Stiamo attraversando uno dei momenti più bui della recente storia della Fiorentina, e pensare che nessuno avrebbe potuto immaginarlo appena qualche settimana fa. La squadra di Pioli è letteralmente precipitata in un incubo dal quale sembra aver poca intenzione di riprendersi. Nel momento in cui viene redatto il presente articolo, infatti, Kean e compagni sono stati appena sconfitti in casa dal Lecce, in quello che a buona ragione è stato definito uno scontro salvezza, e il club ha annunciato il ritiro al Viola Park per giocatori e staff e silenzio stampa fino a nuova comunicazione. Insomma, una situazione incandescente, con Stefano Pioli primo indiziato a pagare il conto di questo avvio horror.
A peggiore il tutto, perché piove sempre sul bagnato, si sa, l’assenza di un direttore sportivo dopo le dimissioni di sabato di Daniele Pradè – dimissioni che, visti gli investimenti in estate e i risultati ottenuti, appaiono giuste e anche un po’ tardive – e l’ormai consueto e fragoroso silenzio del Presidente Rocco Commisso, sul quale si rincorrono voci di salute che scegliamo di non commentare. Sono ore nelle quali può accadere di tutto, anche se qualcosa è più probabile di altro.
Iniziamo dall’allenatore… I numeri dei ragazzi di Pioli raccontano meglio di qualsiasi altra cosa il fallimento di una squadra e del proprio mister: appena 4 punti in 10 partite di campionato, peggior difesa con 16 reti subite e attacco tra i meno prolifici della Serie A con appena 7 gol, con la casella delle vittorie che segna ancora un vergognoso 0. Basterebbe questo, onestamente, a decretare, seppur con dispiacere per lo spessore dell’uomo e per il legame con Firenze, la fine dell’esperienza dell’ex Milan in viola. Una esperienza, la seconda in riva all’Arno, che era iniziata con grande entusiasmo e bei presupposti.

Adesso non rimane che capire quale strada porterà al suo allontanamento: il licenziamento? Difficile da pensare, dati i 18 milioni lordi che la società dovrebbe sborsare nei prossimi tre anni. Le dimissioni? Anch’esse tutt’altro che scontate visto che Pioli, per la panchina gigliata, ha rinunciato a diversi soldi in Arabia e, da professionista qual è, avrebbe tutto il diritto di pretendere il rispetto del suo contratto. Probabilmente troveranno quindi un accordo a metà strada, con buona pace di tutti, ma sarebbe follia immaginare di rivedere Pioli in campo giovedì sera in Germania in Conference League. Perché se è vero che la squadra non ha giocato contro di lui né ieri né precedentemente, è altrettanto vero che siamo di fronte a un gruppo svuotato, scarico fisicamente e soprattutto mentalmente, incapace di mettere in pratica i dettami tecnico-tattici del mister. Incapace, persino, di lottare per lui e la sua permanenza (oltre che per la maglia e i tifosi, per cui dovrebbero sempre sputare sangue). Il feeling tra giocatori e allenatore, evidentemente, non è mai nato e su questo ci possono essere poche discussioni.
L’allenatore, però, non è l’unico responsabile di questa debacle. Il direttore sportivo, come detto già dimesso nella giornata di sabato, è, assieme a Pioli, l’altro responsabile di una stagione partita male, malissimo. Tanti, troppi soldi spesi per calciatori che poi, sul campo, hanno dimostrato di non essere all’altezza dell’investimento, delle attese e delle ambizioni della piazza. Primi tra tutti i profili scelti per il centrocampo viola, primo vulnus di questo fallimento.
Ci sono, infine, le responsabilità dei calciatori. Sarebbe delittuoso non addossare responsabilità a giocatori che, sotto lauto compenso, devono rappresentare Firenze e la Fiorentina e, invece, fanno sprofondare questi colori nella vergogna. In dieci partite di campionato non hanno fatto vedere niente, in particolare non hanno dimostrato di avere carattere, di esserci mentalmente, di voler ribaltare questa situazione sportivamente drammatica.

I tifosi della Fiorentina sono molto esigenti, lo sappiamo, ma sanno innamorarsi e volere un gran bene anche a quei calciatori che, a discapito di piedi non eccelsi, danno l’anima per la causa gigliata, ma di contro non accettano buoni giocatori (sulla carta) che giocano con sufficienza, che si limitano al compitino, che non danno il cuore per la maglia. Purtroppo, la squadra di oggi, nessuno escluso, rientra nella seconda casistica. Ed è imperdonabile!
E quindi, adesso, che si fa?
Nel momento in cui scriviamo, salvo ribaltoni che sarebbero francamente incomprensibili, la Fiorentina non ha né allenatore né direttore sportivo. All’interno del Viola Park sono rimaste soltanto due figure, Ferrari e Goretti, oltre a Mark Stephan, uomo di fiducia di Commisso che non sappiamo bene cosa possa e debba fare, chiamate a risolvere la complicata e delicata situazione. In tempi brevi, è necessario scegliere un direttore sportivo, un profilo nuovo (non un cavallo di ritorno e non il frutto di una promozione interna), una figura di spessore, di esperienza, che sappia prendere decisioni forti e possa colmare l’assenza del Presidente. Dopodiché, dev’essere deciso il nome del nuovo allenatore. Escluderei, anche qui, minestre riscaldate: occorre un mister che sappia gestire una situazione difficile, che sappia “curare” la fragilità mentale della squadra, che porti grinta e faccia aumentare il numero di giri del motore viola. E che sappia cosa significhi lottare per salvarsi. I nomi, se teniamo anche conto delle limitazioni della rosa (non è spendibile, ad esempio, il nome di un allenatore che gioca soprattutto con il 4-3-3, dal momento che la Fiorentina non ha esterni), non sono tantissimi. Intanto, la squadra dovrà essere affidata a Daniele Galloppa, attuale allenatore della Primavera, per le gare in Conference e contro il Genoa, quest’ultima un’altra partita molto, molto importante e delicata.
La stagione è ancora lunga (per fortuna o per sfortuna, dipende dai punti di vista), c’è tempo e modo per uscire da questo incubo, anche perché i valori della Fiorentina, in teoria, sono molto superiori a quelli delle avversarie che lottano per salvarsi. Ma è il campo ad avere l’ultima parola, del resto sono retrocesse squadre più forti di quella gigliata. Occorre quindi una rivoluzione in casa viola, una vera rivoluzione e non l’ennesimo gattopardismo per cui si cambia per non cambiare, in cui si decide di non decidere. Le avversità, spesso, nascondo opportunità: Commisso e la Fiorentina hanno adesso una grande opportunità: rilanciare una squadra e un’idea di futuro. E va fatto per forza. Per far uscire la tifoseria e la città dalla vergogna. Per salvare una stagione. E per salvare un centenario, che non possiamo immaginare di festeggiare nella serie cadetta.
Giacomo Cialdi – Direttore Alé Fiorentina
(Foto in copertina La Nazione)



