salvezza della Fiorentina, respingendo l’incubo della retrocessione. A poca distanza dall’anniversario della sua scomparsa – 9 Giugno 2022 – ci piace ricordarlo in questo modo, riproponendo integralmente il pezzo di Fiesoli pubblicato anche su La Nazione il 12 Dicembre 2004.
Si ringraziano Alessandro Fiesoli, La Nazione, Luca Giannelli e Scramasax per i crediti utilizzati
MEMORIE DI UN RACCATTAPALLE
di Alessandro Fiesoli
“Viola, il colore dell’oppio”. Si leggevano ancora scritte come questa, sui muri dell’università di Firenze. Graffiti residui, fra contestazione e tifo calcistico, nel tentativo di mettere d’accordo la fede viola con quella politica, per rendere onore eterno allo scudetto ye-ye nel tenero anno di grazia 1968-69. Solo due stagioni dopo, però, sarebbe stata tutta un’altra Fiorentina, molto meno allegra, pericolante, fragile, non più splendente ma non per questo meno amata. La Fiorentina di Superchi, Galdiolo, Longoni…Ed è da lì che comincia la nostra, piccola storia. Protagonisti Mazzola, De Sisti, una partita che Firenze non ha dimenticato, un gol straordinario ma con una verità nascosta, e un raccattapalle sulla cui identità possiamo garantire in prima persona. Quel raccattapalle, molti lustri dopo, è il vostro cronista. Una storia in due capitoli, divisi e uniti da più di trent’anni, e che comincia, appunto, nel campionato 1970-71. Quella domenica, il 16 maggio del ’71, quel raccattapalle biondino era a bordo campo. Un rito quasi magico, per i ragazzini del Nagc, il settore giovanile della Fiorentina. Scelti a turno per quell’incarico di fiducia. Un onore, un’emozione indimenticabile. Raccattapalle lo si è per sempre. Lo spogliatoio dei giocatori, la carezza dell’erba del nostro stadio, e come apparivano immensi gli spalti, chiamiamoli con il loro nome, visti da dentro. Si giocava una partita molto delicata, decisiva per i “nostri ragazzi”, come li chiamava Beppe Pegolotti, la prestigiosa penna viola de La Nazione. L’Inter aveva già vinto lo scudetto. A De Sisti e compagni serviva almeno un pareggio per evitare la retrocessione. Era la Fiorentina di Superchi. Galdiolo, Longoni, Esposito, Ferrante, Brizi, Mariani, Merlo (che sarebbe stato sostituito al 68’ da D’Alessi), Vitali, De Sisti, Chiarugi. Allenatore Oronzo Pugliese, il “mago di Turi”, che era stato chiamato alla fine del girone di andata al posto del “Petisso”, di Pesaola. Dall’altra parte, l’Inter del suo undicesimo titolo, con Vieri, Burgnich, Facchetti, Bedin, Giubertoni, Bellugi, Jair, Bertini, Boninsegna, Mazzola, Corso. Allenatore, Invernizzi. Arbitro Angonese, di Roma. Tanta gente, allo stadio, tutta Firenze a soffrire alla radio. Dopo venti minuti, l’urlo per l’uno a zero di Mariani. All’epoca, i giocatori correvano ancora verso la Maratona, per festeggiare un gol. E quel raccattapalle era proprio lì, sotto la torre, E si ritrovò coinvolto, felice e confuso si direbbe oggi, nell’abbraccio di gruppo dei giocatori viola, dei “suoi” campioni, anche se non tutti lo erano. A ripensarci, e a toccarmi la punta del naso, mi sembra ancora di risentire l’odore dell’alcol canforato e il sudore della maglia di Galdiolo e Ferrante, di rivedere la medaglietta d’oro al collo di Chiarugi e i guanti di Superchi, di risentire battere il cuore come in quel momento eterno. Era il gol che poteva voler dire la salvezza. Sarebbe stato troppo semplice. Nella ripresa, ecco che l’Inter segna due volte. Al ’74 con Jair e al ’78 con Mazzola. Un gran gol, quest’ultimo. Bello e crudele. <E’ sembrato, a quel punto, per la folla gigliata, che un pezzetto di azzurro si staccasse dalla volta celeste e rovinasse sullo stadio>, scrisse Beppe Pegolotti. Una sofferenza. Lo spettro, si diceva così, della serie B. Ma a pochi secondi dalla fine, su un corner, il boato, il pareggio della liberazione per lo stadio, raccattapalle compresi, per tutta Firenze. Il due a due di Brizi, al suo secondo e ultimo gol in carriera. Un tiro di sinistro entrato di diritto nella storia viola, quel pezzetto di azzurro raccolto e rimesso al suo posto. “La Nazione” pubblicò a tutta pagina la foto del gol di Brizi con Mario Bertini, l’ex viola, che sorrideva. L’Inter non era stata spietata, mettiamola così. La salvezza sarebbe stata perfezionata nell’ultima giornata, pareggio a Torino con la Juventus, con la benedizione di Artemio Franchi, gran capo del calcio italiano e nell’occasione, non l’unica, santo protettore viola.
Certo che quel gol di Mazzola era stato bellissimo, anche se poteva rovinare la Fiorentina. Strano, però, che Mazzola non avesse esultato. Si era quasi messo le mani nei capelli. E se ne accorsero in molti, perfino il raccattapalle. Come mai, allora, il grande Mazzola si era inventato quel gol fenomenale? Per trovare la risposta, dobbiamo passare al secondo capitolo della nostra storia. Al giorno in cui, trentaquattro anni dopo, quel raccattapalle e Sandro Mazzola ne hanno riparlato, quasi per caso. E’ successo poche settimane fa, nella hall di un albergo in Slovenia. I due si trovavano lì al seguito della nazionale di Lippi. L’ex campione come commentatore per la Rai, l’ex raccattapalle come vostro cronista, appunto. Mazzola, bravo narratore, simpatico, disponbile, era in vena di amarcord. <Difficile dimenticare due avversari duri come Rogora e Galdiolo>, raccontava, e solo a nominarli, ridendo ma non troppo, sembrava ancora contare i lividi. A quel punto, ci siamo ripresentati al suo cospetto anche nei panni dell’ex raccattapalle di quella partita, per chiedergli di rivelare i restroscena di quella domenica di maggio. Di raccontare finalmente la verità su quel gol troppo bello per essere vero. Si ricorda, Mazzola? Divertito, il “Baffo” non si è tirato indietro. <Andò così. Sull’uno a uno, mi arrivò un lancio, in contropiede. Ricordo bene: alzai la testa, palla al piede. La difesa della Fiorentina era messa malissimo, davanti a me c’erano Boninsegna da una parte e Jair dall’altra, tutti soli. Se gli passo la palla, pensai, non possono fare a meno di segnare, conoscendoli. Soprattutto Boninsegna, che non perdonava neanche in allenamento. Ci dispiaceva condannare la Fiorentina. E poi c’era Franchi che dall’alto ci guardava, ammettiamolo. E allora tirai, da trenta metri, quasi per liberarmi del pallone, senza guardare, senza prendere la mira. Un calcione, più che un tiro. Non pensavo di fare gol, di sorprendere Superchi. Solo che la palla finì diritta diritta nel “sette”, all’incrocio. Mi sentii tirare per la maglia e vidi De Sisti, un amico, distrutto. Gli dissi qualcosa, tipo “Picchio, non l’ho fatto apposta”, ero mortificato per quella prodezza involontaria. Poi pareggiò Brizi…>, e ne sorride ancora Mazzola, come Bertini in quella vecchia foto.
Ed è stato così che la storia di un gol, nata nello stadio di Firenze in una domenica di maggio del ’71, si è conclusa molti anni dopo in un lontano albergo sloveno. La Firenze viola, almeno quella che sa da dove viene, non ha dimenticato quella partita, quel gol di Brizi, e neanche quella Inter misericordiosa. Grazie, Mazzola, se non per quel gol ma per come ce lo ha raccontato e spiegato, molti anni dopo. Grazie a anche a nome, se ci è permesso, di quel raccattapalle.
Alessandro Fiesoli