Più no che sì. Questo inizio di stagione riserva amare sorprese ai tifosi viola. Troppe prestazioni anonime, sconfitte brucianti, giocatori pericolosamente involuti, troppe reti subite, un’evidente sterilità offensiva.
Deludente l’atteso ritorno in Europa: dopo la sofferenza in casa dei Tubanti, la Fiorentina è stata ripresa dai lettoni, presa a pallonate o meglio palleggiata – ogni riferimento al biondo non di gentile aspetto è puramente casuale – nel quartiere omonimo del Başakşehir nella megalopoli euro-asiatica; adesso staziona ultima in classifica, al rientro ci saranno i Cuori highlander per doppio incontro da non fallire. Non tutto è ancora perduto.
È chiaro ed evidente che la Fiorentina avrebbe dovuto pagare uno scotto per i nuovi impegni, mentre il mister deve adattarsi; forse, al netto del giudizio sul mercato, la dirigenza avrebbe dovuto spendersi di più per far capire l’opportunità “storica” del ritorno in Europa. In compenso, Italiano dimostra di saperci fare con i casi difficili come quello di Kouamé che sembra tornato a essere un giocatore di pallone – stop della palla a parte.
Fuori dal campo, stesse amarezze. Dopo tre anni di “incontri positivi” e “colloqui cordiali”, intervallati da una protesta ruspante dei tifosi viola, si è riproposto il progetto di ammodernare il Franchi ma sul progetto di “nuovo Franchi” già pendono alcune osservazioni. Vedendo il precedente del centro sportivo, i cui costi lievitano (te l’avevamo detto!), gli auspici non sono ottimali. E allora perché proseguire nella pantomima? Forse fa vendere abbonamenti?
L’inizio è stato amaro ma c’è ancora modo e tempo di ricominciare; la pausa, dopo una vittoria è provvidenziale. Si torna a quanto detto in precedenza. Il calcio, come la società, è in cambiamento. Cambia o meglio si riduce il pubblico ed è solo l’inizio di settembre; cambiano le abitudini di fruizione del “prodotto” – costa scriverlo – o meglio si smette di seguire il calcio; certamente si spende meno in cose di pallone. Per questo, una volta per tutte, occorre una sana dose di umiltà – è la parola chiave. Il vivere alla giornata o alla partita non dava risultati prima e men che meno adesso, in questo nuovo contesto. Da qui cambiare strategia, complessivamente. Con umiltà, la parola chiave, e competenza e anche coinvolgimento e ciò chiama in causa il tifo organizzato. Ma questa è un’altra storia…
Lorenzo Somigli