Il nostro ciclo di interviste non poteva non partire da lui: Sandro Picchi. Una delle firme più prestigiose di Alé Fiorentina, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Storico giornalista fiorentino, ha seguito la squadra viola per decenni, raccontandone le grandi gesta e le brutte cadute. Insieme a lui abbiamo quindi cercato di ripercorrere quel periodo storico, sottolineandone le diversità rispetto al presente, per poi analizzare il momento attuale della Fiorentina.
Riparte oggi, anche in formato cartaceo dopo oltre cinquant’anni dalla prima uscita, Alé Fiorentina. Che rivista era, quando anche lei ne era una prestigiosa firma?
«Ai miei tempi era un bellissimo giornale, ricco di illustrazioni e di notizie sulla Fiorentina. La cosa più bella è che parlava ai tifosi, ai Viola Club, conscio del fatto che sono loro, da sempre, il motore di tutto questo giochino. Anche se non tutti l’hanno capito, mi pare. All’epoca si leggeva molto, non c’erano siti internet e decine di programmi televisivi, per cui i giornali erano lo strumento principale per seguire la propria squadra del cuore, e Alé Fiorentina lo faceva discretamente bene ospitando anche importanti firme del giornalismo sportivo italiano. Dati i bei ricordi che mi legano alla rivista, non posso che farvi tanti auguri per questo nuovo corso».
Com’era, e cosa significava, seguire la Fiorentina?
«Era un privilegio enorme, perché avevamo l’opportunità di vivere da vicino la squadra, di vedere gli allenamenti, di conoscere e stringere rapporti con i calciatori. Era un’esperienza completamente diversa rispetto a quella di oggi, sia per i giornalisti che per i tifosi. Oggi la tifoseria ha un accesso più comodo alle partite, ma sembra tutto molto più distante. Un tempo avevi l’impressione che i giocatori fossero come te, dei comuni mortali dotati però di qualità tecnico/fisiche fuori dal normale, oggi sono personaggi irraggiungibili e spesso troppo pieni di sé».
Tra l’altro era anche una squadra, quella della seconda metà degli anni ’60, che dette grandi soddisfazioni…
«Era una Fiorentina fantastica! Nessuno si aspettava che quel gruppo di ragazzi sarebbe cresciuto in quel modo, riuscendo a centrare, nel ’69, un traguardo incredibile: vincere lo scudetto perdendo solamente una partita. Furono veramente begli anni…».
Come sono cambiate Firenze e la tifoseria viola da quei tempi?
«Sono cambiate come era inevitabile che fosse. Non so dire se in meglio o peggio, ma certamente in questi decenni sono cambiate. La tifoseria ha subìto una prima trasformazione dopo il secondo scudetto, quando sono nati i Viola Club: da lì i tifosi hanno cominciato ad aggregarsi nei club, e l’organizzazione che prima era personale, con i propri amici o familiari, è stata gestita da queste sovrastrutture del tifo. Tra l’altro Firenze è stata tra le prime in Italia ad avere i Viola Club. Così come è cambiato il peso dei tifosi: questi ultimi, tanti anni fa, guardavano una partita, discutevano, e niente più; oggi invece incidono ed hanno la forza per cambiare, o quantomeno influenzare, il comportamento di una società. Direi che in quest’ultimo aspetto ci sono stati dei miglioramenti».
Veniamo alla Fiorentina di oggi. Come le sembra?
«Non mi dispiace affatto, sa?! È una squadra che costruisce il gioco dal basso, in maniera moderna, cercando i terzini e con il baricentro alto. Mister Italiano sta facendo un buon lavoro, ha le idee chiare e sta ottenendo degli ottimi risultati. Non ci possiamo lamentare».
Anche se la partenza di Vlahovic…
«Perdiamo un bel pezzo, non ci sono dubbi. Il serbo è un centravanti di livello, avrebbe fatto molto comodo in questa seconda parte di campionato. Dobbiamo sperare che i sostituti, a cominciare da Cabral, siano all’altezza e non lo facciano rimpiangere troppo».
Come valuta la gestione Commisso fino ad ora?
«Se mi chiede che Fiorentina vorrei, essendo un uomo d’altri tempi le rispondo che vorrei tornare alla Fiorentina dei fiorentini. Quella di Baglini, Ugolini… roba nostra! Detto ciò, ritengo che il Presidente Commisso abbia fatto degli errori, come tutti, ma anche cose buone. La cessione di Vlahovic a quelle cifre, ad esempio, dal punto di vista societario è ottima. Dopo due anni travagliati, ricchi di polemiche e poco divertimento, stiamo finalmente vedendo all’opera una buona squadra. E dobbiamo sperare sia solo l’inizio…».
Crede la squadra sia sulla strada giusta per dare qualche meritata soddisfazione ai tifosi?
«La strada è quella giusta, credo, ma come dimostra il caso Vlahovic è una strada impervia: essere costretti a cedere i migliori non è il massimo dal punto di vista della crescita, e purtroppo è già successo e risuccederà. Firenze ha terribilmente bisogno di una vittoria: manca da troppo tempo, adesso è arrivato il momento di alzare un trofeo. Qualunque esso sia».
Intervista di Giacomo Cialdi