di LORENZO MAGINI – 42° puntata
tratto dall’originale stampato nel n° 6 Anno V di Alé Fiorentina del Febbraio 1970
(Nell’edizione originale la puntata è stata pubblicata con il numero 40)
Verso il caos
Un nuovo allenatore ancora
Continuando la tradizione iniziata nel 1958 anche quest’anno la Fiorentina dà il benservito all’allenatore. A campionato appena concluso, nonostante ci sia in vista l’impegno più gravoso per la squadra – la finalissima per la Coppa delle Coppe a Glasgow contro l’Atletico di Madrid – Hidegkuti viene licenziato e sostituito immediatamente con Valcareggi, messosi in luce, durante il campionato, alla guida dell’Atalanta.
La finalissima di Glasgow nasce sotto cattiva stella. Si rischia di giocarla addirittura con le riserve. Diversi giocatori viola infatti vengono chiamati al raduno azzurro per la preparazione ai Campionati del Mondo in Cile (Albertosi, Marchesi, Robotti, Castelletti, Milani). Longinotti fa presente a Pasquale, presidente della Federcalcio, che se la Fiorentina non potrà disporre dei suoi giocatori, rinuncerà alla disputa della finalissima in Scozia. Pasquale dopo la vittoriosa partita disputata dagli azzurri a Firenze contro la Francia, nella quale debuttava il mediano Marchesi, lascia liberi i giocatori viola. Completa di tutti i suoi effettivi la Fiorentina si reca a Glasgow, dove, il 10 maggio, disputa l’incontro con l’Atletico. Uno a uno dopo i tempi supplementari (gol di Hamrin e Peiro). E’ necessario un secondo incontro: data l’imminenza dei Campionati del Mondo, cui avrebbero partecipato elementi dell’una e dell’altra squadra, l’U.E.F.A. decideva di farlo disputare nel mese di settembre a Stoccarda.
I Campionati del Mondo in Cile.
Mazza e Ferrari, i due responsabili della Nazionale, tra i 22 giocatori selezionati per il Cile, inserivano ben quattro oriundi: Sivori, Altafini, Maschio e Sormani! Un errore sesquipedale non solo sul piano squisitamente tecnico, quanto ancor di più su quello psicologico. Il fatto di portare in Sudamerica quattro sudamericani, tre dei quali già in passato titolari delle rispettive nazionali argentine e brasiliane, sollevò in Cile una campagna di stampa così denigratoria e feroce da sconfinare nell’intimidazione vera e propria. Sul campo se ne videro gli effetti: non solo nella partita pareggiata con la Germania, durante la quale il pubblico apertamente parteggiò per i tedeschi, ma specialmente in quella disputata contro il Cile. Pugni e calci alle gambe dal primo al novantesimo minuto sotto lo sguardo impassibile dell’arbitro inglese Aston (Maschio ebbe addirittura il setto nasale fratturato dall’«ex» pugile Sanchez, ala sinistra della nazionale Cilena), il quale, a completare la dose, decretava l’espulsione di David e Ferrini. Due a zero il risultato per i cileni: «una sconfitta – scriveva Severo Boschi – non solo antisportiva e ingiusta, ma addirittura immorale». Ciò nonostante ci saranno squadre italiane che non esiteranno ad importare in Italia simili campioni!
À nulla valse la vittoria sulla Svizzera nell’ultima partita del girone di qualificazione, ottenuta con una squadra completamente rinnovata (2 gol di Mora e 1 di Bulgarelli) e con la quale forse, se schierata in precedenza, avremmo potuto andare molto più lontano: Germania e Cile passavano ai quarti. Gli azzurri malinconicamente, ma con tanta rabbia in corpo, riprendevano l’aereo per l’Italia. La vittoria finale andava al Brasile, che liberatosi della Spagna guidata da Helenio Herrera nei quarti, e dell’Inghilterra in semifinale, batteva nettamente (3 a 1) in finale la Cecoslovacchia, pur avendo dovuto giocare le ultime tre più impegnative partite privo della sua perla nera Pelé, in verità più che degnamente sostituito dall’astro nascente del calcio brasiliano Amarildo (tre gol in tre partite).
Almir il «Pelé bianco».
Approfittando dei Campionati mondiali, anche Valcareggi e il dirigente Palmieri si erano recati in Sudamerica per acquistare un giocatore di valore. Già in precedenza si era recato in Sudamerica per conto del Milan l’allenatore Rocco che, a stare a quanto riferivano i giornali, aveva già fatto incetta di tutti gli elementi migliori. Aveva opzionato Amarildo, ingaggiato Germano, addirittura ottenuto un impegno formale con Julinho per un suo ritorno in Italia nelle file del Milan. L’unico acquisto però sarà quello di Germano: per ben altri motivi all’infuori di quelli calcistici diverrà famoso. Per Amarildo invece nulla da fare. Al suo trasferimento si opporrà la Federcalcio, troncando di netto una situazione abnorme venutasi a creare per l’intromissione nel l’affare della Juventus, e per le giuste rivendicazioni avanzate dalla Fiorentina, prima fra tutte le società italiane, già dal mese di gennaio, ad avere posto una opzione sul giocatore coi dirigenti del Botafogo. Per non tornare a mani vuote Valcareggi decideva per l’acquisto di Almir, giocatore tecnicamente dotato, tanto da venir chiamato in Brasile il’ «Pelé bianco», ma di pessimo carattere e già vittima d’incidenti piuttosto gravi. Ufficialmente, mai questo giocatore rivestirà la maglia viola. Vittima d’incidenti e fonte di notevoli perplessità, sarà dato in prestito al Genoa con la riapertura delle liste novembrine. Uno sballatissimo affare concluso con una sprovvedutezza unica. E pensare che per questo giocatore si era rinunciato a un certo Spencer, centravanti peruviano ventiduenne in forza al Peñarol di Montevideo, segnalato alla Fiorentina da Petrone e Gringa: senza dubbio, in seguito, uno dei più forti centravanti espressi dal calcio sudamericano!

La sconfitta di Stoccarda.
Nel frattempo Montanari, assunto come direttore tecnico al posto di Giachetti, cercava di concludere l’acquisto di un oriundo italianizzato a tutti gli effetti, entrando in trattative con la Roma per Angelillo o Lojacono. La Roma che in un primo tempo sembrava disposta a cedere uno dei due, lasciava cadere ogni trattativa per l’intransigente opposizione del suo allenatore Foni. A Sansepolcro quindi, per la preparazione al campionato, Valcareggi si ritrovava gli stessi elementi dell’anno prima, meno Bartù ceduto alla Lazio per far posto allo straniero Almir, e con in più soltanto Canella e Pentrelli acquistati dall’Udinese. C’era poco da stare allegri!
Come ciò non bastasse, notevoli attriti fra società e giocatori venivano a galla per la questione dei reingaggi. Tra i più intransigenti Robotti, Petris, e specialmente Sarti e Malatrasi, che solo alla vigilia della partita del 5 settembre a Stoccarda trovavano l’accordo con la società. Contro l’Atletico di Madrid Valcareggi mandava in campo la seguente formazione: Albertosi, Robotti, Castelletti, Malatrasi, Orzan, Marchesi, Hamrin, Ferretti, Milani, Dell’Angelo, Petris. Uno sfacelo! Albertosi incappa in una giornata nerissima; la difesa, imbambolata e frastornata, nulla può fare contro gli scatenati spagnoli; l’attacco, addirittura evanescente, non riesce a portare neppure una parvenza di minaccia al portiere avversario. L’Atletico surclassa i viola con tre gol ad opera di Jones, Mendoza e Peirò e si aggiudica con estrema facilità la Coppa delle Coppe. La Fiorentina esce definitivamente dal giro internazionale, dato che già nel mese di maggio era stata estromessa anche dalla Mitropa, essendo stata battuta sia dal Vasas di Budapest che dalla squadra jugoslava del Voivodina.
Consiglio contestato.
Il campionato 62-63 s’iniziava con due sconfitte a seguire: la prima, al Comunale, contro la matricola Modena; la seconda, a Genova, contro la Sampdoria. Immediatamente si leva un’ondata di contestazione e di rivolta contro il consiglio direttivo della società. Portavoce ne è Giordano Goggioli, che sulle colonne della Nazione spara a zero contro coloro che lui giudica i responsabili di questa situazione. «La successione al gruppo Befani col gruppo Longinotti – scrive senza tanti peli sulla lingua – ha portato alla società soltanto una carica di sprovveduto entusiasmo (laddove l’ormai chiara stanchezza del consiglio precedente imponeva una iniezione di energia); il continuo cambiamento di allenatori succedutisi a Bernardini ha aggiunto alla confusione organizzativa-amministrativa la più deleteria confusione tecnica. Una squadra con lineamenti tecnici e tattici precisi è diventata una squadra anonima, con un centrocampo incompleto, tecnicamente debole, di carattere incerto… A questo punto la soluzione possibile per tutto è una sola: il commissario straordinario».
Per tutta risposta il consiglio decideva di rimanere al proprio posto.
A calmare temporaneamente gli animi giungeva inaspettata la vittoria sulla Juventus. Esplodeva però di nuovo lo scontento il mercoledì successivo, con la sconfitta subita ad opera del Genoa nell’incontro valevole per il secondo turno della Coppa Italia (il primo era stato superato battendo all’Olimpico la Lazio la domenica precedente all’inizio del campionato): uno scontento generale e diffuso, reso ancor più angoscioso dal fatto che la domenica successiva la squadra avrebbe da recarsi a S. Siro per incontrare il Milan. Per fortuna l’incontro di S. Siro si risolveva in un pareggio; ed a questo fece quindi seguito la vittoria sull’imbattuta Atalanta la domenica dopo. Il cielo sembrava tornato sereno. Fallace illusione. A Napoli nuova sconfitta. In campo, una larva di squadra, in condizioni così pietose da far dire all’allenatore del Napoli Pesaola: «Ma che succede a questa Fiorentina? E’ mai possibile che sia ridotta in tale stato?».
Per calmare gli animi nel frattempo si continuavano a sfornare a getto continuo notizie di trattative in corso per un fuoriclasse: Coluña, Bené, Mac Kay, ecc.
Una situazione paradossale.
Dopo la partita vittoriosa sul Palermo, il 30 ottobre si teneva l’assemblea del soci. In questa veniva a crearsi in seno alla società una situazione davvero paradossale. Il consiglio infatti si vedeva approvata la relazione finanziaria, ma non otteneva la fiducia sulla relazione sportiva. Il paradosso aveva un preciso scopo: quello di far restare in carica il consiglio fino alla definizione dell’acquisto straniero che avrebbe dovuto sostituire Almir. Qualora infatti il consiglio si fosse vista respingere la relazione finanziaria inevitabilmente avrebbe dovuto dare le dimissioni e da parte della Lega si sarebbe proceduto alla nomina di un Commissario straordinario, il quale non avrebbe potuto, per legge, effettuare operazioni finanziarie al di fuori dell’ordinaria amministrazione. Machiavelli aveva pur insegnato qualcosa ai suoi concittadini!
Proprio per definire l’acquisto straniero viene inviato a Londra Pandolfini per visionare Mac Kay, e a Saragozza Chiappella per visionare Seminario. Nel frattempo la squadra subisce un’altra sconfitta a Ferrara, ritornando poi alla vittoria in maniera clamorosa contro il Genoa al Comunale.
Fra i due sotto osservazione si decide per Juan Seminario: peruviano, dal 1960 in Spagna, ala-mezzala del Saragozza. Prezzo 150 milioni, età 27 anni.
Il 9 di novembre Seminario giunge a Firenze. Due settimane dopo scende in campo nella partita con l’Inter, che faceva seguito al pareggio conseguito a Roma contro i giallorossi. L’esordio è abbastanza favorevole. Contro la squadra da tutti pronosticata come futura vincitrice dello scudetto, la Fiorentina gioca a viso aperto tutte le sue carte. Solo su rigore, messo a segno da Suarez, i nerazzurri di Herrera lasciano imbattuti lo stadio Comunale di Firenze.

Con l’innesto del peruviano la squadra sembra muoversi meglio, quasi avesse trovato nuove energie. Inizia infatti un periodo favorevole con la squillante vittoria di Torino sui granata, il pareggio conseguito a Mantova, la partita vittoriosa col Bologna, prima della quale veniva consegnata a Miguel Montuori, in riconoscimento di quanto aveva dato ai colori viola, una medaglia d’oro. E’ la vigilia di Natale. L’anno si chiude col settimo risultato utile consecutivo a spese del Venezia sul campo di Sant’Elena.

L’anno nuovo purtroppo interrompeva la serie positiva. Accadeva ancora una volta a Vicenza, più per opera dell’arbitro Grignani che per merito dei biancorossi vicentini. Era infatti l’arbitro a negare decisamente la convalida di un gol segnato si può dire due volte, in quanto su cross di Castelletti il portiere Vicentino Luison accorgendosi di esser ricaduto in rete col pallone lo lanciava fuori proprio sui piedi di Petris il quale immediatamente lo ricacciava in rete. Per tutti un gol sacrosanto, non però per Grignani. E la Fiorentina doveva gioco forza rassegnarsi alla sconfitta. Di questa si rifaceva immediatamente battendo con un secco 3 a 0 il Catania a Firenze. La fine del girone di andata la vedeva al quinto posto preceduta da Juventus, Inter, Bologna e Vicenza.
A corrente alternata anche nel «ritorno».
Freddo polare in tutta Italia nel mese di gennaio. A Modena, su un campo innevato è con mucchi di neve spalata ai bordi del campo, il girone di ritorno s’iniziava con una sconfitta ad opera dei canarini modenesi guidati da Bruells e Cinesinho. Altra partita negativa quella interna con la Sampdoria, che senza strafare si portava via dal Comunale un ben meritato pareggio. Un inizio negativo né più né meno come quello del girone di andata.
Ma, come allora, a calmare il risentimento dei tifosi, giungeva insperato il pareggio di Torino contro la Juventus, in gran parte attribuibile alla splendida giornata di Sarti. Purtroppo a questo pareggio faceva riscontro la sconfitta interna ad opera del Milan. Una sconfitta che suscitava polemiche a non finire e che darà inizio a quella serie di contestazioni, tuttora comuni ma pur sempre platoniche, fondate sulla ripresa televisiva; la quale confermava in pieno la fondatezza delle rimostranze dei giocatori viola nei confronti dell’arbitro De Marchi, per l’annullamento di un gol, segnato da Petris, con pallone fra traversa e rete superiore interna.
Di questa sconfitta la Fiorentina si rifaceva a spese dell’Atalanta a Bergamo, dove Sarti si ergeva dalla cintola in su per portare in porto il vantaggio scaturito per i viola da un’autorete del terzino Pesenti. Ed ancor più la squadra dimostrava il suo periodo favorevole cancellando con interessi moltiplicati la sconfitta subita al S. Paolo ad opera degli azzurri di Pesaola. Il quale ben preoccupato per il suo Napoli non trovava questa volta niente da ridire sullo stato di forma dei viola.
Allo squillante successo subito faceva seguito una desolante sconfitta alla Favorita di Palermo, dove il fanalino di coda, battendo i viola, vedeva riaccendersi le speranze di salvarsi dalla serie B.
L’esordio di Brizi.

Contro la Spal, Valcareggi presentava per la prima volta il giovanissimo Brizi e affidava il ruolo di centrattacco all’altro giovane Cavicchia, che aveva esordito proprio contro la Spal nel girone d’andata. Erano proprio i due giovani innesti a segnare i due gol della vittoria sugli spallini. Ambedue venivano confermati anche per la partita di Genova contro i rossoblu genoani, nelle cui file sembrava dovesse debuttare proprio quell’Almir che la Fiorentina aveva girato al Genoa e dal quale la squadra genoana ancora non aveva potuto trarre alcun vantaggio. Anche questa volta l’esordio del Pelé bianco veniva rimandato, i viola vincevano a Marassi mettendo nei guai la squadra della Lanterna, che con questa sconfitta si vedeva impelagata nei bassifondi della classifica,

Dopo il pareggio conseguito con la Roma al Comunale e l’onorevole Sconfitta ad opera dell’Inter, ormai lanciata alla conquista dello scudetto a S. Siro, la Fiorentina metteva a segno due vittorie consecutive interne: la prima di misura sul Torino; la seconda, a largo punteggio, contro il Mantova di Hidegkuti.

Sconfitta a Bologna in una partita caotica, dove di tutto si vedeva fuorché del gioco (Hamrin messo k.o. da Capra, autogol di Rimbaldo, rigore di Gonfiantini su Nielsen), la Fiorentina concludeva il suo men che mediocre campionato battendo l’ormai retrocesso Venezia, pareggiando col Lanerossi Vicenza, ed andando a conseguire l’ultima vittoria esterna al Cibali di Catania.
Terminava al sesto posto in classifica, preceduta da Inter, Juventus, Milan, Bologna e Roma: il peggior piazzamento conseguito dal 1953-54. Tutto considerato, visto specialmente il caos amministrativo che si andava profilando, un posto superiore all’effettiva capacità e possibilità della squadra.


Lorenzo Magini
Continua nel prossimo numero…
(Le foto sono tratte dall’Archivio Polidori)



