Venerdì 24 gennaio la famiglia viola ha festeggiato il settantesimo di Claudio Desolati al quale vanno ovviamente i più affettuosi auguri di Alé Fiorentina che fece a tempo, ormai più di cinquant’anni fa, a celebrare le imprese dei suoi esordi quando poco più che sedicenne dalle giovanili fu proiettato direttamente nel calcio della serie A come accade ai calciatori destinati ad una luminosa carriera quando invece, come nel caso del nostro Claudio, un destino sfortunato non ne pregiudichi il completo compiersi.
La ricorrenza è quindi l’occasione per rendere il giusto onore ad un calciatore che fu tra i protagonisti di una stagione viola, quella collocata nella prima metà degli anni settanta delle gestioni Liedholm-Radice-Rocco, che tante analogie presentava con la Fiorentina yé-yé dei vicini anni sessanta ma che non ne rinnovò i successi anche per i gravi infortuni che colpirono alcuni tra i suoi protagonisti tra cui Claudio ponendo addirittura fine alle carriere di Vincenzo Guerini e Moreno Roggi già stabilmente inseriti nel giro della nazionale maggiore.
E quale attaccante vale la pena ricordare che il nostro, nonostante le tante stagioni condizionate dagli infortuni, rientra comunque ancora nella top ten dei marcatori della centenaria storia viola con 58 reti in 195 partite, 43 in 152 di campionato oltre i due revocati di Fiorentina-Como del 4 aprile 1976 per lo 0-2 poi comminato a tavolino, ad una sola segnatura da Riganò e Virgili.
L’inizio della sua carriera riporta ancora al calcio della Tv in bianco e nero della Domenica sportiva e a quello raccontato alla radio dagli epigoni di Niccolò Carosio di Tutto il calcio minuto per minuto, così come la sua storia personale si inquadra in quella dell’Italia del secondo dopoguerra.
Nato a Genk in Belgio dove il padre Ubaldo si era trasferito per lavorare in miniera, siamo all’epoca del protocollo Italo-belga firmato da De Gasperi che prevedeva l’invio di lavoratori italiani da impiegare nelle miniere in cambio di forniture di carbone, torna quattordicenne con la numerosa famiglia in Italia in provincia di Massa-Carrara, ad Avenza, paese di origine, lavorando la mattina in una cava di marmo ed in un supermercato per giocare il pomeriggio a calcio la sua vera passione.
Viene notato e tesserato dal Genoa dove passa due anni nelle giovanili condividendo la camera con Roberto Pruzzo, altro attaccante di razza destinato ad una più fortunata carriera che si conclude proprio in viola nel 1989 con lo storico gol dello spareggio di Perugia contro la Roma per l’accesso alla Coppa Uefa, e nel novembre 1971 passa alla Fiorentina del nuovo corso Ugolini-Liedholm dopo l’infelice campionato 1970-71.
Il suo primo gettone in serie A data 23 gennaio 1972 quando non ancora diciassette Liedholm lo fa entrare nel secondo tempo di Fiorentina-Sampdoria al posto di Longoni, ma il suo vero, sontuoso esordio è l’anno successivo, il 7 aprile 1973 al Comunale di Firenze contro la Juventus di Vycpalek, appena diciottenne e fresco reduce dalla vittoria nel torneo di Viareggio (il secondo della storia della Fiorentina), quando lo stesso Liedholm lo schiera al centro dell’attacco al posto dell’indisponibile Clerici.
La partita, fatto eccezionale per quei tempi, si gioca di sabato come anticipo della 24^ per consentire alla Juventus di disporre di un giorno in più per preparare la semifinale di andata di Coppa dei Campioni col Derby County; è un bellissimo pomeriggio di primavera e tra i cinquantacinquemila spettatori presenti che assicurano alla società il nuovo record di incasso, accalcati nel Parterre di tribuna lato Fiesole, ci siamo anche noi insieme al babbo.
La Fiorentina schiera Superchi, Galdiolo, Roggi, Scala, Brizi, Orlandini, Antognoni, Merlo, Desolati, De Sisti, Saltutti, mentre la Juventus, che poi si aggiudicherà lo scudetto all’ultima giornata grazie all’inopinata caduta del Milan a Verona, oppone Zoff, Spinosi, Marchetti, Longobucco, Morini, Salvadore, Causio, Cuccureddu, Anastasi, Capello, Altafini.
La partita, di cui resteranno impressi per sempre nella memoria i momenti cruciali, si decide tutta nel secondo tempo ed il nostro Claudio ne è l’assoluto e splendido protagonista.
In apertura di ripresa è infatti l’autore del perfetto assist che manda in gol Saltutti sotto la Fiesole per l’iniziale vantaggio, poi, dopo il pareggio della Juve già allo spirare della partita grazie ad un generoso rigore concesso dall’arbitro Serafino per un mani di Roggi e trasformato da Causio che sembrava mettere il suggello alla partita, realizza a pochi minuti dalla fine il gran gol della vittoria al termine di un’azione che ci scorre davanti nitida ora come allora.
E’ Claudio Merlo ad avviarla con una delle sue indimenticabili verticalizzazioni palla al piede che spaccavano le metà campo avversarie; dopo un tocco di capitan De Sisti il pallone arriva in piena area di rigore a Desolati che con un secco dribbling elude l’intervento dell’accorrente Salvadore aprendosi la strada verso la porta per insaccare con un preciso rasoterra dopo una finta che manda a terra Zoff con le sue “gloriose varici” come ebbe a scrivere il giorno dopo Gianni Brera nella sua cronaca della partita che, unico evento calcistico di quel sabato, ebbe ampio risalto su tutti i quotidiani sportivi e non ai quali noi, allora quindicenni, non avremmo mai finito di abbeverarci.
Dotato di velocità e scaltrezza, capace in acrobazia ed abile nel gioco di testa nonostante il suo metro e settantadue grazie all’innato tempismo, è tra i protagonisti della Fiorentina ancora ambiziosa dei primi anni della presidenza Ugolini come del resto testimoniato dalla cifra degli allenatori che si succedono in quegli anni, il barone Liedholm considerato già un maestro di calcio anche per il suo luminoso passato di calciatore che poi vincerà campionati con Milan e Roma, l’emergente Luigi Radice, l’allenatore che più di altri in quel momento ci avrebbe forse portato al successo, inspiegabilmente perso dopo appena una stagione, che di lì a poco proponendo un calcio nuovo e moderno riportò il Toro ad essere protagonista di memorabili stagioni culminate con lo scudetto del 1976, e in fondo, nonostante si trovasse nella sua parabola discendente, lo stesso paron Rocco se non altro per il prestigio acquistato negli anni trascorsi al Milan carichi di vittorie su tutti i campi del mondo.
E’ una stagione nella quale oltre ai grandi protagonisti del secondo scudetto del ’69 ancora in viola Superchi, Brizi, Merlo e De Sisti, agli esperti e già collaudati Galdiolo, Clerici, Scala, Orlandini, si aggiunge trovando sempre più spazio una schiera di giovani e giovanissimi che rappresentano la meglio gioventù del calcio italiano di quegli anni come Antognoni, Roggi, Guerini, Caso, Casarsa ed il nostro Claudio, un gruppo che alimenta l’illusione possa ripetersi il miracolo del 1968-69 ma che presto, diremo dalla stagione 1975-76 primo campionato di Mazzone, sbiadisce con l’incidente occorso a Vincenzo Guerini che ne ferma definitivamente la carriera, primo di una serie nera di avversi eventi che poi colpirà anche Desolati, con onerosi ma non indovinati acquisti oltre tutto sostenuti anche da cessioni di giocatori ancora funzionali, per poi svanire soprattutto per la storica inadeguatezza politica economica e finanziaria della società a competere con le grandi del Nord.
Claudio resta in viola sino al campionato 1980-81, già in era Pontello, anche se negli ultimi anni le sue presenze si riducono drasticamente per gli infortuni sino a toccare il minimo di 4 nella stagione 1978-79, la prima di Carosi.
E qui, a riprova del valore e della considerazione di cui comunque sempre godeva, vogliamo ricordare che in quegli stessi suoi tribolati anni alla fine di ogni mercato, puntualmente, il pieno recupero fisico di Desolati veniva prospettato da società e stampa come il miglior acquisto.
La sfortuna non gli preclude tuttavia la conquista di trofei come i due tornei di Viareggio del già ricordato 1973 e del successivo 1974, la coppa Italia del 1975 dove è protagonista della finale del 28 giugno 1975 all’Olimpico vinta per 3-2 sul Milan, del torneo Anglo-Italiano della stagione successiva con le due finali A/R contro i londinesi del West Ham entrambe vinte per 1-0 nelle quali è sempre protagonista, oltre exploit personali che resteranno negli annali come la tripletta all’Inter del 15 maggio 1977 al Comunale.
Un discreto bottino quello delle sue vittorie considerato quanto la bacheca viola non sia così carica di trofei.
A fine carriera Claudio è rimasto legato a Firenze ed alla Fiorentina dimostrando sempre uno speciale attaccamento alla squadra nei suoi interventi sulle tv locali quale ex viola e sempre disponibile nei confronti della tifoseria e dei suoi club.
Generoso nei giudizi anche nei momenti nei quali sarebbe stata legittima una critica aspra e sempre privo di qualsiasi malevolenza nei confronti di giocatori spesso di lui meno bravi ma tanto più fortunati quanto a portafoglio per aver vissuto il calcio più ricco del post sentenza Bosman.
E proprio in occasione ai di alcune serate conviviali del nostro Viola Club alle quali non ha mai fatto mancare la sua presenza abbiamo avuto il piacere di conoscerlo e di apprezzarne la simpatia, la piacevolezza e l’ironia nel raccontare tanti divertenti aneddoti che hanno costellato la sua lunga militanza in viola compreso quelli che lo riguardavano direttamente come la famosa corsa nel viale dei Mille cui era stato costretto insieme al compagno Speggiorin da un manipolo di tifosi inferociti muniti di mazze e bastoni dopo una brutta sconfitta interna con la Sampdoria (ancora i blucerchiati nel suo destino), nonostante si fossero premurati di uscire da una porta secondaria dopo essersi al lungo trattenuti all’interno dello stadio in attesa che le sue adiacenze tornassero sgombre.
Nel suo colorito racconto a distanza di anni Claudio finiva in qualche modo per dimostrare comprensione della reazione dei tifosi tanto deludente era stata la prestazione della squadra nella quale si trovò suo malgrado disgraziatamente coinvolto per non avere saputo dire di no a Paron Rocco che, nonostante un serio problema muscolare che avrebbe dovuto tenerlo a casa, non solo volle convocarlo se pur promettendo di non impiegarlo, ma sullo 0 – 2 lo mandò addirittura in campo esponendolo alla brutta figura.
Tutto questo narrato sorridendo e con ammirevole autoironia, senza alcun risentimento né verso gli aggressori né verso Rocco che lo aveva gratuitamente consegnato all’ira dei tifosi.
Così come abbiamo apprezzato, nelle occasioni che ci sono state date di incontrarlo, il suo non esprimere rimpianti per una carriera che senza gli infortuni patiti avrebbe potuto portargli più gol, ricordiamo qui che ad appena ventidue anni aveva già messo a referto 33 segnature in serie A, e quindi più successi e più soldi, convinto che altri sono i valori che contano.
E allora ancora auguri a te Claudio Desolati da Genk, piccolo grande eroe dalla storia esemplare di quella Fiorentina cui più siamo affezionati, che non finiremo mai di ringraziare per la gioia assoluta regalata in quel lontano pomeriggio di sabato 7 aprile 1973.
Marco Pieri – Viola Club Franco Nannotti