Anche durante la sosta per il Mondiale, Firenze e i fiorentini continuano a pensare e a parlare di Fiorentina: alla ripresa del campionato, il 4 gennaio contro il Monza, la squadra di Italiano dovrà riprendere la giusta strada intrapresa contro lo Spezia e interrotta, immeritatamente, contro il Milan. Per parlare del momento dei gigliati e di cosa ci aspetterà nei prossimi mesi, Alé Fiorentina ha intervistato in esclusiva Luciano Chiarugi, grande ex attaccante viola dal 1965 al 1972.
Chiarugi, che idea si è fatto sulla Fiorentina dopo le prime quindici giornate di campionato?
«È indubbio che le aspettative erano altre rispetto a quanto visto in questa prima parte di stagione. Ero tra quelli, in estate, che riponevano molte speranze in questo gruppo, soprattutto dopo la scorsa annata terminata con la qualificazione in Conference League. Qualcosa è andato storto, c’è stata una partenza piuttosto complicata e la classifica non rispecchia quelle che erano le attese dei tifosi».
Che spiegazione si è dato di queste difficoltà?
«Spesso e volentieri concorrono più fattori al brutto rendimento di una squadra. Anzitutto ci sono i singoli: alcuni giocatori non hanno reso come dovevano, penso a Jovic ma non soltanto a lui. Poi ci sono stati anche gli infortuni, vedi quello di Sottil, che hanno tolto frecce all’arco di Vincenzo Italiano. Infine, c’è stata probabilmente una componente psicologica: quando un gruppo parte con determinati obiettivi e si trova poi a lottare nei bassifondi della classifica, può far fatica ad uscire dalle sabbie mobili».
Nelle ultime settimane prima della sosta per il Mondiale, però, si è vista una crescita, è d’accordo?
«Sì, c’è stato un miglioramento, sotto più punti di vista, è vero. È cresciuto il carattere della squadra, si è visto qualcosa in più per quanto riguarda il gioco e abbiamo trovato punti importanti. Tutto vero. La classifica però ancora non entusiasma: 19 punti in quindici giornate di campionato sono pochi, troppo pochi per una squadra che a detta di quasi tutti, società compresa, partiva per migliorare quanto fatto l’anno precedente. Le ultime tre/quattro partite sono state un crescendo rispetto ai due mesi precedenti, ma la trasferta di Milano ci ha ridimensionato un po’: la Fiorentina non meritava di perdere, ma è una battuta d’arresto che a mio avviso frena la corsa, anche mentale, dei viola».
Poco fa ha citato Jovic, uno dei singoli che finora non ha rispettato le attese: che giudizio si è fatto su di lui? E secondo lei è una prima punta, come ce l’hanno raccontato in estate, oppure non ha le giuste caratteristiche per giocare centravanti?
«Sono un po’ perplesso, onestamente. Jovic sarà anche un buon giocatore, ma a Firenze non ha ancora dimostrato niente. Né tecnicamente, né caratterialmente. Mi sembra evidente che questo calciatore non abbia le movenze, le qualità mentali, l’istinto per giocare da prima punta. Può fare il trequartista, girare intorno al centravanti, ma difficilmente può reggere da solo l’attacco di una squadra che ha ambizioni europee. Il suo primo gol, quello contro la Cremonese, aveva illuso molti che si trattasse di un centravanti: non lo è».
Si aspettava altro anche a livello caratteriale?
«Assolutamente sì. A parte qualche gesto rivolto al pubblico che avrebbe potuto tranquillamente evitare, mi è sempre sembrato piuttosto indolente, fuori dal gioco e soprattutto spento mentalmente. Mi aspettavo che, venendo dal fiasco di Madrid, avrebbe avuto grande voglia di dimostrare il suo valore, invece non ha cattiveria. Fin qui è mancato completamente l’aspetto caratteriale: Vlahovic, per fare un esempio che è fresco nella mente di tutti noi, aveva ed ha ancora oggi questa cattiveria, questa fame… ed è fondamentale per un attaccante».
Di Cabral, invece, cosa pensa?
«Cabral è indietro rispetto a Jovic dal punto di vista della tecnica, ma ha capito come farsi voler bene: corre, lotta, si fa vedere, aiuta a centrocampo… Fa tutto ciò che serve per dare una mano alla squadra».
Da queste sue parole dobbiamo pensare che preferisce il brasiliano?
«Hanno qualità diverse, è difficile confrontarli. In generale credo che nessuno dei due, almeno per quanto hanno fatto vedere fino ad ora, è l’attaccante giusto per una squadra come la Fiorentina che vuole giocare in Europa da protagonista e che ha voglia di rientrarci il prossimo anno. Serve un altro tipo di attaccante, uno che abbia il gol nel sangue».
Sta auspicando un intervento sul mercato già a gennaio?
«Mi auguro che la lunga sosta per il Mondiale serva come periodo di riflessione: per i due giocatori, che hanno necessità di ritrovarsi, e per la Fiorentina, che deve capire ciò di cui ha bisogno».
A proposito di mercato, cosa servirebbe secondo lei a questa squadra?
«Qualità. A questa Fiorentina, oltre ai gol degli attaccanti, serve qualità in attesa di rivedere in campo Castrovilli e Sottil; serve qualità finché non avremo al meglio Nico Gonzalez, che per questa squadra è un giocatore decisivo; serve qualità per non dipendere eccessivamente da Bonaventura, che è un centrocampista fortissimo ma con diverse primavere sulle spalle. Qualità, qualità e ancora qualità. Quella che dava Lucas Torreira, ad esempio: chi, come me, cita spesso e volentieri Torreira non è fissato o polemico; semplicemente ci accorgiamo come l’ex Samp riuscisse a equilibrare la squadra dandole velocità e qualità di gioco. Alla Fiorentina servirebbe un altro come lui in mezzo al campo, per salire un gradino e puntare a qualcosa di più».
Come ha visto invece mister Italiano in questa prima parte di stagione?
«Lo scorso anno ha fatto un grande lavoro, per questo merita ampio credito sia presso il pubblico di Firenze sia presso la società. Detto ciò, all’inizio non mi sono piaciuti i troppi cambi: hanno tolto certezze alla squadra e creato più confusione che altro. In alcuni momenti è apparso un allenatore con diversi dubbi, e credo li abbia trasmessi al gruppo. Nell’ultimo mesetto di calcio giocato, però, si è vista una trasformazione in positivo: cambiamenti tattici, un gioco un po’ più brillante, più certezze. Mi auguro a gennaio possa ripartire da qui, dalle sue certezze, e replicare quanto di buono fatto vedere l’anno scorso».
In conclusione, cosa chiederebbe a Rocco Commisso? E cosa si aspetta dal 2023 della Fiorentina?
«Al Presidente Commisso vorrei chiedere che intenzioni ha: se è venuto a Firenze per fare grande la Fiorentina, e io credo di sì, adesso è il momento di fare il salto di qualità: oggi la rosa non vanta un campione che sia uno, e per raggiungere i risultati occorrono giocatori importanti. Commisso ha una grande responsabilità, ovvero farci tornare a sognare: spero davvero lo faccia!
Dal 2023, invece, voglio aspettarmi grandi cose. Intanto spero che il mercato dia una scossa positiva alla squadra. Dopodiché, voglio credere che la Fiorentina riprenda a giocare con qualità, che creda nelle sue potenzialità e rimetta a posto la classifica: la decima posizione non rispecchia il valore della rosa. E poi c’è la Conference League: dobbiamo credere di poter andare avanti, molto avanti. Dobbiamo credere di poter arrivare in fondo!».