In ricordo di Aldo Agroppi

Condividi sui social

IN RICORDO DI ALDO AGROPPI

Una delle prime brutte notizie del 2025 è stata, il 2 gennaio, la morte di Aldo Agroppi.

Aldo fa parte della nostra storia. Ha guidato la nostra squadra in momenti diversi. Lo vogliamo ricordare sulla panchina della Fiorentina 1985-86 che seppe condurre al quinto posto finale promuovendo titolari molti giovani (Carobbi, Onorati, Berti).

La Fiorentina aveva bisogno di aria nuova. L’anno precedente era andato tutto male, a partire dal grave problema fisico avuto da De Sisti e dal complicato inserimento di Socrates. Più in generale, era finito il primo ciclo della proprietà Pontello, quello dell’assalto allo scudetto, ed era necessario un cambiamento radicale. Aldo fu scelto dal nuovo direttore sportivo, Claudio Nassi, anch’egli piombinese, ed ebbe un altro toscano, Giampaolo Piaceri di Camaiore, come secondo.

Quella Fiorentina fu, per Agroppi, la punta più alta della sua carriera di allenatore. Una squadra a cui aveva trasmesso i suoi credi sportivi, a partire dall’impegno in allenamento ed alla generosità in campo, sempre a sostegno dei compagni.

Agroppi, Morichi, Latella, Righetti, Raveggi, Mareggini, Pascucci (Foto Sabe)

Era lo spirito Toro che Agroppi aveva incarnato nella sua vita da mediano. Una “filosofia” che, peraltro, lo aveva portato a vestire anche la maglia della Nazionale.

Aldo predicava un calcio semplice fondato sull’attacco all’avversario: recuperare il pallone e sfruttare rapidamente il tempo e lo spazio conquistato per attaccare l’area avversaria.

In difesa voleva due ottimi marcatori e li aveva: uno alto e forte di testa, Celeste Pin, l’altro aggressivo e veloce, due delle migliori caratteristiche di Renzo Contratto. Un terzino doveva spingere, rovesciare il campo e chi meglio di quel giovane ragazzo di nome Stefano Carobbi? E poi c’era Gentile sempre in lotta per un posto, da stopper o da terzino. Avevamo, ma era da riconquistare alla causa, un grandissimo libero. Daniel Passarella sembrava avesse staccato la corrente. La squadra non aveva più l’obiettivo di vincere lo scudetto e lui era all’ultimo anno di contratto, già promesso all’Inter. Aldo lo affrontò duramente, lo mise di fronte alle sue responsabilità, lo pungolò nell’orgoglio e ottenne una stagione superlativa, arricchita dagli undici gol segnati da Daniel, capocannoniere della squadra e recordman dei difensori goleador, decisivi per la qualificazione UEFA.

A centrocampo voleva equilibrio e quella che negli ultimi anni abbiamo cominciato a chiamare densità. Al carisma e all’esperienza di Oriali, alla duttilità di Battistini, alla corsa di Berti e di Massaro, aggiunse Onorati, una sua scoperta. Nel ritiro di Serramazzoni, in un match con la Primavera, vide questo centrocampista. Alto con un bel fisico, un giocatore di qualità capace di dare geometrie e con un gran tiro; lo aggregò subito alla prima squadra. Davanti Paolone Monelli che non ebbe una delle sue migliori annate realizzatrici, ma aiutò tanto il gioco di squadra. Non riuscì, invece, l’innesto di Iorio in maglia viola.

L’impatto con la tifoseria gigliata fu controverso. Ai tifosi piaceva il suo modo di parlare diretto, ma alcuni atteggiamenti resero complicato il rapporto. Agroppi voleva proteggere ed isolare i giocatori. I Viola Club erano abituati ad avere come ospiti i calciatori della Fiorentina. Ad inizio stagione l’Associazione Centro Coordinamento Viola Club organizzò ad Artimino, alla Villa dei Cento Camini, la festa per i 20 anni del Centro. Era prevista la partecipazione di tutta la Fiorentina guidata dal suo allenatore. Agroppi, senza avvertire, pensò bene di portare la squadra ad un cinematografo in centro anziché alla festa. Il presidente dell’ACCVC, Gigi Boni, reagì dimettendosi, per denunciare la grave mancanza di rispetto verso la nostra tifoseria.

Il tema ricorrente della stagione fu il rientro di Giancarlo Antognoni fermo ai box dopo il grave infortunio (frattura di tibia e perone) subito contro la Sampdoria nel febbraio 1984. Giancarlo era rientrato, dalla panchina, il 24 novembre 1985, dopo quasi due anni di assenza, salutato dalla sua curva: “Sei come il sole risorgi e illumini tutto”. Il pubblico spasimava per vederlo giocare, ma Agroppi sembrava farne volentieri a meno, trincerandosi dietro la sua non perfetta efficienza fisica. In un primo pomeriggio di marzo, nel famigerato percorso tra lo stadio e i campini, la situazione tracimò. Agroppi venne affrontato duramente da alcuni tifosi che passarono alle vie di fatto, con Daniel Passarella che difese il tecnico. Roberto Baggio, il cui acquisto era stato confermato proprio da Nassi nonostante il gravissimo infortunio (legamento crociato anteriore e menisco ginocchio destro) subito a Vicenza, trovò un po’ di spazio soltanto in Coppa Italia. Nonostante la timidezza di Roby il rapporto fu burrascoso, il mister gli contestava tutto braccialetti, abbigliamento…

I punti più alti della stagione furono due successi casalinghi: il 3 novembre 1985 un secco 3-0 all’Inter e, dopo cinque anni, il ritorno del successo allo stadio comunale contro i gobbi alla quartultima giornata di campionato. Roma ed Juventus sono in piena lotta scudetto. La Fiorentina infligge un colpo letale ai bianconeri battendoli 2-0. Il secondo gol è un contropiede di Berti, una corsa lunghissima che Aldo segue correndo dalla panchina ed entrando in campo a braccia alzate. Certi gesti non piacciono a chi, da sempre, esercita il potere sul calcio italiano. Il presidente della Juventus, Giampiero Boniperti a Firenze confidenzialmente chiamato “Marisa”, monopolizzò la “Domenica Sportiva”: “Agroppi ha esagerato, non si esulta così”.

Un attacco pesante, originato dalla volontà di nascondere le difficoltà della propria squadra che vinse anche quello scudetto grazie al suicidio della Roma (2-3) in casa col retrocesso Lecce. Agroppi accusò l’attacco, gli sembrò una coltellata alle spalle, possibile che ad un allenatore venga impedito di esultare?

Provò a chiarire con Boniperti, ma, in perfetto stile Juve, non ebbe risposta. Fu l’inizio delle sue estenuanti battaglie televisive che lo trasformarono da allenatore a commentatore, rendendolo definitivamente inviso al palazzo del calcio, situazione che pagammo pesantemente quando fu chiamato nuovamente sulla nostra panchina nel 1992-93.

La Fiorentina 1985-86 ebbe come grande limite il rendimento in trasferta, dove perdemmo sette partite su quindici: ventitré i punti conquistati in casa, dieci quelli in trasferta. L’eccezione fu l’ultima giornata di campionato: Pisa-Fiorentina. I nerazzurri erano in lotta per la salvezza e la Fiorentina a caccia dei due punti per la qualificazione europea. Fu una giornata segnata da scontri continui e violenti tra le tifoserie. Il Pisa passò in vantaggio, ma fu ribaltato da Passarella: viola in UEFA e nerazzurri in B, con il presidente Romeo Anconetani che inveì contro Agroppi, rinfacciandogli di averlo fatto lavorare in passato…

Una giornata difficilmente dimenticabile in cui trovarono spazio anche l’addio di Galli e Massaro, ceduti al Milan, oltre a quello di Passarella diretto all’altra sponda di Milano.

La qualificazione UEFA sembrava aver creato le condizioni per rilanciare le ambizioni della Fiorentina. Nassi era al lavoro. Andava ricostruita totalmente la prima linea e lui aveva già definito gli acquisti di Van Basten, Kieft, Ramon Diaz, Di Chiara, con Baggio da recuperare. Ma nell’estate avvenne, repentino e traumatico, il cambio di rotta. Ranieri Pontello si dimise da presidente passando le consegne a Pier Cesare Baretti, dirigente di grande statura della Lega. Era il segnale del passo indietro deciso dalla famiglia, l’inizio della exit strategy dalla Fiorentina.

Nel 1986-87 la Fiorentina, con Bersellini in panchina, arrivò al decimo posto. Di Chiara e Diaz erano stati acquistati, Van Basten NO.

Agroppi, negli anni successivi, sedette, con poca fortuna, sulle panchine di Como e Ascoli, per poi cominciare l’attività di opinionista televisivo, in cui si distinse per gli attacchi al sistema. 

Aldo non era un personaggio televisivo modulato sui gusti dell’utenza. Agroppi, nel bene e nel male, era una persona vera. Usava la sua intelligenza per capire le cose e la sua ironia per descriverla, senza fare sconti, a nessuno e tanto meno a se stesso.

Per questo, pur nella diversità di tante opinioni, ha sempre meritato il massimo rispetto.

Massimo Cervelli – commissione storia Museo Fiorentina

Leggi altri articoli
Torna in alto