A che gioco giochiamo?

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L’opinione
Ancora una volta ci ritroviamo in ginocchio, delusi e bistrattati dopo aver sognato traguardi esaltanti.
Da vecchio tifoso, ed è un giudizio esclusivamente personale, la Fiorentina ha ancora una volta mostrato il suo volto fragile che, da tanti anni ormai, gli impedisce di cogliere quelle opportunità che nel corso dei vari campionati potevano rappresentare una svolta per raggiungere obiettivi più o meno ambiziosi. Di fronte ad una partita sulla carta “facile” con in contemporanea scontri difficili per le avversarie dirette, l’approccio è purtroppo sempre stato “molle”, con preoccupanti cali di concentrazione nella squadra, con crolli atletici inspiegabili e via così.
Un commento indulgente nei confronti di una squadra che, quest’anno ha fatto gioire in molte occasioni i suoi sostenitori ed ha riportato la speranza nel cuore dei tifosi, non aiuta tuttavia a rimuovere il problema.
E’ vero: la Fiorentina non aveva nei suoi obiettivi un traguardo europeo (ma l’ha avuto a portata di mano – e ancora risulta possibile – e rischia di vanificarlo dopo 3 sconfitte consecutive);
Italiano ha fatto un grande lavoro sia sul piano del gioco sia su quello della rivitalizzazione di giocatori nella scorsa stagione apparsi opachi e fuori condizione (ma la ricerca ossessiva del giocarle tutte con l’unica opzione di vincere sempre non ha portato bene).
Forse il tentativo di ribaltare la semifinale di Coppa Italia (persa all’andata per una sfortunata deviazione) ha prodotti danni ingenti sia sul piano tecnico (la perdita di Castrovilli e Torreira) sia su quello psicologico, deconcentrando su quello che era e doveva essere l’obiettivo della squadra: vincere in campionato.
Non credo che nessuno possa sentirsi esentato da responsabilità: la Società, tollerante e indulgente verso tutto e tutti, dovrebbe costruire una rete di paletti imprescindibili che condizioni allenatore e giocatori all’interno e Lega e Federazione all’esterno (il caos biglietti per la partita col Milan è un esempio di superficialità da non ripetere).
Nel momento in cui il Chelsea viene venduto a 4,7 miliardi di euro e la quotazione del Milan è a 1,18 miliardi, fa riflettere la diminuzione delle entrate della Fiorentina, pur con una riduzione delle perdite dovute fondamentalmente all’esborso del Presidente e di Mediacom, con ricavi pari a 132,8 milioni di euro. La Fiorentina non è equiparabile e quindi non è competitiva sul terreno economico con nessuna grande squadra: scimmiottare le suggestioni di Liverpool o United con NFT e token che, oltremanica, esaltano un calcio stellare, ricco economicamente e tecnicamente, nasconde la realtà. Firenze non ha più Brunelleschi o Beato Angelico, la città non attira e non produce investimenti, la Fiorentina non è appetibile e nessuno dovrebbe indorare la pillola con false illusioni. Di questa mediocrità ne siamo orgogliosi: ci offende di più la presa in giro.
L’allenatore dovrebbe modulare con attenzione le risorse a disposizione, adattando lo schema di gioco all’avversario ed alla situazione atletica e psicologica della squadra (che nessuno meglio di lui è in grado di valutare), contrastando con maggiore energia le debacle sul campo di giocatori demotivati (può succedere, ma da noi è troppo frequente) in modo da ridurre i danni.
I giocatori dovrebbero temere con qualche ansia in più le conseguenze di prestazioni indecorose (si può perdere con l’Udinese ma non con 4 gol di scarto!), incrementando nello spogliatoio la condivisione di ogni difficoltà, senza protagonismi, scaricabarile sul compagno o vuoti pentimenti che non modificano la sostanza e non aiutano a superare la crisi.
Tutto questo senza sminuire i meriti e i successi di tutti (Società, allenatore e giocatori) che hanno portato la città a credere ancora nella Fiorentina: ma l’andamento ondivago, dalle stelle alle stalle, non aiuta, e nasconderlo rischia di protrarre il problema anche alla prossima stagione.
Chi non è pronto, chi si sente inadeguato, chi ha timori reverenziali, può accomodarsi all’uscita.
I tifosi continueranno a sostenere la squadra e la sosterranno in ogni occasione: la squadra, adesso, deve fare quel salto di qualità che aspettiamo da anni, iniziando un percorso di autocritica, di programmazione, di condivisione degli obiettivi che è la sola garanzia per raggiungere i successi che meritiamo.

Fabio Fallai – Vice Presidente ACCVC

 

L’opinione è uno spazio aperto a tutti ed ospiterà nel prossimo numero un altro punto di vista

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